Quale futuro per il giornalismo nel tempo dell’Intelligenza Artificiale

Come abbiamo visto anche recentemente presentando il nuovo sito Internet di Voce Isontina, il mondo della Comunicazione in pochissimi anni ha compiuto passi da gigante e non sembra rallentare la sua corsa, anzi.
Tecnologie sempre più avanzate si fanno largo tra gli strumenti del settore e i Social Media, ultima solo in ordine cronologico l’Intelligenza Artificiale che, se da un lato può diventare un valido “collaboratore” all’interno delle redazioni, dall’altro pone di fronte a numerosi quesiti e preoccupazioni sul futuro della professione.
Affrontiamo questi dubbi con il professor Nicola Strizzolo, docente di Sociologia all’Università di Teramo ed esperto di Comunicazione.

Professore, il giornalismo, già con l’avvento di Google, poi i Social Media e vari strumenti digitali, non è più lo stesso anche solo di 20 anni fa.
Quindi, che tipo di giornalismo è l’attuale, dal suo punto di vista, e cosa ci aspetta ora con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale?

Il giornalismo, come processo di produzione di notizie, diffusione delle stesse e loro fruizione, non è più concepibile al di fuori di un mondo digitalmente interconnesso, così come gli attori di questo sistema, incluso il pubblico.
Abbiamo molta più informazione e, in proporzione, anche molta più disinformazione: entrambe ci raggiungono, entrambe molto simili nel formato e nei contenuti, in un caso veridici, nell’altro verosimili.
Molta più velocità, se non istantaneità, che rende difficile separare la farina dalla crusca, il falso dal vero: dal giornalista fino ai lettori. Tanto lavoro, meno persone, forse anche qualche diritto in meno e soprattutto minori compensi, per fare più lavoro e più rapidamente di prima: l’aiuto di macchine diventa indispensabile, quanto rischia di essere causa di ulteriori e iper accelerati stravolgimenti del sistema produttivo delle notizie.
Il giornalista, attraverso l’intrusività dei nuovi media, della loro viralità, non solo può diventare molto rapidamente una star con molte prerogative dell’influencer, ma anche più attaccabile, anche su questioni private, attraverso macchine del fango, isterie di massa nei social (shitstorm) e altre azioni frutto del cosiddetto Character assassination (CA), ogni tentativo di danneggiare la reputazione e credibilità.
Sulle prospettive legate all’IA in termini di giornalismo, con l’ultimo lancio della personalizzazione da parte di OpenAI, ognuno potrà avere un suo GPT che risponde a desiderata a lui più consoni, secondo la professione o altre modalità di pensiero: potrebbe diventare così un assistente perfetto, purché rimanga tale, e non diventi, il giornalista, un assistente dell’IA, sostituibile infine dalla stessa AI.
Il giornalismo, che è l’attuazione del diritto dall’informazione, svolge anche funzioni di trasparenza e comunicazione, base della democrazia, è il cane da guardia del potere: siamo pronti ad affidare all’AI un ruolo così vitale per la nostra società?

L’Intelligenza Artificiale, come altri mezzi di comunicazione, è appunto uno strumento. Come fare però affinché sia tale e non un sostituto della mente e della “penna” del giornalista? Crede ci possa essere un rischio di appiattimento?

L’IA, se può produrre articoli raccogliendo ed elaborando informazioni molto più rapidamente di un essere umano, non può, ancora, produrre il profilo del giornalista come Persona, che è un essere umano, curioso, partecipa ai dibattiti, incontra persone in varie occasioni, formali ed informali, ha i suoi difetti, come ogni essere umano, i suoi umori, gusti e orientamenti: tratti che rendono umanamente unico il suo prodotto professionale.
Bisognerebbe tutelare o ricreare quei momenti e quei tempi che possono essere di riflessione, introspezione, confronto con colleghi, altri intellettuali, mondo della cultura più esteso ma anche con l’uomo della strada, che hanno reso uniche certe penne e parte della Storia del nostro Paese.
Ci sono, grazie a Dio, ancora giornalisti che partecipano attivamente alla società civile e all’insieme delle sue relazioni e attività culturali: così si alimenta la società di temi da questi proposti, come loro stessi si alimentano della società, dei suoi temi, della sua umanità.

Analizziamo anche i fattori di rischio: fondamentalmente con questi strumenti chiunque potrebbe mettere giù un testo, un articolo, decisamente credibile.
Come fare quindi per “combattere” il fake e proporre quello che è il primo compito del giornalista, ossia fatti reali, veri, la verità. Come poter “spiccare” in mezzo alle fake news e alle notizie digitalizzate?

Un ruolo importante dell’AI potrebbe proprio quello di analizzare quali notizie siano fake, quali plagio e quali prodotte da AI.
L’IA, come strumento, può migliorare l’efficienza nella raccolta e nell’analisi dei dati, ma non deve sostituire il giudizio umano e le scelte etiche necessarie nel lavoro dei giornalisti: mostrare o non mostrare una determinata foto, magari che fa vendere copie ma che lede la dignità di alcune persone e ferisce altre sensibilità, dare o non dare una determinata notizia, che magari stimola interessi malevoli ma distrugge la vita di qualcuno.
Queste scelte mai – userei simbolicamente il maiuscolo con punti esclamativi, MAI!!! – dovrebbero essere lasciate ad una macchina, sarebbe il primo passo, e forse l’ultimo, verso la totale deumanizzazione della società e così, la perdita della stessa umanità.

Ci sono alcune categorie sociali che forse sono un po’ più a rischio, perché non posseggono (o non li posseggono ancora) strumenti adatti a filtrare le notizie tra verità e finzione. Penso ai più anziani, che però fanno largo uso del digitale, e ai giovanissimi, ancora troppo inesperti.
Come porci nei confronti di queste persone? Quali azioni mettere in campo per raggiungerli e dare loro non solo strumenti ma anche e soprattutto certezze?

Quando non tutti sapevano leggere o scrivere, c’era una persona che faceva da medium del medium: c’era chi leggeva per gli altri lettere e giornali, in questo caso, più persone, intorno potevano fruirne, era una specie di focolare, dell’informazione.
Conosciamo tutti nella storia delle comunità l’importanza del focolare.
Vi sono alcune trasmissioni che fanno una rassegna delle notizie, molto ben fatte: perché non istituire delle figure, appositamente formate, che facciano lo stesso, nei luoghi dove queste persone, informazionalmente fragili, si trovano? Sarebbe un bel modo per fare focolare e scaldarsi, più persone insieme, al calore della notizia e delle persone intorno.

In conclusione e tirando le somme, quale futuro per l’informazione nel mondo dell’Intelligenza Artificiale? Come cambierà a suo avviso il modo di recepire l’informazione ma anche di fornirla?

Battiamoci, innanzitutto, affinché il mondo non sia mai dell’Intelligenza Artificiale, e che l’Intelligenza Artificiale sia del e al servizio del mondo.
Se vincerà il paradigma neoliberalista, si abbatteranno molti costi nel lavoro creativo intellettuale sostituendo le persone con l’IA, giornalismo incluso.
Forse si dovrebbe creare un marchio come per il DOP per i prodotti agroalimentari e DOC per i vini: se un contenuto mediale è il prodotto di un IA attribuirgli un marchio di riconoscimento, se di creazione umana un altro.
I consumatori, è provato, preferiscono i prodotti tipici che giudicano migliori e più sani rispetto a quello di identità sconosciuta, inoltre vengono stimolati a legami di solidarietà con i territori di produzione.
Perché non dovrebbe valere lo stesso con il lavoro giornalistico, e quello in generale, almeno per i giornalisti e gli intellettuali che spendono parte del loro tempo in mezzo alle persone e alle diverse iniziative di condivisione della cultura?
Mi rivolgo, in chiusura, al pubblico: cosa preferireste leggere ora qui in questo settimanale, articoli di robot o articoli di giornaliste e giornalisti, magari anche che avete conosciuto o visto e sentito intervenire in qualche incontro o dibattito?
a cura di Selina Trevisan

(foto archivio Agensir)