Imparare a lavorare in modo sinodale: la fase sapienziale

Mercoledì 6 marzo l’Arcivescovo Carlo ha guidato presso l’Oratorio San Michele di Monfalcone il corso di formazione per i consiglieri pastorali delle Unità pastorali.
Stimolati dalla provocazione iniziale sul “tramonto” della Chiesa, nel corso della serata si sono analizzati i motivi per i quali stiamo vivendo un momento di crisi della fede in cui la fede cristiana è “esculturata”, cioè esclusa e allontanata dalla vita normale delle persone. Obiettivo dell’analisi e dei momenti di interattività è rimotivare l’azione pastorale avendo il coraggio di impostare anche delle sperimentazioni pastorali.

La fase sapienziale
In questa fase dopo un primo anno di ascolto e un secondo in cui oltre all’ascolto ci siamo ritrovati a lavorare su alcuni “cantieri” che le unità pastorali avevano aperto e il cantiere diocesano sull’iniziazione cristiana, ora siamo invitati a fare un passo in più.
“L’obiettivo della fase sapienziale consiste nel realizzare il discernimento ecclesiale, cioè nell’approfondire quanto ascoltato e sperimentato nella fase narrativa e nell’elaborare scelte concrete da presentare poi nella fase profetico e decisionale, in vista della conversione sinodale e missionaria della Chiesa” (orientamenti metodologici, 3).
La nostra diocesi ha rinnovato quasi tutti i consigli pastorali e la possibilità di ascoltarsi, scegliere un tema, approfondire ed elaborare proposte, nella semplicità di un metodo – quello sinodale – lascia spazio a creatività e inventiva.
Lo Spirito Santo soffia su ognuno di noi e ognuno di noi esprime il soffio secondo la sua propria vocazione: per questo l’ascolto è importante tanto quanto la condivisione comunitaria. La Parola parla ad ognuno, e ognuno nel suo intimo la raccoglie e ascolta.
Nella fase di ascolto, di cui abbiamo dato resoconto, alcune questioni che sono state riportate le abbiamo ritrovate a livello nazionale. Ci sono state proposte cinque piste di lavoro. L’ équipe diocesana a sua volta ha operato una scelta per poter sviluppare un primo discernimento comune, da proporre al Consiglio pastorale diocesano, e poi ai vari consigli pastorali delle unità pastorali e parrocchie.
I temi scelti sono stati:
-La missione secondo lo stile di prossimità
-Formazione alla fede e alla vita

Le domande proposte e di seguito gli aspetti condivisi durante il Consiglio pastorale diocesano:

1- In che modo nelle nostre comunità possiamo passare da una formazione mirata solo alla preparazione dei sacramenti a un insieme di proposte attente a tutte le età e condizioni di vita?
La formazione e’ necessaria per la trasmissione della fede, che deve essere proposta come obiettivo di crescita, non come un obbligo scolastico, né tantomeno perché si deve.
Sono auspicabili incontri con altri uffici pastorali, quali quello della Pastorale familiare, per passare ad una formazione integrata, proposta con creatività per raggiungere in special modo gli adulti. La fede si dimostra non si insegna

2- Quali buone pratiche catechistiche e formative ci sono nelle nostre chiese locali che possono essere diffuse? Quali nodi, queste esperienze, ci chiedono di affrontare? Che tipo di orientamenti nazionali potrebbero essere auspicabili?
La formazione in alcune realtà è condivisa all’interno delle unità pastorali o a livello diocesano, la formazione comunitaria si è dimostrata positiva. Si riscontra la necessità di valorizzare i gruppi della Parola, soprattutto coinvolgendo i giovanissimi proponendo loro il commento al Vangelo con esperienze di vita concreta che li tocchino. Anche l’animazione della messa fatta da gruppi potrebbe essere utile ad avvicinare le persone ad un momento comunitario importante

3- Come accrescere la prospettiva della collaborazione educativa all’interno delle nostre Chiese? In che modo possiamo dare concretezza al concetto di alleanza educativa tra le risorse presenti nella comunità ecclesiale (famiglia, educatori, associazioni, parrocchie, oratori, scuole, servizi educativi, università) e il territorio? Quali buone pratiche ci sono su questo tema?
Per costruire e crescere secondo la prospettiva della collaborazione educativa c’è bisogno di recuperare le relazioni tra persone e gruppi: ritrovare il rapporto con la realtà concreta. E’ un processo che deve essere comunitario, c’è bisogno di corresponsabilità e di collaborazione tra presbiteri e laici. Ci sono buone pratiche a cui attingere per sperimentare sul territorio quanto detto (oratorio diffuso di Monfalcone, esperienza nelle carceri di Rinnovamento Dello Spirito, la settimana dell’educazione di Cervignano)

4- Come dare più centralità alle questioni che in questo tempo maggiormente interpellano la società nella pastorale ordinaria della diocesi e delle parrocchie? Quali cambiamenti sono auspicabili nell’organizzazione della vita pastorale per dare spazio a tali temi? Quale può essere l’apporto specifico di laici, associazioni e movimenti?
L’essere presenti ma anche portare le questioni della vita reale in quella ecclesiale ci chiedono dialogo, attenzione al vicino.
Questo ci permetterà di farci riconoscere come “credenti affidabili”. Nel contempo vanno riconosciute le “vocazioni” (competenze) delle persone, in modo comunitario:si riconosce la difficoltà nelle relazioni, ma nel rispetto dovuto ad ognuno, non ci si sottrae al confronto.
C’è bisogno di formare “mediatori” per favorire lo scambio, di creatività nel trovare momenti di confronto, magari in azioni concrete, di chiarezza e determinazione e pratiche comuni.

Proponiamo ora di continuare il discernimento su questi punti nei Consigli pastorali di unità pastorale per arricchire la condivisione, per dare il nostro contributo a livello nazionale, ma soprattutto per conoscere la realtà diocesana e costruire rete.

La scheda di lavoro è scaricabile dal Sito Internet diocesano.
Attendiamo i vostri contributi entro il 15 aprile.

Don Giulio, Luisa e l’équipe diocesana