Iniziazione Cristiana degli Adulti: un percorso che necessita delle comunità

La fede maturata in età adulta fa parte di un percorso di vita consapevole e responsabile. Un percorso in più tappe, condiviso con le proprie comunità di appartenenza, prima ancora che con la Chiesa universale.
Le motivazioni che spingono un adulto verso i Sacramenti possono essere le più svariate – da una tappa necessaria per vivere il matrimonio, ad un approccio più personale e spirituale maturato nel tempo – ma tutte sono condivise con il popolo dei fedeli, vissute con gioia con le famiglie e le comunità. Il rischio che si corre però è che, una volta ricevuti i sacramenti, questi “nuovi cristiani” si sentano un po’ “abbandonati a sé stessi”, con la conseguenza di disperdere il proprio cammino.
Su tutto questo facciamo il punto della situazione con don Flavio Zanetti, riferimento del Servizio per l’Iniziazione cristiana degli Adulti dell’Arcidiocesi di Gorizia.

Don Flavio, partiamo facendo il punto: quante persone al momento sono coinvolte nei percorsi di Iniziazione Cristiana degli adulti e quale il “profilo medio”?

Attualmente vi sono in diocesi una cinquantina di adulti che stanno seguendo un percorso per completare la loro Iniziazione Cristiana, ricevendo la prima Comunione e la Cresima.
Vi sono due catecumeni che saranno battezzati quest’anno e alcuni “simpatizzanti”, cioè non battezzati che si stanno avvicinando a Gesù.
L’età media è sui 30 – 35 anni.

Quali sono le motivazioni che li hanno portati a iniziare il cammino? Per quali sacramenti si stanno preparando?

Per alcuni è la scelta naturale in un cammino personale di scoperta della vita cristiana.
Per la maggioranza le motivazioni sono date dalle occasioni della vita: sposarsi, fare da padrino, una proposta da un collega di lavoro durante una chiacchierata…
Il percorso dei non battezzati porta alla celebrazione nello stesso giorno di Battesimo, Eucaristia e Cresima (e per qualcuno anche il Matrimonio); il percorso per completare l’Iniziazione Cristiana porta alla celebrazione della Cresima per la maggior parte, insieme alla prima Comunione per alcuni.

È capitato che qualcuno si “ritirasse” per dubbi emersi lungo il percorso? Se sì, come si affronta questa difficoltà insieme?

Vi sono delle persone che si ritirano perché ritengono questo percorso troppo esigente.
Le difficoltà vengono affrontate individualmente, cercando la strada possibile per ciascuno. È chiaro che nulla si può se non c’è la volontà o la disponibilità: non ha mai tempo o non condivide le esigenze della vita cristiana…

Riguardo gli avvicinamenti ai percorsi, noti differenze rispetto al periodo della pandemia e magari anche rispetto a prima? Ossia c’è una continuità, se non addirittura un aumento degli avvicinamenti, o c’è un calo, una “disaffezione”?

Non sono calati i numeri, ogni anno ci sono un’ottantina di persone che chiedono di poter intraprendere i percorsi di Inziazione Cristiana.
Nella nostra diocesi sono cambiati i ritmi e i tempi della preparazione dopo il tempo del Covid. Oggi vi sono vari percorsi in diverse zone della diocesi.
La maggior parte delle persone vengono informate da amici, parenti e colleghi di lavoro.

Iniziazione Cristiana degli adulti e Sinodo: come si amalgamano, cosa è richiesto in questo percorso della Chiesa universale?

Nelle varie sedi si cerca di proporre alle persone una modalità sinodale, cioè un cammino fatto insieme, anche se spesso si riesce solo ad abbozzarlo, a sperimentarlo in alcuni momenti che andrebbero poi continuati.

Il cammino nei sacramenti è qualcosa di condiviso e che coinvolge le comunità. Come possono intervenire per evitare dispersione? Quali piccoli gesti mettere in atto per farsi sentire vicini a questi nuovi membri?

Che uno si senta membro vivo di una comunità viva è quello che si vorrebbe fare.
Il problema è che a volte è la comunità parrocchiale ad essere “morta”, incapace di proporre relazioni e occasioni a chi si avvicina: uno viene e spesso non riceve nemmeno un buongiorno, meno ancora una proposta coinvolgente.
È l’ambito principale ove dobbiamo fare più attenzione, sia i sacerdoti ma soprattutto i cristiani, abituati a una partecipazione sociologica (sono del quartiere o del paese, quindi della parrocchia) più che effettivamente cristiana (sono in questa comunità e chi c’è, è mio fratello, indipendentemente da quanto tempo sia lì e da dove provenga).
Grazie a Dio abbiamo delle parrocchie in cui sacerdoti e fedeli sono stati accoglienti e propositivi: questo è stato per i catecumeni il contesto vitale per crescere nella pratica della vita cristiana con gioia e profitto.