Presepi d’autore, per un messaggio davvero universale

Sempre più folti i presepi “pubblici”: legati all’interno delle chiese o che sciamano dalle immediate vicinanze. Più tradizionali, o creativi “moderni”; con parole o solo con immagini..Arrivati i Magi, ritornano in ombra. Lasciano qualcosa? La sociologia potrebbe parlare, dopo adeguate ricerche. In qualche modo, sono visti da tutti e, quest’anno, legati ad un freddo che almeno dovrebbe far scattare i riflessi condizionati del cervello, se non del cuore. Nessuno può dire…”Non sapevo”.Questo come base; i modi per raccontare sono i più diversi. Ne prenderemo due, d’Autore. Uno più legato al paesaggio friulano, dai monti alla Bassa aquileiese. Lo allestisce e lo costruisce, da anni, con passione, Graziano Tomasin, nella casa della cultura “Giovanni Famea”, a Tapogliano, accanto alla chiesa di Santa Margherita. Dai monti alla pianura, racconta luoghi di vita e di fede: chiese e case e santuari legati dall’andare della gente. Nel movimento usuale della vita, e in tanti luoghi precisi come le tappe del pellegrinaggio alla Madonna di Monte Lussari, ricostruito col suo borgo, patetico, di cima, proprio sul monte dove sembra più facile il dialogo con Dio, mediato da trepida sollecitudine materna. Ma c’è anche il “duriòn” di Tapogliano, il torrione, con una casaforte, a difendere la strada che portava al guado del Torre, e parlare del desiderio di una pace che si doveva difendere da insidie. Poi giù fino ad Aquileia, dove Graziano mette il luce le sue non comune abilità di intagliatore, cesellando i capitelli delle colonne del foro e ricostruendo la basilica poponiana. Il prossimo anno ha promesso una tappa gradese.Nel vecchio deposito della chiesa, il presepio allestito e costruito da Nadia Boaro a Nogaredo al Torre, un paese che conserva bellezze di paese, nonostante “ardite” novazioni edilizie. Alla purezza antica, di capomastri sapienti, e intelligenti osservatori, riporta l’Autrice, ricostruendo, con delicatezza e precisione filologica, il borgo della chiesa, sintesi di umili (nelle case e nella canonica), potenti (nella villa che troneggia prima del guado al Torre), per raccordarsi nella chiesa di Sant’Andrea, col suo campanile pendente. Il borgo rimane abbastanza intatto anche nella realtà edilizia, ma la Boaro lo riempie di attenzioni, ricostruendo scene di vita – fuori e dentro le case – con non comune capacità: dai costumi, agli animali, agli arredamenti. La Natività splende, attraendo le linee di fuga, nelle scuderie di una Villa Gorgo, perfettamente riuscite. Visite folte di gente in ambedue i presepi e oboli a fin di bene. È un parlare umile e raffinato, richiamo allo spirito di paese, ma – e non occorre dire perché – dal messaggio universale.