Entrare nel linguaggio del prendersi cura

Drammaticamente, in molti casi. Sopratutto quella parte ricoverata nelle case di riposo (in Italia ve ne sono 4600) o che si è trovata ospedalizzata.Ma in Italia quanti sono gli ultra 65enni? I dati Istat 2016 ne conteggiano 13,8 milioni e precisano che 4,4 milioni di essi vivono da soli. Quanto ai morti per Covid19, i bollettini della Protezione Civile fissano ad 84 anni l’età media di decesso. Anziani e soggetti fragili, morti privati dell’ultima carezza… Non nasce oggi la svalutazione del vecchio, perché “improduttivo”. In occasione della prossima festa liturgica dei santi Gioachino ed Anna, ci imbatteremo in una versione antica del non essere generativo. Per il popolo di Israele una maledizione ricadeva su chi non aveva figli. Secondo la narrazione del Protovangelo di Giovanni, a Gioachino fu impedito,perchè sterile, di portare il suo sacrificio al tempio. Pur incolpevole, ma escluso dal sacro, scartato. Oggetto di esclusione e  considerati merce di scarto sono stati gli anziani, nella realtà difficile e dolorosa della attuale pandemia, dove risuona particolarmente aspra e dura l’affermazione di una certa opinione pubblica che li ritiene inutili, costosi anzi dannosi per lo stato sociale; pericolosi portatori di contagio; parassiti della crisi; garantiti e privilegiati (hanno la pensione!) rispetto ai giovani, anzi…cicale. E magari ad insistere sul detto sottovoce “tanto sono vecchi” ci ha messo del suo la raccomandazione (poi rettificata) della Presidente della Commissione Europea circa l’opportunità che gli anziani rimangano in quarantena fino a fine 2020. La maggiore vulnerabilità dei vecchi, alla quale concorrono l’avanzare degli anni e la presenza di altre malattie croniche, non può però significare una riduzione del diritto alla cura o la scelta di prestarle a chi è più giovane. Nelle omelie quotidiane da Santa Marta, nel periodo del confinamento, Papa Francesco ha più volte raccomandato “Non dimenticate gli anziani che oggi soffrono di paura, soli in casa o nelle case di riposo, che non sanno cosa accadrà”.Lo conferma dalla periferia del nostro Nordest, in una lettera al quotidiano Avvenire, don Paolo Iannaccone: a Trieste, dove il 28,2 % della popolazione ha più di 65 anni e vive, in notevole parte, nelle strutture assistite – osserva – nell’anziano si aggrava “il senso di solitudine, che porta a quella stanchezza e a quella rassegnazione che sono la perdita del senso, dello scopo per cui vivere”. Eppure, il medico psicogeriatra Marco Trabucchi argomenta che si può vivere bene anche da vecchi e perfino guarire da questo virus. Invece “gli anziani sono stati umiliati perché si sono ritrovati ai margini degli interventi e sono stati offesi perché fatti sentire un peso per l’organizzazione e non con il pieno diritto di chi fa parte della cittadinanza e della vita”. Una generazione perduta, quella degli 80 e 90enni, che è stata una risorsa come patrimonio di esperienza e di saggezza e che ha perfino funzionato da ammortizzazione sociale familiare (una famiglia su tre si regge sulla pensione di un componente). Fatta di nati in piena guerra mondiale, che hanno cominciato a lavorare a 14 anni e sono stati il motore nella ricostruzione dell’Italia seppellita dalle macerie del conflitto e si sono fatti carico dei sacrifici che hanno portato al miracolo economico degli anni 60. Poi, una volta pensionati, si sono imbarcati nel volontariato in Italia ed all’estero, trainando forme di solidarietà concreta e costruttiva per “il bene comune” Ed è dalla loro testimonianza di vita, di lavoro e di relazioni intrecciate che ci lasciano conferma della fattualità dell’espressione di Zygmund Bauman “La luce in fondo al tunnel esiste e sta nella parola NOI”.