In mostra “gli animali della nobiltà”

Gli animali sono da sempre considerati fedeli amici e compagni dell’uomo ma in passato – per sovrani e aristocratici – erano anche simboli di ricchezza, gloria e potere, spesso trasposti, nei secoli, anche nelle arti. Ed è proprio agli animali che la Fondazione Palazzo Coronini Cronberg dedica il nuovo allestimento espositivo “Gli animali della nobiltà. Dalla caccia al salotto tra status symbol, allegoria e affetti”. Curata da Cristina Bragaglia Venuti, la mostra, visitabile fino al 9 gennaio 2022 e ospitata presso le Scuderie e il Palazzo, ricostruisce con oltre 200 opere tra dipinti, stampe, argenti, vetri, gioielli, armi e fornimenti equestri il ruolo affettivo, simbolico e sociale che cani, cavalli e specie esotiche quali scimmie e pappagalli svolgevano nella vita quotidiana delle classi più elevate.La mostra – realizzata sia con pezzi propri che in prestito da belle collaborazioni, come quella con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio FVG, alcuni dei quali esposti per la prima volta – si sofferma innanzitutto sul tema degli animali domestici. Come illustrano alcuni dipinti, i cani erano spesso esibiti nei ritratti non solo come attestazione di lusso e prestigio, o ancora simbolo di fedeltà, ma anche come testimonianza dell’affetto che i padroni nutrivano nei loro confronti.Ancora più dei cani, i cavalli fin dall’epoca classica, hanno rappresentato il concetto di regalità. Ne sono esempio alcune opere in mostra, proprietà della Collezione Coronini ed esposte per la prima volta: delle preziose stampe di Goya che ritraggono alcuni regnanti di Spagna e il quadro di grandi dimensioni “Ritratto del cardinale infante Ferdinando d’Austria” dell’ambito di Gaspar de Crayer, che, come ha illustrato la curatrice Bragaglia, è riconducibile alla Scuola di Velazquez. Il dipinto è stato recentemente restaurato grazie al progetto “Il panettone del Conte” che, in collaborazione con la pasticceria “L’Oca Golosa”, attraverso la vendita dei dolci tipici nel periodo natalizio sostiene il recupero di alcune opere della Collezione.L’equitazione, in tempi più recenti, venne poi praticata dalle classi elevate anche come attività sportiva e ricreativa e la passione per tale attività ispirò tra ’700 e ’800 un nuovo genere figurativo, denominato “sporting art” che, come illustrano alcune opere presenti, si espresse soprattutto in ritratti equestri in cui veniva evidenziato l’aspetto anatomico del cavallo e nella raffigurazione del pittoresco mondo delle corse.Un posto di rilievo nell’esposizione è riservato poi alle attività venatorie, “passatempo” preferito in passato da nobili e aristocratici, tanto uomini quanto donne. La caccia si ritrova in dipinti di soggetto mitologico, in nature morte con selvaggina, nei ritratti con falconi ma anche in colorati bicchieri di cristallo prodotti in Boemia, fino agli strumenti con cui veniva praticata, come le armi da fuoco, di cui si conservano nelle collezioni Coronini alcuni interessanti esemplari come ad esempio “il curioso prototipo di fucile a 13 canne per la caccia agli uccelli d’acqua, progettato e brevettato nel 1882 da Arturo Coronini”, ha raccontato Bragaglia.La ricchezza delle collezioni Coronini consente inoltre di scoprire come i riferimenti al mondo animale fossero costantemente presenti nella vita della nobiltà attraverso gli oggetti di uso quotidiano, come ad esempio sulle tavole, con un evidente e immediato riferimento al cibo con pesci, galli, galline, mucche, corna di cervo; accanto a questi animali della quotidianità, anche riferimenti a creature fantastiche e mitologiche quali grifoni, sfingi, arpie o sirene, che trovano posto su mobili, candelieri e saliere…Non mancano infine in esposizione gioielli con motivi zoomorfi, molto diffusi anche per il significato simbolico associato ad alcuni animali, come ad esempio il serpente, riprodotto su bracciali e anelli per la sua associazione al concetto di infinito e quindi a un legame affettivo duraturo.Tra le curiosità della mostra, alcuni atti della “Società di Diana Cacciatrice”, sorta verso il 1780 a Gorizia per mano di Lantieri, Porcia e Attems; “il sodalizio – ha spiegato la curatrice – per circa un ventennio, conobbe grande fortuna, tanto da aprire diverse succursali, tra le quali una a Lubiana e una a Napoli”.La mostra è promossa in collaborazione con Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio FVG, Archivio di Stato, Musei Provinciali – Servizio Musei e archivi storici di ERPAC, Fondazione Carigo, Comune di Gorizia e Società di Minerva di Trieste, con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. È visitabile da mercoledì a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18; per informazioni e prenotazioni scrivere a info@coronini.it o telefonare allo 048153348.