San Giuseppe Artigiano si interroga sui propri giovani

“Abbiamo chiesto ad animatori e giovani – i più grandi – di descrivere nel modo più dettagliato possibile qual è secondo loro la situazione dei nostri giovani, dei loro compagni di scuola o università e dei loro amici su alcuni punti: il servizio, la religiosità, i rapporti con la famiglia, il loro sentirsi come ragazzi”, ha raccontato don Vittorio Tonidandel. Il risultato è stato un dossier, di una trentina di pagine, consegnato poi a tutti i componenti del Consiglio Pastorale e diventato base per una discussione e un confronto. “Da questi è emersa l’esigenza di fare qualcosa di diverso, di particolare, con i nostri animatori più grandi, i diciottenni – ha proseguito don Tonidandel -. Abbiamo così proposto loro tre incontri “speciali”, coinvolgendoli in pomeriggi e serate, presso l’oratorio San Luigi”.Il primo incontro ha toccato il tema “Io nella mia famiglia”. “Ho notato che non ci sono grossi problemi – ha spiegato Tonidandel – e non sono emersi particolari conflitti nei confronti della famiglia, a parte le “solite” lamentele adolescenziali: i genitori si interessano troppo della scuola, vogliono sapere tutto di me e delle mie amicizie… Come educatore e responsabile ho notato però un elemento che mi fa molto pensare. Alla domanda “Con chi parli del tempo che trascorri su Internet, sulle chat, sui social?” praticamente tutti hanno risposto con “Nessuno”. Questi ragazzi passano un sacco di tempo con questi strumenti e nessuno parla con loro riguardo a cosa facciano, cosa guardino, con chi parlino, su che siti vadano. Questo mi ha fatto molto pensare e sto ragionando, per l’anno prossimo, se sia il caso di realizzare qualche attività per sensibilizzare le famiglie. Qualcosa è già stato fatto, abbiamo chiesto loro di stare attente ai regali che vengono fatti ai più piccoli in occasione delle Prime Comunioni o delle Cresime, dove spesso vengono regalati degli strumenti con ampie potenzialità e poi vengono lasciati da soli a gestirli. Sto quindi pensando se una delle proposte di formazione per i genitori – più che per i ragazzi – non possa essere la sensibilizzazione su quest’aspetto legato all’utilizzo delle tecnologie e alle nuove forme di comunicazione tra i giovani”.Il secondo incontro ha avuto come tema “Io e me stesso”: i ragazzi sono stati invitati a ragionare su come si vedono e sentono, su quali problemi e difficoltà abbiano in questo particolare momento della loro vita. “Anche qui sono emerse le tipiche problematiche adolescenziali – ha raccontato don Vittorio – , solo che risulta un po’ più accentuata rispetto ad un tempo l’incertezza sul futuro. Posso definirla la Generazione del “Boh?!”: hai già pensato a cosa farai da grande? Boh?!; Ti sei informato su come fare quella determinata cosa? Boh?!”La terza serata è stata incentrata sulla religiosità, “Io e il mio rapporto con la Chiesa e la comunità cristiana”. “E’ emersa una religiosità molto personale, i sacramenti e la Messa domenicale sono vissuti in maniera molto lontana, con una presenza occasionale”, ha chiarito il parroco. “Si incontrano con gli altri, con il gruppo, se c’è un’occasione particolare, come ad esempio qualche evento o qualche anniversario. Anche la Confessione è poco praticata, non ne sentono la necessità perché, secondo me, non hanno la dimensione del peccato”.Per aiutarli a vivere in maniera più completa il loro senso di appartenenza a una comunità, don Vittorio ha spiegato come debbano entrare in gioco due parti: la formazione personale, da realizzare con un cammino culturale sulla Chiesa e su Gesù, e la partecipazione attiva agli appuntamenti della comunità. “Un conto è un “servizio” – ha chiarito -, che loro fanno in gruppo e anche con motivazione, ma un altro conto è renderli più partecipi anche alla Messa e agli appuntamenti della Chiesa. Una strada da percorrere è quella di legarli maggiormente a un’attività di gruppo che si realizzi o subito prima o subito dopo la Messa della domenica, coinvolgendo quindi in questo momento di animazione e di incontro anche il rituale domenicale, poiché abbiamo notato come l’incontrarsi con il “gruppo” crei molta più partecipazione, da soli è difficile”.