La voglia di aiutare nasce dal cuore

In questi giorni la Tappezzeria Pavesi, storico negozio di tende, tendaggi, biancheria per la casa e complementi d’arredo a Gorizia, si è fatta promotrice di una lodevole iniziativa di solidarietà. Grazie ai suoi tessuti ha infatti realizzato e distribuito gratuitamente tra la popolazione centinaia di mascherine, articolo in questi giorni utile come dispositivo per contenere il contagio da Covid – 19 ma ormai praticamente introvabile.Abbiamo sentito Francesca Pavesi, titolare dell’attività, e ci siamo fatti raccontare qualcosa di più sulla nascita di questo bel gesto di solidarietà.

Signora Pavesi, com’è maturata la scelta di organizzare questo prezioso aiuto per la comunità goriziana?Nella zona più colpita dal virus, Lombardia e centro Nord d’Italia, ci sono state delle aziende come la nostra, ma anche di altri settori come le camicerie, che hanno iniziato a realizzare mascherine protettive con i materiali che avevano già a disposizione. Siccome anche qui da noi in città, già da settimane, queste mascherine erano diventate praticamente introvabili, ci siamo detti “perché no?” e abbiamo iniziato anche noi a produrle.Abbiamo iniziato a farne dapprima solo qualcuna, poi la voce si è diffusa e abbiamo cominciato ad ampliare di più la distribuzione, che è stata totalmente gratuita. Nasce tutto dal cuore, dalla voglia di aiutare in questo momento così particolare tutta Gorizia.Abbiamo ancora un po’ di materiale a disposizione ma, con l’ultimo decreto che ha messo in atto ulteriori restrizioni alle attività non indispensabili, la nostra è compresa nell’elenco delle chiusure, pertanto fino al 3 aprile non possiamo né produrle né distribuirle. Successivamente, appena ci sarà la possibilità di riprendere, proseguiremo con questa iniziativa.Che materiali avete utilizzato per produrre queste mascherine?Si tratta di un tessuto – non tessuto a base cartacea, un materiale che utilizziamo nella produzione di salotti, sedie… che si colloca sotto le imbottiture. Ha lo stesso principio dei tessuti a base cartacea con cui vengono prodotte le mascherine chirurgiche; ne esistono varie grammature: quella più leggera, solitamente usata per le mascherine, questa che abbiamo noi che è più grossa, e poi ancora più pesanti.Questa è una soluzione ideale come copertura e, anche se a base cartacea, è piuttosto resistente ed è lavabile per un paio di volte, avendo magari l’accortezza di non lavarla a temperatura troppo elevata ma sotto l’acqua corrente con dei detergenti appositi per la disinfezione.

Quante ne avete distribuite? C’è qualche storia che vi ha particolarmente toccato?Ne abbiamo distribuite almeno un migliaio. Abbiamo fatto delle donazioni anche alla Croce Rossa e ad altre associazioni che operano a contatto con le persone. Trovo assurdo che un’organizzazione come appunto la Croce Rossa, per il tipo di servizio che offre, non abbia a disposizione le mascherine protettive, così come, per esempio, la Protezione Civile a cui anche abbiamo fatto una donazione.Siamo un po’ tutti “sulla stessa barca” in questa vicenda, nel senso che – per i più svariati motivi – ci troviamo tutti ad avere bisogno di una mano in tutto. Questo è stato un piccolo aiuto che noi abbiamo potuto dare ad altri, non solo tra la cittadinanza ma anche appunto ad associazioni di volontariato, alla Polizia stradale, alla Polizia carceraria… Non è pensabile che queste persone siano costrette ad operare senza gli adeguati strumenti per poterlo fare.

Quando tutto questo sarà finito, come crede cambieranno le nostre vite?Io credo che questo periodo che ci troviamo a vivere ha sicuramente fatto riscoprire a tante persone delle cose che si stavano un po’ perdendo, come la bellezza dello stare insieme, dello stare in casa, dello stare in famiglia. Siamo tutti ormai sempre presi da una vita frenetica, dove non ci si può fermare e spesso è fonte di stress.Il fatto di avere ritmi diversi, di potersi “godere” la propria casa, non guardiamolo come un dovere ma come un piacere, cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno in tutto questo che ci sta succedendo.Ovviamente è innegabile che, lavorativamente parlando, i pensieri e le preoccupazioni per il domani siano tanti, penso soprattutto ai titolari di partita IVA.

Parlando proprio di lavoro, la vostra è un’azienda che vanta più di 70 anni di storia. Oggi, a suo avviso, questo “stop” dato dal coronavirus sta facendo – o farà – in qualche modo reinventare le occupazioni nel nostro Paese?Sicuramente. Oggi come oggi le aziende, in particolar modo le artigiane, devono anche un po’ modificarsi e reinventarsi in base alle esigenze di mercato, a seconda della domanda e dell’offerta.La mia speranza è che tutto questo passi presto e si possa tutti noi riprendere una vita “normale”, che si possa riprendere a produrre. Mi auguro che, quando tutto questo sarà finito, i goriziani si ricordino anche degli artigiani e dei piccoli negozietti “sotto casa”, che in questo periodo di isolamento sembrano aver riscoperto. Spero che questo rimanga, che diventi nuovamente un’abitudine quella di comprare in città e non fuori, per aiutarla a far girare e a risollevare la sua economia. Così facendo magari pian piano si rialzeranno serrande ora chiuse, apriranno anche attività nuove, perché Gorizia è una bella città, si sta bene.Potrebbero poi essere organizzate cose molto belle, anche calendarizzate come appuntamenti fissi durante l’anno. Penso ad esempio a delle mostre mercato settoriali, sull’artigianato locale, o sull’antiquariato ben strutturato, facendo riscoprire la città anche sotto altri aspetti, facendo sorgere nei cittadini e nei visitatori provenienti da fuori l’abitudine a frequentarla.La prima volta sarà probabilmente dura, complicata, ma poi andrà sempre meglio, ne sono sicura.