Scelte ecologiche… ma anche sostenibili?

Suppongo che quello che le associazioni ambientaliste affermano a Monfalcone valga per tutta Italia, forse anche per tutto il pianeta. L’opposizione alla trasformazione a gas della centrale a carbone, già destinata a cessare nei prossimi anni, è chiara e senza possibilità di appello. Il metano, che si pensa di utilizzare nel prossimo futuro, non è green’; il suo utilizzo, si sostiene, continua a danneggiare l’ambiente e la salute degli abitanti. Su questa linea già si trova l’Amministrazione comunale che, contrariamente a quello che hanno fatto finora lo Stato e la Regione Friuli Venezia Giulia, afferma di voler  fare tutto ciò che può per liberare l’area della centrale dalla sua attuale destinazione.  Altre attività potrebbero prendere avvio su quello spazio, secondo l’Amministrazione comunale e diverse forze politiche locali. Va detto però che un approfondito dibattito su questo tema in consiglio comunale non ha avuto luogo. Il problema dell’energia che serve nelle case e nelle fabbriche, nelle scuole e negli ospedali, dovunque l’attività umana abbia svolgimento, ha diversi tipi di implicazioni. A parte le scarse centrali idroelettriche, che comunque comportano problemi sulla vita dei corsi d’acqua, le altre centrali di produzione dell’energia sostanzialmente utilizzano materiali di origine fossile, ritenuti oggi tra gli inquinanti maggiormente responsabili del degrado dell’ambiente, generatori dell’effetto serra e quindi delle sue conseguenze disastrose sotto molti punti di vista. Il più evidente è il cambiamento climatico che preoccupa non poco. In Italia non vi sono centrali nucleari, anche se acquistiamo energia che loro producono in Paesi vicini. E’ chiaro a tutti che siamo davanti alla necessità di fare scelte importanti: basta inquinare, produciamo energia con fonti rinnovabili e non impattanti sulla salute e sull’ambiente. Chi non è d’accordo? Chi non vuole un mondo più pulito e vivibile? E’ possibile realizzare il sogno domani, per non dire oggi come alcuni anche vorrebbero? E’ vero che si tratta di fare scelte, ma è anche vero che l’esito di queste scelte non è immediato. Dunque, ammettiamo che le scelte siano fatte, anche se è tutto da dimostrare. Tra il nostro desiderio e la realizzazione del nuovo mondo c’è uno spazio temporale durante il quale i cittadini, i servizi e le imprese continuano ad avere bisogno di energia. E’ possibile cambiare radicalmente di colpo il nostro modo di vivere? Per alcune cose probabilmente si, ma la costruzione delle navi, l’industria della carta, le piccole e medie aziende del settore nautico o della metallurgia hanno bisogno di molta energia che le attuali risorse produttive green non sono in grado di coprire. A casa nostra continuiamo ad accendere le lampadine, a guardare la televisione, ad usare gli elettrodomestici, a cucinare sui fornelli a gas. Noi, le aziende ed i servizi pubblici utilizziamo veicoli che si muovono bruciando prodotti fossili. Ci sono le auto elettriche, ma consumano l’energia prodotta dalle centrali che si vogliono chiudere. Insomma il tutto e subito in questo necessario cambiamento pare non essere possibile proprio per il nostro modo di organizzarci la vita. Si parla di ’transizione’ al green e non sono poche le voci che si levano preoccupate per questo periodo: la transizione richiede grandi investimenti e un contemporaneo cambiamento di stile di vita. Concentriamo le risorse sulla transizione e avviamo una nuova organizzazione della vita sociale e lavorativa, è la richiesta che sale dal basso. Le scelte da fare comportano grandi responsabilità perché mentre è facile chiedere il necessario cambiamento non è altrettanto facile né immediato realizzarlo. Bisogna però iniziare e darsi da fare. Il problema della centrale di Monfalcone sta in mezzo a questa realtà ed è per questo che il tema è di preminente interesse nazionale, dove si deve tener conto delle giuste aspettative dei cittadini e dei modi migliori per rispondere alle esigenze dell’intera nazione, che peraltro non è un’isola a sé stante nel mondo. E’ interconnessa ad altre nazioni e ad una dimensione mondiale tanto del problema energia quanto della necessità di salvaguardare il pianeta e la salute  dei suoi abitanti. E’ un diritto pronunciarsi contro la trasformazione della attuale centrale a carbone in centrale a gas. E’ un diritto anche chiedere che l’abitato di Monfalcone non debba più ospitare un’impresa così impattante sulla vita di chi ci vive intorno. E’ possibile avere una risposta positiva se chi ha responsabilità reali sulle scelte di politica energetica e industriale riesce a trovare soluzioni in grado di rispondere sia alle esigenze della città che a quelle più generali del Paese. Servono proposte e progettualità che non siano ristrette ad un singolo e piccolo territorio, ma che si inseriscano nel grande dibattito in corso dal quale si spera possa nascere il cambiamento ’green’. Ecco perché quello che avviene a Monfalcone è all’attenzione degli ambientalisti italiani, del mondo imprenditoriale e dei politici regionali e nazionali. E’ anche il motivo per cui la città dovrebbe dibattere in modo approfondito questo argomento, clima elettorale permettendo.

(foto da ttps://www.a2a.eu/it/gruppo/termoelettrici/centrale-monfalcone)