Utilizzare i mezzi di comunicazione con formazione e senso critico

I recenti fatti di cronaca legati alla Rete, al suo impatto sulle vite di tutti, al cyberbullismo e alla violenza verbale diffusa, portano ancora una volta a interrogarci su quale sia il corretto uso dell’online, a quali passi compiere con i più giovani per arginare un problema ormai sempre più dilagante.
E ancora l’Intelligenza Artificiale, ormai pienamente in grado di “ingannare l’occhio umano” creando vere e proprie persone, facendoci vedere le loro vite “da film”, salvo scoprire poi che esse sono soltanto una costruzione digitale.
Affrontiamo queste importanti tematiche d’attualità con Angelo Romeo, professore associato di Sociologia della comunicazione presso l’Università “Guglielmo Marconi”.

L’Intelligenza Artificiale, anche con programmi molto semplici, consente non solo di realizzare testi formalmente ben scritti, ma permette la correzione e creazione di immagini che, seppur “virtuali” sembrano incredibilmente “reali”.
A livello sociologico, qual è o sarà l’impatto di ciò e come impatterà soprattutto sui più giovani?

Sicuramente l’Intelligenza Artificiale oggi sta ridefinendo il modo di scrivere ma ancor di più ridefinendo il modo di pensare.
A livello sociologico sta cambiando tanto, nel senso che i giovani di oggi, che vivono fortemente ancorati alla tecnologia e fanno della rete lo spazio vissuto a loro più gradito, si trovano davanti all’Intelligenza Artificiale e forse a comprendere ancora più da vicino quali siano le potenzialità. Credo quindi che i giovani siano ancora in una fase in cui stanno osservando l’IA e non si rendono conto pienamente di che cosa essa sia e cosa possa provocare nella loro vita.
Sicuramente c’è un allarme e la stessa attenzione che gli adulti mostrano nei confronti dell’IA, per i giovani sarà ancora più forte, perché appunto più propensi all’uso delle tecnologie, più di quanto possa avvenire per gli adulti e quindi, a livello sociale e relazionale, nei prossimi anni si dovrà fare attenzione proprio ai processi educativi, alla costruzione appunto di adeguati rapporti ma soprattutto a formare giovani che siano capaci di far fronte a queste trasformazioni e innovazioni tecnologiche.

Diventa difficile distinguere tra fake e reale. Quali strumenti adottare, anche noi come “comunicatori”, per far valere la realtà delle fonti e dei fatti?

Io credo che una delle proposte per non incappare continuamente in questa complessità e distinzione tra fake e reale sia quella del dialogo, il dialogo che non si limita esclusivamente alla lettura frettolosa, come spesso avviene, di qualcosa che leggiamo in rete, ma la condivisione.
Forse abbiamo perso il senso della condivisione.
C’è una sorta di confusione che talvolta si crea quando si leggono le notizie soprattutto attraverso i Social; spesso anche la fretta, la velocità con cui corre la nostra vita, ci porta a dare subito tutto per veritiero, invece la coerenza ma soprattutto la capacità di saper “discernere” e soprattutto selezionare contenuti, a mio avviso, può essere data semplicemente da una buona discussione e quindi dalla lettura in profondità.
Comportamento questo che, con la rete, purtroppo si sta perdendo. Quindi, come far fronte a questo problema? Soprattutto attraverso il dialogo intrapersonale con la famiglia, con gli educatori, con il gruppo dei pari, ritornare un po’ alla lettura condivisa di determinati contenuti, soprattutto a scuola, nelle classi, anche di quei contenuti che vengono fruiti attraverso il digitale.

Siamo tutti sempre più chini sui nostri schermi, anche quando siamo in mezzo a tanti. A che tipo di evoluzione (o dovremmo parlare forse di involuzione?) stiamo assistendo? Che rischi corriamo, quant’è reale l’individualizzazione sociale?

Siamo sempre tutti più chinati sui nostri schermi, è vero, facciamo un utilizzo continuo dei nostri dispositivi: computer, cellulari, tablet e così via; io non parlerei di involuzione, semplicemente di un’attenzione specifica alla vita che stiamo vivendo e viviamo in quest’epoca, caratterizzata dalla presenza di questi mezzi per certi aspetti straordinari, perché ci consentono di fare tante attività che nel passato era impensabile immaginare se non in presenza.
Utilizzare, con un’adeguata formazione, con un’adeguata capacità e senso critico, questi mezzi che ci possono offrire determinate funzioni, anche di precisione di correttezza e di riduzione della complessità, può aiutarci.
Pensiamo alla tecnologia come uno strumento che non deve sostituire totalmente le nostre azioni; non risolveremmo i problemi se dipendiamo da una macchina, invece una delle caratteristiche dell’individuo contemporaneo dovrebbe essere proprio quella di saper sfruttare, con la sua intelligenza, la tecnica pur nella sua autonomia, senza lasciarsi schiacciare.

Nel corso del Convegno CEI dello scorso novembre a Roma dedicato ai Servizi Comunicativi, lei ha fatto notare come i più giovani, tra i vari social, prediligano Tik Tok, che si basa sull’apparire, sull’immagine, rispetto piuttosto a Facebook, che è un po’ il social “delle parole”. Questo è significativo perché indice di una generazione e una società sempre più basata sull’apparenza… Non si può in tutto questo non pensare a nuove forme non solo di porsi dei più giovani, con tutto un possibile corollario di disturbi, ma anche forme di bullismo. Quali le sue riflessioni a riguardo?

È vero che oggi i giovani preferiscono utilizzare social quale TikTok o Instagram rispetto a Facebook, che è più legato al mondo adulto rispetto a quando è nato.
Credo che, alla base di tutto questo, ci sia appunto una società che oggi sfrutta molto l’immagine, il mettere in vetrina qualcosa da condividere, da far vedere prima ancora che quell’evento si sia concluso e penso che questo, negli anni, stia crescendo in maniera considerevole, anche se è qualcosa che non riguarda semplicemente i giovani ma anche la categoria adulta.
Questo avviene anche tra gli adulti e le famiglie, non solo tra i giovani che sono legati alle piattaforme.
Sicuramente c’è un dato di fatto allarmante, perché ciò può creare dei disturbi della personalità, disturbi proprio relazionali che portano i giovani a staccarsi da quella che è la vita reale, a fronte invece di una vita sempre più digitale, sempre più dentro gli spazi digitali.
Del resto, oggi assistiamo quotidianamente a episodi di cyberbullismo che caratterizzano molte famiglie, molte realtà scolastiche in cui i ragazzi vengono presi di mira attraverso i Social; questo non riguarda semplicemente i giovani ma anche il mondo degli adulti, se osserviamo anche solo i fatti di cronaca.
Il problema principale è però quando la rete, quando queste piattaforme diventano l’unico luogo di abitazione, quindi non spazi di passaggio in cui i giovani si incontrano, condividono esperienze, comunicano tra di loro, consumano prodotti musicali e culturali ma quando diventano un unico spazio “abitato” in cui il confine con la realtà risulta pressoché inesistente; allora sì possiamo parlare di disturbi e casi di violenza.
Sentiremo sempre più spesso parlare di casi Hate Speech, di parole di odio che si manifestano attraverso la rete, se appunto la rete diventa l’unico spazio di condivisione, di scambio e di confronto culturale della nostra società.