Scuola, dad e disuguaglianze

Il 10 giugno termineranno le lezioni scolastiche nella nostra regione, proseguendo fino al termine del mese solo nelle scuole dell’infanzia. Gli studenti di III media e V superiore affronteranno gli esami di Stato, in entrambi i casi previsti in presenza con una prova soltanto orale. Per i ragazzi delle altre classi inizieranno le vacanze, termine oggi paradossale dato che ogni aspetto della vita appare stravolto, dalla scuola al lavoro, dal tempo libero alle consuete relazioni umane e sociali. Nella scuola nulla è stato normale in questo secondo anno di pandemia, fra didattica a distanza e didattica digitale integrata fra presenza e distanza, che riparte in regione, al rientro in zona arancione, per tutte le classi di medie e superiori, con un afflusso in aula di circa 45.000 studenti in più. Una novità rispetto allo scorso anno, che ha già destato qualche reazione, è che restano in vigore le norme di valutazione precedenti alla pandemia, non garantendo un’automatica promozione.Benché quest’anno le scuole si siano attrezzate di strumenti e competenze per affrontare la sfida della DAD, la povertà educativa, spesso associata a quella economica, (frattura educativa secondo il card. Bassetti e addirittura catastrofe per papa Francesco) è aumentata a causa dell’accumulo di tutti i fattori di rischio: se uno stress limitato nel tempo può produrre anche effetti positivi, l’esposizione prolungata a situazioni ansiogene di deprivazione, di cui non si intravede la fine, è foriera di gravi danni soprattutto per personalità in evoluzione come quelle di bambini e ragazzi. La scuola riveste un ruolo cruciale per la loro vita sia per quanto riguarda lo sviluppo di competenze necessarie per diventare cittadini autonomi e consapevoli sia come ambito privilegiato di relazioni con coetanei e adulti. Né la didattica a distanza né quella in presenza, condizionata da molte restrizioni nei contatti, hanno consentito il normale dispiegarsi di rapporti umani che costituivano esperienze fondamentali di crescita. Se a questo si associa la mancanza delle normali attività del tempo libero, dagli incontri informali agli sport di squadra e ai vari impegni pomeridiani, si comprendono le ragioni dell’aumento di diversi problemi psichici: disturbi del sonno e alimentari, come anoressia e bulimia, stati d’ansia, crisi di panico, depressione e apatia. Inoltre, in un Paese come il nostro, dove gli indicatori di dispersione scolastica e di mancata acquisizione delle competenze di base erano già più alti delle medie UE, c’è il rischio che crescano gli abbandoni e diminuiscano le iscrizioni universitarie, con ulteriore crescita dei Neet (ragazzi che non lavorano e non studiano). La Lombardia ha avviato un progetto per far acquisire una qualifica professionale a giovani inattivi fino a 18 anni, prevedendo che un ragazzo su quattro fra 14 e 18 anni abbandonerà gli studi per effetto dell’isolamento, che già ha prodotto nel 2020 un aumento dei Neet, nella fascia di età 15-24, dal 12,6% al 15,7%. Analogo l’intervento della nostra Regione, “Attivagiovani 2021-2022”, che nel 2020 ha registrato invece un decremento dei Neet 15-24 anni, presentando insieme al Trentino Alto Adige il dato migliore (11%), verso la media italiana del 19%. Come ogni altro ambito, anche quello educativo ha visto una forte crescita delle disuguaglianze, con netto peggioramento di situazioni di partenza già svantaggiate. Paradossali risultano le differenze dei giorni di scuola in presenza fra varie città italiane, non coerenti con i dati dei contagi: secondo Save the Children, da settembre 2020 a fine febbraio 2021, gli studenti delle medie hanno potuto usufruire di oltre 100 giorni in presenza a Milano e Roma, di 48 a Bari e 42 a Napoli; i ragazzi delle superiori hanno avuto il massimo di giorni in presenza a Milano (80,6) e il minimo a Napoli (27). Ai divari familiari e territoriali si sommano quelli relativi a genere, disabilità e personalità dei ragazzi, più o meno capaci di mantenere motivazione e impegno in un contesto di crisi. Di fronte ai dati di disagio e rischio, è certo necessario intervenire con progetti e misure di contrasto alla povertà educativa, anche prevedendo il coinvolgimento di parrocchie e associazioni in attività estive di recupero e confronto gestite in rete con le istituzioni del territorio, ma senza cadere nell’errore educativo della vittimizzazione perché, come scrive Recalcati, “Il lamento non ha mai fatto crescere nessuno, anzi tendenzialmente promuove solo un arresto dello sviluppo in una posizione infantilmente recriminatoria”. Passione e impegno educativo devono confrontarsi con i limiti del reale, accompagnando e sostenendo i nostri figli e studenti nell’affrontare la situazione per uscire più consapevoli e più forti da un’esperienza per molti versi traumatica, con un allenamento alla speranza e alla progettualità.