Centro Studi “Rosa Mistica”: assistenza e formazione

Si inaugurerà questo venerdì 19 marzo il Centro Studi “Rosa Mistica” di Cormòns, una realtà nuova nel panorama dell’assistenza alle fragilità.Il Centro Studi si propone di documentare le migliori pratiche terapeutiche non farmacologiche attualmente presenti in ambito socio assistenziale e proporre momenti formativi ed informativi anche aperti al pubblico sui temi urgenti e rilevanti della cura agli anziani e alle persone con fragilità.Tra i suoi obiettivi, anche quello di diventare punto di riferimento per il territorio isontino, la Diocesi di Gorizia e la Congregazione delle Suore della Provvidenza.Suor Stefania Sartor, superiora della comunità delle Suore della Provvidenza di Cormòns, ha illustrato per noi questo importante e innovativo progetto.

Siamo ormai a pochi giorni dall’inaugurazione del Centro Studi Rosa Mistica, un’iniziativa davvero innovativa sul territorio. Da cosa nasce l’esigenza di avviare un Centro di questo tipo e cosa vuole portare appunto sul territorio?Il Centro Studi “Rosa Mistica” è una iniziativa che nasce dalla pandemia Covid-19 che incide su tutti gli aspetti della normalità della vita: sicurezza, vita sociale, salute, relazionale, ecclesiale, socio-economico, formativa ecc… I fattori, come l’isolamento sociale, la separazione dalla famiglia, la solitudine individuale e il peso di una incertezza che si prolunga senza conoscerne la fine, feriscono l’equilibrio delle persone già sofferenti per demenza o Alzheimer. Queste trasformazioni le abbiamo notate chiaramente perché l’ambiente di lavoro è un ottimo campo di osservazione.Così, di fronte all’esperienza del lockdown, è maturata la necessità di offrire una vicinanza più umana, più viva alle persone che abitano con noi, convinte che non bastano le cure della persona e le cure mediche ma occorre riempire il loro tempo libero, dare spazio al dialogo e al contatto con le proprie famiglie. Insomma dare vita agli anni.Il Centro Studi “Rosa Mistica” è stato pensato anche per approfondire gli argomenti legati alla salute ed al benessere delle persone fragili e/o anziane, con l’obiettivo di diventare un punto di riferimento per il territorio isontino, per l’Arcidiocesi di Gorizia e la Congregazione delle Suore della Provvidenza. In questa luce abbiamo ravvisato la necessità di attivare ascolto e vicinanza al territorio programmando seminari, convegni, conferenze su tematiche della sofferenza, del fine vita, sulle sfide delle terapie mediche che ci interrogano continuamente.Nel nostro progetto di cura è essenziale, la centralità della persona, il rispetto per la sua individualità, l’attenzione premurosa ai suoi bisogni e alle situazioni esistenziali in continua evoluzione, quindi non solo la preoccupazione per la sua salute, per il vitto e l’alloggio, ma anche per gli aspetti umani, culturali, religiosi e sociali. Un obiettivo-sfida, oggi, di fronte all’emarginazione di coloro che non producono più; una concretizzazione dell’insegnamento evangelico incarnato da San Luigi Scrosoppi sul quale si fonda la nostra missione. Lo stesso cammino viene indicato anche dal magistero di Papa Francesco.Abbiamo vissuto mesi di grande preoccupazione, di timore e con un’attenzione serrata per contenere l’infezione; oggi siamo al punto di partenza! Non è stata una gestione facile difronte alla richiesta pressante di comunicare e vedere i propri cari. Abbiamo tentato di armonizzare l’assistenza con la vicinanza ed una qualificata attività di animazione. Molto positivo è stato l’aiuto dei social: telefonate, video-chiamate, filmati, terapia occupazionale ecc.

Con quali progetti siete partiti (purtroppo in un momento un po’ limitante a causa del Covid)? Chi prende parte a questi progetti e quali sono gli elementi di novità?Programmare in stato di emergenza Covid è stato come correre con il freno a mano tirato. Abbiamo capito che occorre essere coraggiose, attive e propositive anche nei confronti del personale per mantenere alta la performance. Il Centro, che nasce in questo contesto, si propone di individuare e applicare le migliori pratiche terapeutiche non farmacologiche attualmente presenti in ambito socio assistenziale e proporre momenti formativi ed informativi anche aperti ai familiari e al pubblico sui temi urgenti e rilevanti della cura agli anziani ed alle persone con fragilità Lo abbiamo definito “Centro Studi” perché in esso vengono istituiti laboratori per terapie non farmacologiche ed occupazionali (doll therapy, pet therapy, musicoterapia e altri) e nello stesso modo vengono attivati anche percorsi di formazione in stretta collaborazione con l’arcidiocesi, la parrocchia ed il territorio. Stiamo organizzando la prima esperienza di terapia non farmacologica: la doll – therapy (la terapia con la bambola) partendo dalla formazione e dall’acquisizione di competenze per noi nuove. Per introdurci correttamente al progetto, è stata invitata un’esperta da Varese, dr. Maria Silvia Falconi che terrà un corso di formazione on line (aprile – giugno) indirizzato ad un gruppo di 25 dipendenti. Potremmo allargare questa abilità anche alle altre Residenze interessate. In seguito le persone formate porteranno a compimento la sperimentazione della doll – teraphy in loco in modo scientifico. Si tratta di un’apertura dovuta per attrarre energie nuove e per intraprendere una strada rinnovata da percorrere per il futuro. È un progetto sostenuto dal contributo della Fondazione Carigo.  

 Il momento che stiamo vivendo ha cambiato le prospettive di tutti. I più colpiti dalla pandemia sono stati però gli anziani: come si guarda ora a loro? Vede forse accresciuto nella sensibilità comune un senso di responsabilità nei loro confronti? E come si guarda ora più in generale al malato e alla malattia?L’osservazione sui comportamenti verso le nostre anziane ci ha rese più attente ai loro stati d’animo. A mio avviso ho rilevato che anche i familiari, alla fine, apprezzano la nostra serietà nella chiusura, si preoccupano molto di più di prima, le vogliono al sicuro, le tranquillizzano, le chiamano quasi quotidianamente al cellulare, si informano direttamente dal personale di reparto, verificano se manca loro qualche cosa che le fa sentire bene e ricordate, es. delle foto dei nipoti da poggiare sul comodino! Un mazzetto di fiori che arriva attraverso la portineria… Poi c’è anche il contrario, chi dimostra scarso interesse, poca sensibilità verso queste persone e pensa piuttosto a soddisfare i propri bisogni. Sono quelli che vivono con rabbia le restrizioni e si ribellano alle norme di contenimento. Invece, con sorpresa notiamo una crescita, una emancipazione nelle anziane verso il mondo digitale. Si parla di coloro che possiedono una discreta serenità mentale ed un sano interesse. Hanno imparato a gustare i media come mezzo di collegamento verso chi non può essere presente. Ovviamente i loro familiari sono dei geni nell’uso dei social e qualche idea l’hanno passata anche a noi. Anche le persone esterne obbligate ad entrare per motivi di lavoro, di sopravvivenza, di manutenzione ed altro, hanno imparato ad usare categoricamente i DPI, ad osservare le distanze come previsto dalle normative vigenti. Il personale poi è stato molto responsabile e dobbiamo alla loro serietà il fatto di non aver avuto contagi fra gli ospiti.

Alla luce della vostra apertura, come ci si pone oggi a livello sociale nei confronti delle fragilità? È una società inclusiva o c’è ancora da lavorare e in questo caso, quali passi necessari per essere davvero inclusivi?Penso che il lavoro di apertura dura tutta una vita perché se di apertura si parla, non può avere un termine, ma un’evoluzione che segue continuamente la rotta del cambiamento. Prendersi cura delle suore e delle signore anziane e/o malate non autosufficienti, che non sono più in grado di badare a sé stesse, richiede risorse fisiche e professionali dinamiche da parte di chi svolge queta attività. Ed è importante curare anche il linguaggio non verbale, curare l’osservazione e offrire quei segni di presenza che le persone sono in grado di percepire. Comunque la nostra l’umanità deve mettersi in contatto e farsi prossimo. L’assistenza non è una missione statica ma dinamica che prevede salute fisica, formazione specifica continua e armonia nelle persone che lavorano insieme.La nostra è una comunità inclusiva dove ognuna può vivere la propria vita (malate e sane) e dove, per le meno gravi è possibile interagire anche nelle piccole cose permettendo loro una certa autonomia. Sappiamo che la solitudine costituisce una delle cause principali del decadimento psico-fisico. La depressione e la solitudine nell’anziano sono due aspetti collegati tra loro e giocano un ruolo fondamentale.

Il Centro Studi è una realtà che certamente si pone come vero servizio alla comunità e alla Diocesi. Quali rapporti sono stati intessuti, o intendete costruire, con il mondo della sanità? Quale contributo poi desiderate portare in Diocesi e che tipo di collaborazioni vorreste mettere in atto?È difficile fare un netto distinguo. Noi facciamo parte integrante del mondo sanitario e ci sentiamo inserite. Diverse di noi, a suo tempo, hanno insegnato nella scuola per infermieri di Gorizia, per cui “viviamo nel nostro mondo” e le relazioni sono professionali e familiari insieme. Penso che il confronto con i professionisti delle altre strutture diventi una testimonianza di comunione e di apertura al confronto. Abbiamo le stesse finalità di assistenza ma avvalorate da uno sguardo di fede.Riguardo al nostro inserimento e collaborazione con la Diocesi, il Centro può diventare un luogo di incontro e confronto a servizio di quanti operano a favore delle persone fragili, sempre in cammino sulla strada che il Signore ci ha indicato attraverso il nostro fondatore San Luigi Scrosoppi.La prossima tappa da perseguire sarà l’istituzione del servizio di Volontariato che favorirà un maggior inserimento nel territorio e nella chiesa locale/diocesana. Pensiamo con cuore alla pastorale giovanile e poi alla pastorale della salute. La pastorale della salute è una istituzione molto vicina per finalità e sensibilità. Si tratta della presenza e dell’azione della Chiesa per recare la grazia del Signore a coloro che soffrono e a quanti se ne prendono cura. Non solo verso i malati ma anche ai sani ispirando una cultura più sensibile alla sofferenza, all’emarginazione e ai valori della vita e della salute. Il nostro ambiente è un osservatorio, un laboratorio vivente, una speranza per il futuro.

La realtà delle Suore della Provvidenza a Cormòns è più che storica; questo che andate ad inaugurare è un ulteriore tassello in questa storia. Vogliamo ricordare quali servizi in questo momento offrite, quante consorelle presenti e quante ospiti nella vostra struttura?Una realtà nata nel lontano 1866. In breve sintesi, Padre Luigi Scrosoppi acquista parte del vecchio convento delle Sorelle della Dottrina Cristiana apre una scuola popolare e vi trasferisce anche la Casa Generalizia. Poi istituisce un giardino d’infanzia, una scuola di lavoro, un oratorio festivo e il Noviziato. Verso la fine dell’Ottocento la Casa diventa infermeria della Congregazione. Negli ultimi anni la Congregazione comincia a verificare un calo di presenza di suore malate e così decide di offrire i posti disponibili anche alle persone esterne (2019). Nella decisione, si appella al carisma di San Luigi, sempre attento ai segni dei tempi e rivolto alle situazioni in necessità. La “periferia”, oggi, è costituita anche dagli anziani e questa fascia d’età è destinata ad ampliarsi. Le signore esterne sono considerate parte integrante della Residenza “Rosa Mistica”. Ma al di là dei cambiamenti storici, vogliamo che la nostra Casa si caratterizzi per lo spirito di accoglienza, di famiglia e di semplicità, di rispetto nei confronti di ogni persona e della sua funzione secondo lo stile proprio del nostro carisma che vive nella quotidianità della vita. Con questa premessa apriamo il Centro Studi Rosa Mistica.La Residenza offre il servizio socioassistenziale, medico, infermieristico, farmaceutico, fisioterapia, animazione, igiene ambientale, religioso, ristorazione, di lavanderia e guardaroba, parrucchiere e pedicure, manutenzione e amministrativo e delle religiose volontarie, terapie non farmacologiche e occupazionali. La possibilità di accoglienze persone in sollievo. Il servizio religioso, anzi, la sensibilità verso i valori cristiani, è molto stimata sia dalle ospiti che dalle loro famiglie. Ma come ricchezza aggiunta la Residenza, che sorge ai piedi del monte Quarin, è circondata da una grande campagna agricola e da uno spazioso parco-giardino dotato di panchine, vialetti e zone facilmente percorribili sia a piedi che in carrozzina dove le ospiti possono passeggiare e godere della bellezza e dell’armonia della natura, usufruire anche della animazione e ginnastica fatta all’aperto. Certamente la vita era migliore quando passeggiavano con i familiari anziché con il personale. Anche all’interno l’edificio offre spazi idonei per attività diverse, sia individuali che di gruppo: sale di soggiorno e ampi corridoi. In ogni stanza funziona un servizio di citofonia, di TV, di amplificazione in ogni stanza, sistema valido anche per la musicoterapia e per ricevere informazioni, avvisi… Ogni piano dispone di un PC con accesso internet e servizio wireless. Il Centro Studi offre formazione permanente (convegni, seminari, incontri…), confronto fra gli operatori, una raccolta documentale.Il numero delle presenze in Residenza è di 64 religiose e 21 signore; nella comunità di servizio sono presenti 38 suore. Il numero totale è quindi di oltre 120 persone.Il personale dipendente che lavora a favore dell’assistenza e dei servizi generali è composto da una cinquantina di persone (infermiere presenti 24 ore su 24, OSS, competenze minime, fisioterapiste, animatrice, segretaria, portinaio, personale cucina, lavanderia e guardaroba, orto e giardino) al quale si aggiungono 14 dell’azienda Politecnica Friulana che si occupano delle pulizie e disinfezione degli ambienti.