Medioriente: la rete Caritas al lavoro per la riconciliazione e pacificazione

Non solo Siria, non solo Gaza. L’intera area mediorientale si trova a soffrire a causa di conflitti, guerre civili, calamità naturali, crisi sociali e povertà estrema.
L’intera rete Caritas, attraverso l’operato di Caritas Internationalis e delle Caritas locali, è in prima linea per prestare soccorso, assistenza e aiuto alle popolazioni colpite perché la vittima principale di queste tensioni è sempre la popolazione civile.
Un aiuto quello messo in atto da Caritas che va oltre il sostegno alimentare e con beni di prima necessità, ma che punta anche a ricostruire un tessuto sociale danneggiato.
Ne parliamo con Danilo Feliciangeli, dell’Ufficio Medioriente – Nord Africa di Caritas Italiana.

Nell’area mediorientale le situazioni sono molto diverse tra loro. A farne le spese però sono sempre i più deboli e la popolazione civile. Dal punto di vista umanitario quindi in che situazione versa l’area?

Danilo Feliciangeli

Purtroppo sono sì situazioni diverse ma, come dice papa Francesco per primo, sono tutte legate da un filo rosso che le collega, ovvero questa “guerra mondiale a pezzi” che, purtroppo, connette queste esperienze di guerra e di tragedia.
Quello che sta succedendo adesso a Gaza ha raggiuto, a livello umanitario, proporzioni immani; i bisogni sono enormi a tutti i livelli, ci sono persone che muoiono di fame, sete, sotto le bombe, per mancanza di assistenza medica; la stragrande maggioranza sono civili e ormai i morti sono più di 30.000. Il livello di distruzione è pazzesco.
Quello che sta succedendo lì purtroppo è una replica di quanto successo in questi 13 anni in altri contesti, come appunto quello siriano, come riportato dal cardinale Zenari: Aleppo est, Ghuta, in cui si è intervenuto nello stesso modo, con bombardamenti a tappeto, per scacciare, distruggere, controllare il territorio.
È una situazione in effetti molto simile, che poi a catena da lì si va spostando anche in altri contesti; il Libano ad esempio è ormai travolto dalla guerra, ci sono stati già più di 300 morti e 90.000 sfollati.

La rete delle Caritas è sempre attenta, attiva e in prima linea. Come sta operando sui territori?

In queste situazioni l’intervento è chiaramente umanitario da parte nostra, come Caritas Italiana, in sostegno alle Caritas locali (Caritas Gerusalemme per quanto riguarda Gaza, Caritas Libano e Caritas Siria) sui bisogni primari, che vanno dalla salute alla distribuzione di generi di prima necessità – sia alimentari che non – alla riabilitazione psicologica – si pensa quindi anche alla salute non solo fisica ma anche mentale, perché i traumi subiti sono enormi -.
In particolare come Caritas Italiana stiamo cercando di lavorare moltissimo su un aspetto che riteniamo fondamentale: quello della riconciliazione. Provare quindi a fare il nostro piccolo sforzo per costruire dei processi di riconciliazione e pacificazione, perché appunto stiamo parlando di contesti nei quali non c’è stata una calamità naturale o una povertà endemica, ma la guerra. Tutti questi bisogni, tutta questa sofferenza, tutta questa distruzione sono legati ad un conflitto, in alcuni casi tra due parti in gioco – come Israele e Palestina -, in altri casi tra fazioni contrapposte nello stesso Paese, come in Siria.
Se noi lavoriamo per la pace, tutto quello che faremo sarà solo un “cerotto” sopra la ferita. Stiamo cercando quindi, oltre all’aiuto umanitario, di portare anche quest’aiuto sociale.

Qualche esempio delle iniziative in corso?

In Terrasanta, stiamo sostenendo un’ONG israeliana in un progetto di dialogo tra palestinesi e israeliani, portato avanti soprattutto nelle scuole e nelle università israeliane.
In Siria stiamo proseguendo, ormai da 5 anni, con un progetto rivolto in particolare ai giovani, si chiama “Come fiori tra le macerie”, con il quale, attraverso attività artistiche e formative, cerchiamo di unire i giovani in un processo di conoscenza reciproca, affinché siano in grado di superare le difficoltà e le divisioni che la guerra ha portato; volendo riprendere le parole di questo Convegno Caritas, di superare i confini generati dal conflitto.
Stesso discorso viene perseguito in Libano, con un focus particolare sui giovani. Il Libano è uscito, negli anni ’90, da una guerra civile durata 15 anni ma versa tutt’ora in una situazione nella quale, oltre alla guerra con Israele, permane anche un forte rischio di guerra civile. Anche in questo caso cerchiamo di aiutare i nostri colleghi di Caritas Libano a creare le condizioni affinché, almeno i giovani, le “nuove generazioni”, capiscano che siamo tutti nel concetto di “cittadinanza”, che va al di là della divisione tribale; siamo uniti da un qualcosa che ci aiuta a superare il confine della nostra piccola tribù, del nostro clan, della nostra appartenenza religiosa, e ci fa riconoscere in un qualcosa di più grande.

Selina Trevisan

(foto in evidenza: Caritas Siria)