Professione solenne di fra Vitale a Barbana

Vivere su un’isola offre innumerevoli possibilità. Pregi e difetti, da un isolamento più marcato con la necessità di suddividere tempo e beni in base agli ’arrivi’ di materiale fino alla maggior disponibilità di momenti di riflessione, studio e preghiera. Così la famiglia benedettina, che negli ultimi mesi ha definitivamente preso possesso del Santuario mariano di Barbana, continua instancabile nella propria regola. Ovvero pregare e lavorare, ’Ora et Labora’, come ripete la costante di San Benedetto. Ma anche a vivere, cosa che sulla terraferma è assai più difficile. Così al termine dell’Ottava di Pasqua, nella Dominica in Albis, fra Vitale dos Santos Arruda, OSB, ha celebrato la sua Professione Solenne ricevendo la Consacrazione Monacale. Una cerimonia decisamente particolare, inserita all’interno della celebrazione liturgica, e segno della tradizione secolare che anche la Congregazione Benedettina del Brasile, della quale il gruppo presente a Barbana fa parte, porta avanti. La Santa Messa è stata seguita online da oltre quattrocento persone, anche se non tutte allo stesso momento, con la diretta streaming che la Parrocchia di Grado ha deciso di regalare ai monaci in segno di amicizia e di collaborazione fraterna tra realtà vicine. Va ricordato, infatti, che il Santuario Mariano è inserito nella Parrocchia gradese, seppur con una propria autonomia, e la collaborazione instaurata tra il parroco, monsignor Michele Centomo, presente a Barbana assieme al vicario parrocchiale don Nadir Pigato, e il Padre Priore, dom Benedetto de Lyra Albertin, saprà dare col tempo ottimi frutti. Per adesso, nel periodo particolare del Coronavirus, un segno importante è arrivato proprio da questa trasmissione, offerta a gradesi e non solo, per essere vicini sia alla famiglia benedettina che alla Regina della Laguna, venerata da secoli ma con ancor più fervore in questo momento storico. “Ci troviamo a Barbana perché, come parrocchia, abbiamo deciso di partecipare a questo momento di festa per gli amici benedettini ed essere loro vicini – ha ricordato il parroco nel messaggio registrato e mandato in onda poco prima della celebrazione. “La fede è il rischio di essere felici: la famiglia benedettina, con questo particolare rito, ce lo ricorda. La nostra fede ha bisogno, però di cibi: e San Luca ce lo ricorda. Ascoltavano la Parola di Dio e sapevano sopportare le fatiche quotidiane nella preghiera, che è il dialogo più bello con Dio che ci è padre e madre”.”Ricevere la consacrazione monacale – ha sottolineato il Padre Priore, dom Benedetto – vuol dire diventare un monaco a tutti gli effetti”. La celebrazione, infatti, prevede due momenti distinti. Il primo, prima dell’omelia, in cui il futuro monaco risponde ad alcune domande da parte del Priore. Il secondo, invece, dopo l’omelia. Nei vari momenti la lettura del Salmo in cui il futuro monaco chiede al Signore di accoglierlo e la lettura di una pergamena, preparata proprio dal monaco. Fra Vitale, nella preparazione, ha inserito nella miniatura del capolettera anche il motto e lo stemma dei benedettini di Barbana. Tra i momenti, toccante la ’sepoltura rituale’, durante la quale il futuro monaco è ricoperto da confratelli con un telo nero e attorniato da quattro candele, come durante i riti funebri, salvo poi ’rinascere’ a vita nuova, ovvero alla vita monacale. A testimoniare l’avvenuta consacrazione anche i confratelli padre Angelo e padre Emmanuele Maria Cortesi. Quindi la pergamena è posta sull’altare, sotto il corporale, fino alla fine della celebrazione.”Nei Vangeli di Giovanni alcuni capitoli, dal 13 al 17, quelli che precedono l’arresto di Nostro Signore, sono occupati da alcuni dialoghi tra Gesù e i suoi. Ci fanno vedere la profonda relazione che c’è fra di loro. Nostro Signore parla loro del Padre, dello Spirito, ma parla anche di come sarà la vita dei discepoli nel mondo dopo la sua partenza. Un dialogo molto intimo, che descrive una relazione intensa – ha sottolineato dom Benedetto nell’omelia. “Con la croce il dialogo si interrompe, diventa muto. Ma con la Risurrezione Nostro Signore riprende parzialmente e gradualmente, in un modo nuovo, la relazione con i discepoli. Ci troviamo di fronte ad una comunità frammentata: quando il Signore viene qualcuno manca. Il Signore torna quando ci sono tutti, quando tutti lo incontrano, nessuno escluso. Non basta che siano gli altri a raccontarla: questa esperienza è personale e deve accadere dentro alla comunità, alla Chiesa, assieme agli altri che, come noi, camminano nella fede. Nel Vangelo dell’Ottava il Signore è risorto e per tutti è vita e pace, ma solo chi entra in contatto con lui può entrare nella sua vita risorta: San Tommaso ha bisogno di passare dall’incredulità alla fede. Questo passaggio, però, non è possibile se lui non tocca le piaghe del risorto, cioè il mistero dell’amore che si è compiuto nella Pasqua. Quel mistero per cui il Signore ha donato la vita ed è nuovamente in mezzo ai suoi. Come la relazione tra Gesù e il Padre è incrollabile così è la relazione tra Gesù e i suoi. Il nostro santo Padre quando, nella regola, parla del tempo pasquale, ci ricorda che senza interruzione si deve cantare: Alleluja! Come se si dicesse che la Pasqua deve essere continua nella vita monastica, toccando nelle piaghe del Signore, nella Croce, con l’offerta continua di se stessi. Non devi dimenticarti, fra Vitale, dove hai posto la pergamena: nell’altare, sotto il corporale, dove il tuo Signore si offre a te, nel sacrificio della Santa Messa. Lì deve essere il tuo cuore, la tua forza, la tua vita. La vita monastica è vissuta sempre nell’altare, nel nascondimento prezioso, uno col Signore”, ha concluso dom Benedetto.