21 luglio 1969: un programma impegnativo

Si è realizzato l’antico sogno – lo spirito ha vinto una battaglia scientifica aprendosi agli spazi del cosmo con quella che è stata una Vittoria dell’uomo – Ci siamo noi, capaci di tanto, cos’è l’universo? Donde, come, perché?”.Queste le parole dell’occhiello e del titolo – alcune ore di lavoro – con le quali un redattore ed un giovane apprendista hanno tentato di esprimere  i sentimenti e le reazioni, anche personali, dopo avere visto le immagini con le quali la televisione aveva riempito gli occhi di noi telespettatori dopo l’impresa dei tre astronauti americani sulla luna. Era domenica 21 luglio del 1969.Cinquanta anni fa. Da pochi mesi ci eravamo presi l’impegno – con  tremore e passione – di scrivere un giornale dal titolo all’ultima riga; un giornale speciale, anche rispetto agli altri che ci arrivavano per posta. Qualche attesa, molti dubbi e poche certezze. Qualcuno, i più vecchi trai lettori, spingevano a continuare e con loro il direttore don Maffeo Zambonardi, puntualmente in ferie fra luglio e i primi di agosto.Nelle parole del titolo (“Vittoria dell’uomo”) e nel testo che accompagnata l’immagine della navetta scesa sulla luna, c’erano la meraviglia ma anche il desiderio di comunicare non tanto un evento ma un commento; di più, dopo tante parole in libertà, di riflettere sulle conseguenze aiutando a distinguere tra la luna e il dito per indicarla. Insomma, muoveva la voglia di almeno contribuire a superare le divisioni fra scienza e fede, di convertire una vittoria di parte in qualcosa di più, appunto di una vittoria dell’uomo; in una parola di promuovere un ripensamento coraggioso che mettesse insieme la voglia di futuro, un futuro comune e condiviso e di dare all’impresa umana una prospettiva per molti (ed anche più grandi ed impegnativi) traguardi da realizzare insieme. In nome dell’uomo; di un essere umano coprotagonista di una storia di salvezza.Rileggendo il commento – che ci è costato altre ore di lavoro – non si può non osservare il limite del tempo, delle illusioni tipiche degli anni Sessanta-Settanta, ma anche la voglia di un protagonismo che potesse riavere una centralità ed una prospettiva. Dovremmo concludere che c’è ancora molto da lavorare. Anche per dare spessore ad una reale conquista che abbisogna di diventare sempre più di tutti e di una rinnovata attenzione che metta da parte le illusioni e privilegi la corresponsabilizzazione di tutti. Creature, ma amate e salvate.Il corsivo finiva così “Portare un contributo sincero, che superi ogni compartimento stagno ed ogni egoismo nello sforzo di stringere i tempi sulla via del progresso e della pace”. Un auspicio, un programma del giornale, un impegno.