Cui prodest?

Chi di noi, sapendo che in una sconosciuta città italiana ha sede la Commissione che può rendere meno incerto il nostro futuro, non si sarebbe messo in cammino? Mettendo in conto di passare delle notti al freddo, di restare lontano mesi dalla propria famiglia pur di ottenere quel foglio di carta, da altre parti magari negato, che diviene lasciapassare per una vita migliore.Non possiamo imputare ad Aarif, a Ghaazi, a Rahman i ritardi di una burocrazia come quella italiana che ha bisogno di un anno per compiere quegli adempimenti che, con un po’ di buona volontà ed una maggiore organizzazione, potrebbero essere svolti in poche settimane. Il solo aumento delle Commissioni territoriali (le dieci nuove, annunciate a metà novembre dal ministro Alfano, potranno cominciare ad operare solo in primavera…) e l’implemento dei loro componenti, farebbe risparmiare allo Stato, e quindi a ciascuno di noi, migliaia di euro.Quello che deve fare paura ad una città come Gorizia, che nel suo DNA ha da secoli l’accoglienza e la tolleranza, è il clima di paura e di diffidenza verso il prossimo che qualcuno, in queste settimane, ha cercato di insinuare nei suoi abitanti. È stata fatta balenare l’ipotesi di un’invasione di pericolosi stranieri, pronti a sconvolgere la tranquilla quotidianità della città; sono state montate ad arte calunniose insinuazioni su chi, Caritas per prima, dinanzi alla sofferenza di questi esseri umani, ha scelto di non mettere la testa nella sabbia, facendo finta di non sapere che, come richiedenti asilo, essi godono di diritti sanciti dalla Costituzione del nostro Paese e da trattati e norme internazionali.Certamente non è giusto che l’Isontino debba essere lasciato solo a sostenere il peso di un fenomeno che non si riuscirà ad affrontare fino a quando lo si considererà unicamente come emergenza. Il flusso di popoli in fuga da povertà e guerre è ormai una quotidianità con cui una società che si definisce civile deve confrontarsi, individuando i mezzi più idonei per affrontarlo. Un fenomeno globale a cui una realtà piccola e periferica come la nostra non può rimanere estranea: anche se volesse farlo, i tempi ed i modi non li decidiamo noi ma ce li impone la Storia.Innalzare muri, per preconcetta ideologia o mero tornaconto personale , non porta da nessuna parte. Rendersene conto sarebbe già compiere un passo importante per affrontare il problema.