Prendersi cura, curarsi, avere cura di sè

Il permesso premio concesso domenica 29 settembre a tre detenuti del carcere di Gorizia, è servito come esperimento sociale volto a ripensare il concetto di “sicurezza”, conferendogli un nuovo spesso e valore: il prendersi cura, il curarsi, l’avere cura di sè.Per gentile concessione del Magistrato di sorveglianza, i tre detenuti hanno potuto trascorrere un’intera giornata in uno dei più suggestivi luoghi del Friuli Venezia Giulia, coinvolgendosi nella terza giornata del 27° Convegno sulla “Sicurezza” promosso dal Centro Balducci di Zugliano (Ud) svoltosi a Mezzo Canale – Barcis (Pn) nella Casa di don Giacomo Tolloi e al Vajont.Dare visibilità ed efficacia alle misure alternative alla detenzione o ai benefici, è stato il tema affrontato nel Corso formativo tenutosi in carcere per la preparazione all’evento: ciò significa creare una cultura che alleggerisce la pesantezza del carcere dove, molto spesso, è difficile attivare una rete di comunicazione e percorsi di risocializzazione dati i limiti strutturali, logistici e di personale. Diviene così essenziale creare delle opportunità capaci di comprendere la formazione alla vita sociale, alla scoperta del proprio io e alla partecipazione collettiva per realizzare progetti comuni e alleanze con soggetti diversi.Gli organizzatori della terza giornata del Convegno erano stati informati della partecipazione dei tre detenuti che, accompagnati dai volontari don Alberto De Nadai e Stevan Stergar, con il compito di aiutare l’organizzazione, si sono messi a completa disposizione e sono stati responsabilizzati nella distribuzione del pranzo a più di duecento persone partecipanti al Convegno. Nota essenziale da dover comunicare: la spontanea volontà di celare la loro attuale condizione, evitando possibili atteggiamenti penosi e/o giudicanti, etichette che si sono volute evitare a priori. Il non presentarsi come detenuti ha concesso, infatti, una maggiore relazione frontale e sincera con i presenti.La giornata di “permesso” è stata sentita dai tre soggetti come esperimento sociale volto a constatare l’atteggiamento volenteroso dimostrato già nel corso di formazione e nei momenti di riflessione sulle battaglie umanitarie della storia che stiamo vivendo “Si-cura l’umanità e la terra”.I tre detenuti hanno avuto occasione di conoscere sia personalità impegnate quotidianamente in ambito sociale e culturale, come don Luigi Ciotti, don Pierluigi di Piazza, lo scultore pordenonese Dirindin e altri, sia episodi e luoghi della storia del territorio: la Valcellina, la tragedia del Vajont di 56 anni fa, la diga di Andreis, il lago di Barcis. Così l’esperienza si porta all’esterno del sistema penitenziario per incrociare le politiche sociali da attivare,Domenica 29 settembre 2019 è da considerarsi come evento educativo fondamentale per i processi di inclusione dei tre detenuti; esperienza che ben si sposa con il percorso formativo avviato e che non terminerà di certo, si spera. I soggetti vanno allora considerati esempi di responsabilità per il gruppo lavoro che si sta via via formando all’interno del carcere. Forse altri riusciranno ad accedere a percorsi educativi di tal genere, dimostrando uno spirito volenteroso di responsabilità reciproca e collettiva fondata sul principio “diritto-dovere”. Possiamo concludere con annotazioni e riscontri positivi: si riconosce l’efficacia di esperienze educative di questo tipo per far notare ai detenuti una dimostrazione di fiducia indispensabile per poter parlare correttamente di processo di rieducazione sociale ed individuale.È il momento di dire grazie dell’attenzione che i detenuti hanno dimostrato verso tutti. Questa iniziativa ha sottolineato ancora di più la validità di “prendersi cura” di chi, in alcuni momenti della propria vita, si è trovato in difficoltà.