Il Nuovo che provoca la festa dei Patroni

Anno 2024, mese di marzo, giorno 16… Manca meno di un anno al grande appuntamento, potenzialmente un nuovo snodo e uno spartiacque nella Storia di Gorizia, che vedrà la nostra realtà al centro di un’Europa fragile, in ricerca di autenticità, di significato e di profezia… Tutto pare logicamente e forzatamente dover essere proiettato, pensato, organizzato e costruito in vista della magna ricorrenza, in una progressiva attesa che sembra essere spasmodica tanto da rubare il fiato, facendo del tempo un sol boccone…
Eppure ci sono delle giornate che nel calendario della Storia goriziana più o meno recente non possono essere cancellate o trasformate in qualcosa di funzionale o di diverso dalla loro natura soave, spirituale e sociale, culturale ed ecclesiale a un tempo. Una di queste, con convinzione non doma, è la solennità dei Santi patroni Ilario vescovo di Aquileia e Taziano suo diacono e collaboratore, uniti nella testimonianza totale della fede nel Dio di Gesù Cristo, consacrata nel martirio, avvenuto verosimilmente sotto Numeriano il 16 marzo 284…
Semplice, povera e gretta abitudine di un calendario ormai desueto, adatto ai pochi, incapace o impossibilitato a convogliare su di sé le attese o le attenzioni dei più, fatti salvi i radi superstiti di una Verità o di una Tradizione che non possono e non si riescono del tutto a far morire, a far evolvere, a trasformare? Eppure abitudine che, allontanando per quanto possibile la connotazione scontatamente negativa della quale la parola è portatrice, tenta di preservarne e rinnovarne la carica originaria e salutare, salvifica e dissetante di Speranza che questa ricorrenza può ancora stimolare e non solo per le persone fattivamente credenti.
Contro la ripetitività noiosa di un rito sempre uguale a se stesso, di un cartellone di iniziative che in superficie appare come estraneo alla vita dei singoli e delle famiglie, avulso dai corpi sociali e dal flusso caotico e vitale cittadino di giornate e mesi febbrili e cortissimi, sentiamo invece il desiderio del Nuovo che può ancora promanare e provocare la festa dei nostri Patroni; stupore ed entusiasmo, riscoperta e disvelamento che disarmano in nuce il cinismo e la rassegnazioni imperanti, squisitamente nella Gorizia degli ultimi tempi. Ricerca, cultura, storia, arte, rete di itinerari ai confini della nostra realtà individuale e comunitaria, delle nostre lingue e civiltà comuni e sorelle. Sfida di fratellanza inedita, impensabile, inimmaginabile fino a qualche lustro fa, ora urgentemente e provvidenzialmente presente con molteplici identità e criticità, eterogenee, arricchenti e vivificanti. Riflessione e approfondimento sui confini dell’animo, dell’intimo, del sé viscerale, sulla propria capacità di credere e affidarsi a un Dio Padre che nell’umano trova la sua più bella e completa espressione.
In questa visione, che non vuole essere solamente utopica o romantica, pretestuosamente bucolica o artatamente liturgica, possiamo ricordare, commemorare, celebrare, invocare Ilario e Taziano come fedeli dell’Oggi, di ogni donna e uomo c he desiderano il Vero, il Giusto, l’Unità, il Bello, la Pace. Doni questi che provengono sempre abbondanti da Dio, per delinearsi come concretezze e sollecitazioni, opportunità e possibilità del Reale, consegnate con generosità alla nostra Comunità di fede, cittadina e diocesana. In specie il dono della Pace che sembra essere impossibile o quasi nel gioco di interessi e problemi sempre più grandi, sempre più intricati, artificialmente o illusoriamente, volutamente posti al di fuori della nostra portata, come se non riguardassero quasi mai noi stessi, me stesso. Pace come possibilità di andare oltre, anche al di là delle contingenze negative e tragicamente violente dell’istante, come Ilario e Taziano hanno saputo proiettare la loro esistenza e la loro testimonianza, sofferenze e gioie, in un oltre, nell’Oltre di Dio, da loro conosciuto e rassicurante, avvolgente e liberante.
Quell’Oltre nel quale si intravvede e si disvela un altro – e l’Altro, Padre, Figlio, Spirito Santo – scoprendo che assomiglia proprio al me stesso; totalmente altro da me eppure così tanto simile a me, da poter sentire come sorella, fratello, amica e amico, sodale e solidale. In questo modo può ancora sollevarsi, emergere prorompente, una consapevolezza che fa crescere il sentimento di vicinanza e di fratellanza che sono le solide fondamenta di una convivenza e Comunione, condivisione e connubio di pace, non più procrastinabili e poste al costante vaglio della storia e delle circostanze, segnatamente in una Città come Gorizia che trova la sua più vera identità nella convivialità di differenze insopprimibili, fragranti ed edificanti. Fede biblica, Fede evangelica che rimane probabilmente l’unico propulsore per una consapevolezza che sappia dissacrare ogni fantomatico ritorno all’origine, che ridicolizzi ogni nostalgia di un’aurea tradizione manipolata per adattarsi ai nostri micro bisogni di basso cabotaggio, stranianti e alienanti. Consapevolezza che espliciti l’inconsistenza e la demenzialità di ogni fobia e rifiuto pregiudiziale di ciò che non rispecchia le mie stesse caratteristiche identitarie; la riduttività ributtante, inumana e però ancestrale, di distinguo, di timori indotti e imposti che non tengono conto della dignità e della sacralità di ogni essere umano e dell’inviolabilità della sua personalissima e mai totalmente esplicabile e razionalizzabile esperienza di fede.
Consapevolezza che diventa florilegio di Pace dentro se stessi, nella percezione radicale del sé, che esonda e feconda in maniera insopprimibile la pace dei rapporti, delle relazioni, delle responsabilità e dei diritti fuori e attorno all’io quasi soffocato dal presunto e inarrestabile turbo individualismo.
Quindi nonostante le tante e persistenti tinte fosche, la Luce che riverbera e rimbalza a noi dall’esperienza di Ilario e di Taziano – che affermiamo annunciamo come padri del nostro comune percorso di queste terre, di questa nostra Chiesa, delle nostre famiglie, di civiltà e Carità, di superamento e incontro, di concordia e pace – ci chiama a fare festa, a leggere i segni del presente, per interpretare le onde magnetiche della nostra storia, per immaginare azioni innervate dalle future albe di un domani che continuerà , come tappa raggiunta e itinerario da proseguire, attraverso la nostra testimonianza attuale, fiduciosa e fruttuosa.
don Fulvio Marcioni, decano della città di Gorizia