La memoria viva di don Ferdinando Tonzar

Venerdì 26 febbraio in occasione dei cinquant’anni della scomparsa del primo parroco della parrocchia del SS.Redentore, don Ferdinando Tonzar, la comunità si è riunita nella chiesa di Via Romana per ricordare nell’Eucarestia, la sua figura e per pregare e ringraziare il Signore per il dono della sua vita sacerdotale.Egli nacque a Turriaco il 1° novembre del 1895 da una famiglia povera e numerosa e nel 1914 fu chiamato alle armi nell’esercito austriaco e mandato sul fronte nei Carpazi ma alla fine del conflitto mondiale sentì la chiamata a diventare sacerdote e fu ordinato il 6 agosto del 1922. A Monfalcone visse la sua prima esperienza come cappellano al duomo di S.Ambrogio con Mons. Mazzi, poi andò a sostituire i padri Spagnoli nella parrocchia della Marcelliana fino all’arrivo dei Padri francescani e lì contribuì in maniera determinante alla nascita del primo gruppo scout cittadino. Da Monfalcone venne poi mandato a Pieris,quindi a Sagrado per rientrare nella città dei cantieri nel 1933 nel rione di via Romana, una zona aspra di landa carsica dove la società belga Solvay, proprietaria di uno stabilimento nella zona del Lisert, oltre ad aver costruito un villaggio per i propri operai (la Colonia), aveva anche costruito una chiesetta che venne dedicata al Redentore in occasione dei 1900 anni dalla redenzione di Gesù Cristo. In seguito il rione si popolò con la costruzione delle case “Spaini” prima del secondo conflitto mondiale e poi con le case  per gli esuli istriani e fu necessario costruire una seconda chiesa più capiente che venne inaugurata il 26 ottobre 1958 festa di Cristo Re. In quegli anni don Nando fu affiancato da don Rino Lorenzini giovane sacerdote al quale cedette il ruolo di parroco nel 1967 e il 26 febbraio 1971 morì nella casa canonica parrocchiale.L’abate delle Mandrie, così fu chiamato perché in quella zona carsica venivano a pascolare gli animali,era di carattere ruvido ma schietto che attirò la benevolenza e la simpatia di molti, specie di quelli che accorrevano a lui per un aiuto materiale o per una parola di conforto; nessuno andava via dalla sua canonica a mani vuote.Oltre ad essere un uomo di carità e di preghiera, fu anche un grande predicatore, nelle sue omelie, che preparava sempre con cura, ci metteva tutta la sua passione e animosità per l’apostolato.Durante la S.Messa di venerdì scorso, concelebrata da alcuni sacerdoti che lo avevano conosciuto, don Mario Malpera nell’omelia ha tratteggiato la sua figura.” Noi giovani preti alla fine degli anni ’60 e con il fuoco del Concilio, ci confrontavamo con i nostri confratelli “veci” scoprendo più avanti quale tesoro avevano rappresentato per la nostra chiesa, adattandosi alla messa e ai riti in italiano, senza mollare la loro veste talare come segno di distinzione e non di separazione, e stando vicini alla gente avevamo capito che questi preti, tra cui don Nando, erano considerati per la loro vita evangelica fatta di coerenza e di fedeltà al loro essere votati e consacrati al sacerdozio”.”Un’altra caratteristica di questi “veci” era il fiuto pastorale, il saper essere vicino alle persone e alle famiglie e saper creare relazioni anche al di fuori della chiesa. Don Nando era uno di questi, uomo di preghiera che univa il suo carattere alle virtù sacerdotali e di cui dobbiamo fare memoria perché la sua testimonianza si trasformi in riconoscenza e sia per tutti noi di stimolo a mantenere in vita tutto ciò che lui ha seminato”.