Per una convivenza integrata e solidale

Le statistiche -e non solo la percezione che a volte non corrisponde ai dati oggettivi- ci informano che nel Nord-est la presenza di persone immigrate dalla Romania e dai Balcani, è consistente (2 terzi) rispetto ad altre presenze (1 terzo). È in atto -ed interessa anche le nostre diocesi e quindi alcune parrocchie- la richiesta di ospitare questi cristiani battezzati per la preghiera, la Messa, la celebrazione dei sacramenti e per le feste. Richieste che appaiono vicine alla nostra mentalità e cultura ma che esigono una crescita nella dimensione dell’ecumenismo, senza dubbio urgente anche per le comunità cristiane cattoliche.Una presenza -quella delle diversità- che occorre conoscere, incontrare e condividere. Si è manifestata in questi giorni, la richiesta (non nuova) della creazione o costruzione di luoghi di preghiera per le comunità islamiche. La realizzazione di una moschea, che è un centro sociale- politico e culturale e quindi non rientra nella categoria dei luoghi di culto, pone alla pubblica opinione e soprattutto alle amministrazioni locali, responsabilità di scelta, di verifica e di controllo ed alla comunità musulmana atteggiamenti positivi di incontro e di integrazione.Tenere conto della tradizione musulmana multisecolare che non ama distinguere religioni, tradizioni, cultura, vita sociale e politica, è decisivo; così come non è utile incoraggiare forme di politicizzazione. D’altra parte, la realizzazione di tali centri ha il compito da una parte di aiutare gli immigrati ad integrarsi nella nostra società in quanto lo scopo comune deve essere appunto di costituire insieme una società comune e solidale. Teniamo conto che la politicizzazione di tale tendenza -nell’illusione di affermare la propria identità come diversa- rischia di suscitare reazioni di rigetto e di rifiuto, pericolosi atteggiamenti di chiusura reciproca.Le comunità cristiane -come del resto già fanno e si impegnano a fare- sono chiamate a continuare ad offrire luoghi di incontro, di accoglienza e di servizi (vedi oratori), a promuovere incontri di conoscenza delle diversità reciproche; anche le comunità islamiche, tenuto conto della natura polivalente dei centri, se desiderano continuare a stare da noi, sono chiamate a vivere la loro vita in modo discreto ed integrato.Le gravi responsabilità di discernimento, che spettano alle autorità civili, hanno successo in particolare quando sono esercitate al di fuori ed al di là di ogni strumentalità e quando l’intento che le anima è di guardare all’inserimento in una nuova società mista e plurale.Pertanto, proprio in nome della civiltà che vogliamo potenziare, è venuto il tempo di abbassare i toni, di accompagnare la fermezza amministrativa con la cordialità dell’accoglienza, senza enfatizzare forme di non riconoscimento e di violenza anche verbale, mettendo da parte minacciosi atteggiamenti punitivi con ricorso ad armi, pignolerie burocratiche e controlli disumani verso l’indigenza”.