Ripartire, iniziando dai giovani

Questa estate si sta chiudendo portandosi dietro tanti ricordi e tante esperienze vissute dai ragazzi e dai giovani delle nostre comunità. I campi montani a Fusine, quelli degli scout, il Grest hanno visto la convinta partecipazione di animatori, capi e ragazzi. Nei tre campi tenutosi a Fusine hanno partecipato 116 ragazzi, altrettanti al Grest ai quali bisogna aggiungere una settantina di animatori. Decine tra lupetti e lupette, esploratori e guide, rover e scolte del Cormons 1° hanno preso parte alle attività estive che hanno avuto come punto di riferimento il villaggio di Cesclans. Nel parliamo con il parroco mons. Paolo Nutarelli, che in qualità di responsabile ha coordinato e partecipato a queste iniziative.”Quelli vissuti sono stati giorni strani, ma forse perché strani sicuramenti più belli. A marzo, in piena emergenza da coronavirus, questi campi era impossibile farli ma, poi si è aperto uno spiraglio, e ci siamo convinti che potevamo e dovevamo farli. E ora diciamo grazie al Signore per aver organizzato e portato a termine questo progetto”.

Qual è stata la spinta che ha fatto vincere i timori e preoccupazioni dettati da questa emergenza sanitaria?Non è stata una scelta facile e presa a cuor leggero, i paletti erano tanti e in Diocesi e in Regione tutto era fermo ma, in questa estate particolare dopo il lockdown, la necessità educativa era così forte che non potevamo dire di no. Dovevamo ripartire.

Dunque, era importante ripartire?C’èoggi una grande emergenza educativa alla quale come comunità cristiana abbiamo il dovere morale di rispondere. Lo abbiamo fatto con un lavoro a livello diocesano, con corsi formazione per educatori che si è svolto proprio a Cormons. E quando la Regione ha dettato le regole che ci permettevano l’organizzazione dei campi estivi eravamo pronti per partire, anche se i tempi erano stretti. Ma investendo energie e idee il Ric Cormons ha potuto così offrire un’esperienza di socializzazione e di formazione umana e cristiana.

Tanto coraggio ma anche tanta responsabilità…Abbiamo seguito scrupolosamente tutti i protocolli, ma devo sottolineare che c’è stata quest’anno una corresponsabilità, e questa parola a me piace, che ha coinvolto tutte le parti, io come parroco, ma anche gli animatori e le famiglie. E vorrei sottolineare un’altra cosa…

Quale?Questa emergenza sanitaria ha aiutato a far capire che da soli non si va da nessuna parte. Se io devo seguire le regole lo faccio non per difendermi ma per difendere gli altri. E questo i ragazzi lo hanno capito: mantenere le distanze, indossare in determinate occasioni le mascherine, lavarsi bene le mani, ecc. non sono state solo delle semplici regole da rispettare e far rispettare, ma sono state opportunità educative. E i ragazzi, proprio in questa occasione di emergenza che è ancora in coro, hanno potuto comprendere meglio l’importanza della sicurezza e dell’attenzione nei gesti per difendere non solo se stessi ma soprattutto gli altri.

Il lungo isolamento dovuto al lockdown ma anche il perdurare dell’emergenza hanno avuto riflessi anche sulla vita comunitaria che si è chiusa in sé stessa. Lei che sempre, ad ogni occasione, sottolinea l’importanza di essere comunità, cosa ne pensa?Questi mesi ci hanno insegnato che dobbiamo riscoprire l’importanza di essere comunità. Dobbiamo, non appena ci sarà permesso. favorire gli incontri tra la gente, la gente deve ritrovarsi. La crescita della comunità è fondamentale e dobbiamo adoperarci per favore questa crescita.