La forza della fede e delle tradizioni

Se tornassimo indietro nel corso dei secoli alle prime edizioni, se così si possono definire, del Perdon di Barbana, credo rimarremmo sconvolti. In positivo o in negativo, ciò sarebbe relativo e singolarmente opinabile.Certo è che la fede, la sua presenza e posizione nella Società e la sua manifestazione avrebbero un gusto del tutto nuovo all’occhio del visitatore contemporaneo. Annualmente il corteo viene etichettato con un numero. “784!”, per il 2021. Una sorta di conteggio che ricorda da un lato la storicità e l’importanza del voto, dall’altra la tenacia e la serietà di una comunità nel portarlo avanti.Due guerre mondiali, pestilenze, pandemie e, parafrasando una celebre scena recitata da Paolo Villaggio, “chi più ne ha più ne metta”, si sono posti come scogli difficili da superare di fronte al corteo impavesato a festa. Che, evidentemente, li ha tutti superati egregiamente. Ma il Covid è sembrato, per due edizioni, addirittura più inscalfibile della fame e dei bombardamenti, delle invasioni e delle pestilenze più morbose. Tanto da modificare vari aspetti, dai più piccoli e meramente organizzativi fino all’effigie che viene portata a Barbana. Dopo una settantina d’anni la Madonna degli Angeli che si era rovinata nel 1949 al rientro proprio dall’Isola-Santuario, è uscita nuovamente e restaurata. Meritevole di lode il lavoro dei Portatori, della Parrocchia e dei vari volontari che hanno dedicato tempo e sudore per la fede della comunità. Scelta dettata dall’impossibilità di essere in tanti a trasportare l’effigie di Ortisei – quella custodita e venerata quotidianamente in basilica, per intenderci – decisamente più pesante e di stazza maggiore. Così si è dimostrato, dopo decenni, che non sono le tradizioni a plasmare l’uomo e la fede, casomai il contrario, che nulla di umano è “confirmata in saeculum saeculi”, semmai “facta in veritate et aequitate”. Che niente, cioè, è “immutabile, nei secoli, per sempre”, casomai è “eseguito con fedeltà e rettitudine”.I riti esprimono la bellezza delle emozioni, trasformano le richieste del cuore e i palpiti dell’anima in parole e, se seguiti dai gesti in coerenza, dimostrano la fede. Così una processione votiva del Duecento esprimeva una fede contemporanea tanto la presenza, ancora folta ed emozionata, di fedeli alla partenza e al rientro del corteo dimostrano la validità di un evento simile. Con tutti gli accorgimenti – tralasciamo pure il Covid in sé – che ci possono essere per il terzo millennio. In un momento storico in cui tutto è “liquido”, impalpabile e fuggevole, social e a tempo, sempre più breve, un messaggio sempre valido viene dal Vangelo e dalla sua applicazione nel quotidiano, unendolo alle espressioni esterne, finché la comunità ne sentirà il bisogno. L’appello accorato lanciato domenica 4 luglio da sindaco di Grado, dal Presidente dei Portatori della Madonna e da chiunque si trovi a lavorare gratuitamente nel volontariato per la buona – e bella e giusta – riuscita di qualunque manifestazione, da religiosa a civile, per un ricambio generazionale che avvenga presto deve aver colpito i più, ugualmente anziani, per la maggior parte. Se il raccolto scarseggia bisogna uscire dalla bolla che spesso, quando le cose vanno bene, ci si crea e lasciare che lo sguardo capisca in quale direzione agire.Ne abbiamo viste di processioni, per citare un esempio, ma potremmo parlare di vespri, sagre, manifestazioni di vario tipo, finire o – ancor peggio – trascinarsi in un’agonia malata che ammala anche chi la perpetra cercando di salvare capra e cavoli, non vedendo che le capre sono fuggite e i cavoli marciti. E quando vi è la presenza di collaboratori, anche giovani, magari li si allontana per chissà quale paura.Il buon lavoro e la tenacia che hanno consentito al Perdon di mantenersi vivo e saldo fino ad oggi sono un esempio per l’intera realtà diocesana e speriamo che l’appello sia stato recepito e che, anche timoroso ma con buona volontà, qualcuno si possa avvicinare allo stipite della porta chiedendo: “serve una man?”.