Obbedienza alle regole: effetto Covid

Ci è stato detto di non sprecare questa crisi. Per questo, oltre a considerare le molte conseguenze tragiche della pandemia, possiamo iniziare a riflettere su alcuni suoi effetti positivi. Per esempio quello, più volte sottolineato, di esserci trovati improvvisamente tutti “sulla stessa barca”, responsabili gli uni degli altri e impossibilitati a salvarci da soli. Vorrei soffermarmi però su un altro aspetto che si è imposto subito sin dall’inizio: l’obbedienza alle regole.Sembra che questa pandemia ci abbia tutti repentinamente disciplinati. Non solo gli adulti ma anche la maggioranza dei giovani, soprattutto bambini e adolescenti. Impressiona, per esempio, vedere i ragazzi del catechismo durante la S.Messa. Prima della pandemia erano sempre irrequieti sui banchi e spesso le catechiste con difficoltà riuscivano a contenerli, ora sono come soldatini, con la mascherina rigorosamente sul volto, gli occhi fissi, tutti muti anche se interpellati nel tentativo di coinvolgerli un po’ sugli argomenti della predica.Forse si è davvero capita l’importanza delle regole comuni, del loro rispetto e del rigore necessario nell’applicale, anche se esse implicano controindicazioni pesanti: distanziamento sociale, isolamento, mascherina sempre sul volto, impedimento di abbracciarsi, toccarsi, di fare aggregazione…Eppure si rispettano. Tutto in nome della salute propria e comune.La salute, certo, bene primario e fondamentale. Questo però ci fa pensare ad un confronto con quel bene assoluto, invece, che noi cristiani annunciamo: la salvezza.  E cioè la vita in pienezza che è oltre e ben di più della vita fisica che alla fine, come sappiamo, è destinata a passare.Anche alla salvaguardia della salvezza ci sono delle “regole” da rispettare. La Scrittura è piena di riferimenti: “Osserverete diligentemente i comandi del Signore, vostro Dio, le istruzioni e le leggi che vi ha date. Farai ciò che è giusto e buono agli occhi del Signore, perché tu sia felice ed entri in possesso della buona terra che il Signore giurò ai tuoi padri di darti” (Deuteronomio 6, 17).Regole che Gesù nel Vangelo non ha affatto annullato: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli”. (Mt 5,17.19)Questa obbedienza alle regole in virtù della salute durante la pandemia ci può essere allora d’esempio e riferimento anche per la salvezza. Oltre all’annuncio della buona e bella notizia di un Dio che ci ama con misericordia infinita, non dobbiamo forse, come uomini di Chiesa, essere impegnati nell’insegnamento di quelle norme che la proteggono e la traducono in uno stile di vita?Possiamo imparare, ad esempio, che l’obbedienza a certi precetti, anche se può costare qualche sforzo, è a vantaggio di un bene più grande, che nel nostro caso è la vita di grazia. Non solo, ma l’obbedienza ai precetti preserva anche il bene degli altri. Ogni peccato individuale, infatti, ha sempre delle conseguenze negative per la comunità cristiana, per la Chiesa e per la società. Possiamo imparare anche che, in virtù del bene nostro e collettivo, non è sbagliato anche ad essere esigenti e ligi riguardo alle norme. Questo perché l’amore stesso, che ne è la motivazione ed il fine, è di per sé esigente. Possiamo imparare ancora che le regole, prima di essere richieste e rispettate, ed anzi proprio per questo, vanno spiegate ed approfondite, facendone vedere le motivazioni essenziali e principali, evidenziandone i frutti positivi e, al contrario, gli effetti negativi della loro disobbedienza.  Non a caso Gesù continuamente insegnava, annunciando e spiegando, tutto ciò che implicava l’adesione o il rifiuto della buona notizia (per esempio nel Vangelo di Matteo cap. 5-7)San Paolo nelle sue lettere, dopo aver ribadito la novità assoluta della vita in Cristo, entra nelle conseguenze etiche della vita nuova in ogni suo aspetto: la fraternità, la vita comunitaria, il rapporto con il denaro, con il proprio corpo, il matrimonio, la sessualità…, dando regole, precetti, indicazioni di vita concreta.  È doveroso chiederci se come educatori cristiani, abbiamo sufficientemente spiegate e motivate le norme ed i precetti nell’ambito della dottrina, della liturgia, della morale sociale, matrimoniale, sessuale, ambientale. O le abbiamo semplicemente taciute? O con facilità lasciate inosservate per paura di pretendere troppo?Possiamo imparare ancora da questa vicenda pandemica che se l’autorità allenta un po’ la proposta e la vigilanza, o si trovi divisa nelle indicazioni da dare sulle norme, subito viene meno da parte delle persone la loro osservanza ed alla fine anche la percezione della loro giustizia. È vero infatti, che se decenni fa la nostra predicazione era accusata di essere soprattutto moralistica, oggi siamo all’estremo opposto: tutto si riduce a dire che Dio è amore, tutto è grazia, che in paradiso ci vanno tutti e comunque, che credere in una religione o nell’altra è praticamente indifferente. E parole come comandamenti, precetti, norme, peccato, inferno sono abborrite e completamente abolite dal nostro vocabolario di educatori. Succede ora, che proprio noi, che accusavamo di fariseismo coloro che parlavano di norme e dottrina ci siamo ritrovati farisei rigorosi riguardo le regole di sicurezza sanitaria nelle nostre chiese (ironia della sorte). Se qualcuno, per esempio, ci chiede di voler ricevere la S.Comunione in bocca ribadiamo con fermezza che le regole non lo permettono a vanno rispettate! Ma su quante regole, principi e fondamenti ben più importanti della dottrina e della morale cristiana noi per primi in questi anni abbiamo derogato o indirettamente lasciato fare? C’è di che riflettere e forse da imparare da questo effetto della pandemia. Se saremo umili da questa esperienza potremmo anche rivedere tante cose della nostra pastorale, della pedagogia catechetica, della prassi ed anche dei punti deboli del nostro credere.