Otto chiese “di confine”: nuove formule per antiche vie

Una quarantina di persone ha preso parte ad una forma moderna di pellegrinaggio: nuove formule per antiche vie, perché si è andati, per la gran parte dell’itinerario, su strade campestri che un tempo erano le vie abituali di collegamento fra paesi. L’iniziativa, studiata per i tracciati antichi da Marco Bregant, aveva un nome che da queste parti suona familiare : “Chiese di confine”. Qui i confini, in cinque secoli, hanno avuto cambiamenti repentini (si pensi al periodo napoleonico) anche se la costante è stata d’ incontro fra culture: quella latina ad ovest con la tedesca, slava e ungherese a est. I cambiamenti, nei secoli, sono stati tali che quattro paesi, dei territori visitati non esistono più: Ronchis, San Lorenzo e Palmada intorno a Palmanova e Sdugnins fra Sottoselva e Jalmicco. La Confraternita di San Jacopo di Compostella, l’Associazione “Iter Aquileiense”, il sodalizio Connessioni-Circolo Mario Fain, il Gruppo “I Scussons” e la Associazione “Terre sul confine”, insieme con la Collaborazione Pastorale di Palmanova, e le Parrocchie  di Visco e San Vito al Torre-Nogaredo hanno conosciuto otto chiese: il duomo di Palmanova, la parrocchiale di Santa Maria Maddalena e la chiesetta di Santa Maria della Vittoria e della Pace a Jalmicco, le cappelle di Sant’Anna, della Madonna Lauretana, le chiese di Ognissanti e di Santa Maria Maggiore a Visco, e la parrocchiale dei Santi Vito e Modesto a San Vito al Torre, tutto in cinque ore e mezza.Cammino senza ritmi frenetici in una giornata splendida e non fredda, che ha acceso l’attenzione per questi monumenti che parlano di tempi, di storia, di corpi e di anime legati da una fede comune, anche se a volte vissuta entro confini diversi: Veneta (1593-1797) Palmanova, poi italiana dal 1866; austriaca Jalmicco (1521-1866), come Visco e San Vito (1521-1921). Spettacolare il duomo di Palmanova, eretto nella prima metà del Seicento, con un interno ad aula unica dove si respira proprio, con un senso dello spazio che lascia senza fiato, l’incontro dell’uomo con Dio. A Jalmicco, in una chiesa che subì l’incendio nel 1848, descritto da Caterina Percoto, rimane un altare del Settecento, di scuola goriziana: mostra di che cosa fossero capaci le plebi di allora aggrappate alla speranza in una vita di insidie da uomini e natura.Le quattro chiese di Visco raccontano di secoli in cui ce n’erano anche altre due, dedicate a San Martino (di una rimane una statua lignea cinquecentesca ora nella parrocchiale; dell’altra, eretta per il campo di concentramento nel 1943, ci sono solo le fondamenta e una lapide che narra di un restauro nel 1952). Tre chiese un una a San Vito, con tracce ancora visibili (oltre la attuale) in affreschi del Cinquecento (con una delicata Natività) e del Settecento.Preghiere individuali nelle chiese visitate, ma anche collettive: una Ave Maria a Palmanova, insieme con il parroco mons. Angelo Del Zotto e una breve riflessione sul pellegrinaggio a Visco, con il parroco don Cristiano Verzier.Nelle varie chiese sono state illustrate le vicende dei confini, l’organizzazione ecclesiastica e la storia sociale e religiosa delle comunità.È stato un pellegrinaggio, ma anche la visita a un patrimonio da difendere e valorizzare.