Quando Storia della Chiesa e dottrina non si contraddicono

La storia della Chiesa non è solo una disciplina, è anche una storia, ed ogni storia e storia di salvezza, quando non si riduce allo scontro tra vinti e vincitori o non pretende di esaurirsi in tesi ideologiche, ma si fonda proprio su quelle inestricabile ma comunque che contiene i segni del definitivo, cioè sull’incontro tra l’iniziativa amorosa e misericordiosa di Dio e la volontà umana.  L’esito, appunto, è soprattutto di salvezza; nel senso che negli eventi emerge forte e indistruttibile quel filo rosso che, passando il più delle volte attraverso i fatti, contribuisce a costruire le vicende di Dio e dell’uomo.È stato così anche per il ciclo (una due giorni) che ha interessato un gruppo di insegnanti di religione della diocesi ed alcuni appassionati sul tema della prima guerra mondiale. Un progetto coordinato dall’Istituto di studi “Luigi Sturzo” e che ha fatto capo anche a Gorizia alla presenza dell’arcivescovo Carlo. Nella prima delle due serate, i giovani ricercatori Marco Plesnicar e Ivan Portelli hanno aiutato i colleghi insegnanti ed i ricercatori a cogliere nella dimensione locale della storia non un localismo irresoluto ma una quantità di elementi per comprendere la storia nella accezione più ampia e, soprattutto, nel modello teologico della riflessione.La guerra 1914-18, come si sottolinea dalle nostre parti allargando lo spazio di ricerca che, oltre a dire tutta la follia della guerra ne allarga i contenuti, sia per il necessario sguardo internazionale che la storia impone (coinvolgimento dei militari e delle famiglie nelle file dell’esercito austroungarico sul fronte della Galizia), sia per l’allargamento della riflessione alla ricerca delle motivazioni storiche; senza dimenticare che la stessa rievocazione storica non deve passare attraverso revisionismi, ma sostanziarsi in una autentica purificazione della memoria per ridimensionare fatti e ricostruzioni, eventi e manifestazioni, soprattutto ricostruzioni storiche stabilite a tavolino in nome e per conto del vincitore di turno.La prima comunicazione (curata da Marco Plesnicar sul ruolo della S.Sede nella prima guerra mondiale) ha consentito di vedere nell’azione del papa (dal morente Pio X a neoeletto papa Benedetto XV – nella foto) una continuità ed una novità: presa d’atto che il conflitto vede fratelli  contro fratelli (figli della Chiesa e battezzati) e che quindi si doveva dare una svolta, al di là di ogni interesse e posizione, sopra gli schieramenti per la difesa della dignità della persona umana e al di là di ogni distinzione di razza e religione. Si matura una nuova visione sulla guerra (repulsione) e la ricerca del compito specifico della chiesa in queste situazioni.Accanto a questa, vengono a galla le posizioni delle singole Chiese locali nei due schieramenti che si contrappongono: ognuno a fianco del proprio Stato o governo nel tentativo di essere sempre concretamente dalla parte della gente. Una posizione che continuerà attraverso l’opera a favore della gente in arme, delle loro famiglie e della situazione dei prigionieri. Il Goriziano – come ha ricordato il prof. Ivan Portelli – vive una stagione caratterizzata da una società capace di dialogo e di incontro; la presenza della Chiesa è caratterizzata dalla presenza di iniziative con diverse caratteristiche, con una presenza politica ed istituzionale forte caratterizzata da un lealismo sincero, nella diversità, verso il governo di Vienna.Allo scoppio della guerra il capitano della Dieta provinciale è Luigi Faidutti, sacerdote e capo del partito popolare. Il vescovo Sedej non solo non può non tenerne conto, ma anzi vi riconosce una autorità con la quale collabora e chiede di collaborare attivamente. I modi saranno diversi a partire dalla attenzione verso i profughi (oltre diecimila nel Goriziano, in un Europa che registrerà in quegli anni 2 milioni di profughi!), nell’assistenza alle famiglie, agli esuli di Wagna e di altri centri profughi, nel rapporto stretto con le comunità mai abbandonate a se stesse… E così fino alle vicende della conclusione della guerra.Invece la seconda serata ha riguardato una lettura dei pronunciamenti del magistero della Chiesa sul tema della pace, a cura del prof. Franco Gismano. Una lettura impegnativa e intelligente: da Bendetto XV e viva fra i Papi del novecento, da Giovanni XXIII ed il Concilio, a Paolo VI ed a Giovanni Paolo II ma anche Benedetto XVI e papa Francesco. Una carrellata di interventi e di puntualizzazioni intente a cogliere non solo lo sviluppo del pensiero e delle preoccupazione pastorali (e quindi teologiche) ma soprattutto la prassi. Tre elementi sono stati posti fra le cause dei conflitti di ieri e di oggi (la “terza guerra mondiale” in atto come sottolinea il papa Francesco: lo sfruttamento e gli attacchi alla vita umana a causa delle possibilità dello sviluppo tecnico; la irreversibilità della globalizzazione che si pensava di governare con il mercato; la caduta di ogni muro che pensava ad una pace fondata sulla deterrenza messo in crisi dal fatto di non avere ridotto il divario fra  nord e sud, est e ovest. Il percorso puntuale ha consentito agli uditori di cogliere quattro passaggi rilevanti della teologia per affrontare le sfide della violenza e la domanda di pace: quest’ultima non può che essere nella piena realizzazione delle beatitudini e nella nuova creazione proclamata dalla resurrezione, con il ripudio di ogni violenza e con nuovi criteri di giustizia. Il percorso tracciato dal teologo e moralista ha favorito una lettura sapienziale dentro ai singoli magisteri del Concilio o dei Papi e, soprattutto, di misurarsi, davanti ai rischi del futuro (appunto la”terza guerra mondiale”) con la consapevolezza il grido di Dio non solo non sarà inascoltato ma diventa giudizio sulla storia, anche attraverso l’apporto di ciascuno e di tutti (e in particolare della Chiesa).