“Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”

Il 1° Maggio 2024 la manifestazione nazionale della festa del lavoro si terrà a Monfalcone con lo slogan “Costruiamo insieme un’Europa di pace, lavoro e giustizia sociale”.
Il Friuli Venezia Giulia, terra di confine, rappresenta il luogo ideale per il concretizzarsi del motto scelto, terra che ha vissuto in primis due guerre mondiali, vicinanza con la cortina di ferro (che la Piazza Transalpina rappresenta) e, attualmente, in prima linea con la guerra in Ucraina e l’immigrazione dalla rotta balcanica.
E se è corretta la scelta di CGIL,CISL e UIL di celebrare qui i vent’anni dell’abbattimento del muro tra Gorizia e Nova Gorica, riteniamo ancora più corretto che la celebrazione venga fatta (anche se come sembra per motivi collegati all’indisponibilità della Piazza Transalpina) a Monfalcone, città complessa in cui vi è la compresenza della maggioranza dei problemi che interessano il lavoro in Italia: scarsità di manodopera professionale, lavoro poco qualificato, bassi salari, sicurezza, integrazione…
A Monfalcone, città operaia per eccellenza, oltre a fabbriche di notevoli dimensioni (Nidec ASI,SBE,…) c’e il cantiere navale più grande d’Italia che occupa più di 8000 lavoratori di cui circa 6000 dipendenti da ditte appaltatrici e, per la maggior parte, stranieri.
Le maestranze del cantiere e la cittadinanza tutta, hanno lottato negli anni ’80 per evitare la chiusura della fabbrica che sembrava essere allora imminente e la salvaguardia di questa ha consentito a tutte le altre del gruppo Fincantieri di continuare ad esistere.
È grazie a queste lotte che oggi il comparto cantieristico è diventato un settore trainante e meritevole di investimenti.
C’era allora tra le maestranze uno spirito unitario che forse oggi non c’è più e che sarebbe importante recuperare perché solo la coesione porta ad ottenere risultati tangibili e positivi alle problematiche esistenti sia per i lavoratori che per la società tutta.
Facciamo un elenco schematico, minimo, delle tematiche inerenti il lavoro che oggi sono le più discusse:
– precarietà: esiste in ogni ambito lavorativo, tocca in particolar modo i giovani, crea insicurezza economica e sociale, impossibilità di pensare con serenità al futuro, di accendere mutui per la costruzione dello stesso. Il sindacato deve continuare a lavorare per eliminarlo.
– bassi salari: i più bassi d’Europa, ritenuti tali ormai in ogni settore. Retribuzioni erose dall’inflazione e sempre più disallineate al costo della vita. Occorre far recuperare alle famiglie il potere di acquisto.
– sicurezza: nei primi due mesi dell’anno 100.000 infortuni e 119 morti con un aumento del 20% nonostante gli scioperi e gli impegni del governo. Il pericolo è sempre al fianco degli operai e dei tecnici che spesso devono operare in condizioni estreme in cui la competenza talvolta non basta (vedi centrale di Suviano).
Ma, tranne che per l’imponderabile, è di fondamentale importanza la conoscenza e la competenza in cui la formazione svolge un ruolo fondamentale.
Quindi, vanno controllati l’effettivo svolgimento dei corsi sulla sicurezza (molti dei quali sembra siano fatti solo sulla carta soprattutto per gli stranieri che non conoscono l’italiano) e il ricorso al lavoro nero, grossa piaga sociale
– occupazione femminile: il problema, che sembra irrisolvibile, della disparità di trattamento esistente tra uomo e donna è dovuta alle differenti occupazioni cui le donne vengono adibite, al livello di istruzione (pur se i dati dicono che è maggiore tra le donne), alle esperienze lavorative. Forse un passo avanti potrebbe essere rappresentato dal recepimento della Direttiva della Commissione Europea 2021/0050 volta a rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne attraverso la trasparenza delle retribuzioni e meccanismi esecutivi.
Senza lavoro non ci può essere né pace, né giustizia sociale.
E l’occupazione è sempre più minacciata dalle guerre in atto: i porti lavorano meno causa le difficoltà del passaggio nel canale di Suez, le fabbriche non hanno tutte le materie prime necessarie, la dipendenza dall’estero è sempre più difficile e rischiosa.
La situazione negli ultimi anni è completamente mutata nelle nostre città rispetto a vent’anni fa e non solo per la presenza di lavoratori di altri Paesi con consuetudini, tradizioni e religioni diverse ma anche per le modifiche sociali intervenute e per il continuo aumento della povertà.
Pure l’Europa sembra navigare a vista, non essere più in grado di garantire ciò che prima era la normalità anche a motivo delle divisioni esistenti al suo interno.
Si auspica, quindi, una maggior coesione tra gli Stati, un’Europa più unita in grado di difendere il benessere del proprio territorio e di offrire nel contempo aiuto agli Stati più bisognosi.
Lo slogan della manifestazione del primo maggio di quest’anno non deve pertanto esaurirsi in quel giorno ma deve essere sempre tenuto presente dai lavoratori e da chi li rappresenta senza dimenticare che solo uniti si vince.

Gianfranco Valenta

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)