Referendum: sulla fusione regna la confusione…

La presenza di 6280 firme di cittadini di questo piccolo territorio per chiedere un referendum che porti ad una unica amministrazione comunale ha reso manifesta la difficoltà, soprattutto nel partito storicamente maggioritario, a progettare una conduzione unitaria della gestione di questo ambito e dei servizi ai cittadini e alle imprese. Lo si rileva anche nella ’prudente’ realizzazione dell’Unione Territoriale voluta dalla legge regionale che incontra resistenze in sindaci di diverse opinioni. La Regione ha preso atto che il Comitato promotore del referendum, riunito dall’Associazione CittàComune, ha raccolto le firme necessarie a far partire l’iter della consultazione popolare sulla fusione dei tre Comuni. Per la precisione ne ha raccolte otre mille in più delle 5267 richieste per legge che corrispondono al 15% degli elettori in ciascuno dei tre Comuni.  Il primo atto del percorso verso il referendum è la richiesta della Regione ai tre consigli comunali del parere sul quesito referendario, ovvero sulla fusione dei tre Comuni. Il consiglio comunale di Staranzano ha già dato la propria risposta: no. Il parere sulla fusione è quindi negativo, pur essendo questa un obiettivo previsto dallo Statuto comunale. In effetti il sindaco ha spiegato però che non si tratta di un no alla fusione, e tanto meno di un si, ma solo di una scelta tecnica per aumentare il peso democratico dei cittadini al momento del referendum. L’effetto di quel no sarà infatti che anche a Staranzano il quesito referendario, per passare, avrà bisogno di superare il 50% dei voti validamente espressi. Anche queste scelte ’tecniche’ in cui si dice una cosa per farne un’altra pare rientrino nella normalità del fare politica oggi. La situazione vede una forte divisione tra e all’interno dei partiti politici e fa capire perchè, dopo più di quindici anni dal lancio del progetto CittàComune, il mondo politico locale non sia stato protagonista nel portarlo avanti e non solo a Starazano.  A Ronchi, dove il consiglio comunale si esprimerà a breve, i toni sono ancora più accesi per una diretta scesa in campo del sindaco in nome della salvaguardia dell’identità locale contro il tentativo della città di Monfalcone di fare la padrona anche a Ronchi, almeno nella visione del sindaco ronchese.A Monfalcone i toni sembrano più pacati, ma in generale nelle maggioranze nei consigli comunali non si avverte un clima propositivo sul futuro del territorio, quanto invece quasi un fastidio per l’esito positivo della raccolta delle firme fatta da un gruppo di cittadini aderenti a CittàComune, aiutati da pochi consiglieri comunali, provinciali e regionali indispensabili per dare validità alla raccolta stessa. I cittadini hanno risposto all’appello di CittàComune, pur in un clima in cui esponenti istituzionali e politici di primo piano hanno chiesto di non firmare. Questo è un fatto sul quale non si sta riflettendo. Pare che il mondo politico continui a guardare se stesso e le strategie dei singoli esponenti, mentre i cittadini chiedono chiarezza per il futuro di questo territorio; futuro che significa ambiente sano, lavoro, servizi che funzionano. Se oltre il 15% degli elettori hanno posto la firma sulla richiesta di referendum significa che esiste una attesa di qualche cosa di nuovo anche sotto l’aspetto istituzionale del governo del territorio. La risposta politica di un consiglio comunale può essere solo una scelta ’tecnica’ sul voto per il referendum che comunque i cittadini hanno voluto, chiesto e ottenuto?