“Lasciare più spazio all’anima e non solo alle cose da fare”

I percorsi di Iniziazione Cristiana, come abbiamo avuto modo di osservare nelle scorse settimane, sono qualcosa che coinvolge tutta la comunità dei fedeli – anche se a volte il percorso di coinvolgimento può risultare difficile -.
Dopo aver “indagato” sui percorsi di Iniziazione Cristiana degli Adulti, ci soffermiamo questa volta sull’Iniziazione Cristiana dei bambini e dei ragazzi ma dal punto di vista del coinvolgimento dei genitori e delle famiglie.
Come viene vissuto il momento di preparazione ai sacramenti? È qualcosa di condiviso in famiglia o “delegato” ai catechisti?
Ne parliamo con don Sinuhe Marotta, responsabile e parroco dell’Unità pastorale Bassa Friulana, realtà che, negli ultimi anni, ha cercato di essere molto attiva nel coinvolgimento dei genitori.

Don Sinuhe, nella vostra parrocchia e Unità Pastorale si lavora molto anche con i genitori dei bambini e ragazzi dell’Iniziazione Cristiana. Che tipi di percorsi sono stati avviati negli anni e come si sono svolti?

Più che altro cerchiamo di lavorare anche con i genitori, benché non sia facile. Lo stiamo facendo ancora troppo poco.
Abbiamo tentato diverse esperienze, ad esempio la catechesi quindicinale per i bambini della Comunione con le catechiste e, in contemporanea, i genitori con il parroco su tematiche educative in un’altra sala, con celebrazione finale comune.
Durante il periodo della pandemia da Covid19 abbiamo proposto delle celebrazioni svolte in casa, con i genitori quasi “sacerdoti” nella Settimana Santa.
Oppure ancora la Prima Confessione, vissuta dai bambini con i genitori vicino, che li aiutano nell’esame di coscienza.

Ci sono delle attività in particolare che sono state particolarmente gradite, partecipate?

Un esempio è il cammino a piedi di tutti i ragazzi all’inizio del percorso per riscoprire il Battesimo – quest’anno a Strassoldo, l’anno scorso ad Aquileia – con alcune mamme “camminatrici” e tutti i genitori riuniti al momento finale.
Poi la preparazione della corona dell’Avvento genitori e figli insieme o, per Cervignano, il pellegrinaggio comunitario a Barbana nella prima domenica di giugno.
Molte sono state le adesioni alla Settimana dell’Educazione, riproposta per il secondo anno consecutivo, con quasi 180 famiglie aderenti. Al suo interno, il film per genitori e figli delle scuole medie ha visto oltre un centinaio di persone presenti.
La domanda educativa cresce, in particolare per i genitori dei preadolescenti, l’età della Cresima, ed è un’utile finestra per entrare in comunicazione con i genitori stessi.
Dovremmo utilizzarla di più, rendendo anche un servizio alle famiglie.

In che modo osservi partecipare i genitori al percorso all’interno nei sacramenti dei propri figli? Vedi interessamento, li seguono e partecipano, o sono vissuti solo come “tappe” nel percorso di vita che il figlio può vivere anche in autonomia, accompagnato da terzi (i catechisti)?

La sensazione è che le motivazioni delle famiglie siano spesso esili, e la percezione della fede nella società assai diversa da quella della Comunità cristiana.
Quasi tutte le famiglie vivono ritmi di vita vorticosi, e appaiono in costante affanno. L’iniziazione cristiana allora diventa un impegno in più.
Inserirsi in questo vortice è difficile. Servirebbero un calo deciso del volume delle attività da parte delle famiglie e una riduzione di stimoli nei confronti dei bambini, in particolare provenienti dai dispositivi digitali. Su questo, anche il professor Pellai, in gennaio a Cervignano, ha scongiurato le famiglie di essere più decise.
È necessario lasciare più spazio all’anima, e non solo alle “cose da fare”.

Per il battesimo dei bambini in particolare, sono proprio i genitori a “prendere la responsabilità” per il proprio figlio, scegliendo per lui di entrare nella Chiesa. Come affronti insieme a loro questo discorso? C’è effettiva consapevolezza?

Con i genitori che chiedono il Battesimo per i propri figli, il discorso è ancora più articolato.
Più della metà fa fatica a concepire non soltanto la pratica di vita cristiana, ma anche un legame che assomigli ad un matrimonio, non dico cristiano, e la partecipazione alla vita della comunità cristiana è generalmente molto bassa. Stupisce perciò la richiesta del Battesimo da parte loro e sembra prestino molta attenzione a ciò che viene detto negli incontri di preparazione.
È una situazione interessantissima di vera “missione”.
Nell’Unità Pastorale sta ripartendo il percorso, che il Covid aveva arrestato, nel quale oltre agli incontri con il parroco il primo venerdì del mese, le catechiste incontrano le famiglie in casa e, in sei domeniche dell’anno, con la Messa e la successiva catechesi sui segni del Battesimo, grazie ad una famiglia di Azione Cattolica che guiderà le mattinate.

Quali sono le principali preoccupazioni tue e del team dei catechisti? Cosa andrebbe “ripensato” e cosa invece rappresenta una sicurezza e funziona sempre bene?

Le preoccupazioni riguardano le figure dei collaboratori all’Iniziazione Cristiana, è sempre difficile trovare delle disponibilità.
Le piccole Comunità risentono del calo demografico e spesso i bimbi si contano sulle dita di una mano, se va bene.
Infine, il drammatico abbandono della domenica da parte della stragrande maggioranza delle famiglie, cosa che avrà conseguenze inimmaginabili sulla nostra cultura e sul nostro Paese intero.
Colpisce vedere i bimbi scout in chiesa già mezz’ora prima della messa, attendendo l’inizio della celebrazione.
Forse dovremmo prendere ispirazione anche come comunità cristiana nel suo insieme, ma anche convincere le famiglie che investire sull’educazione ecclesiale è un guadagno per tutti. Per le famiglie stesse in primo luogo.

a cura di Selina Trevisan