Franco Peradotto testimone del Concilio

Un angolo (Torino e la società e chiesa subalpina) che diventa lo specchio straordinario di una vita e di vicenda singolari che non si racchiudono ma scoprono e metto in risalto una storia quella appunto della comunità ecclesiale del novecento prima e dopo il Concilio e di oltre cinquanta anni di storia del Paese, l’Italia del tempo. Uno specchi verace e anzi ricco di dati e notizie che indispensabili per quanti vorranno descrivere e soprattutto capire un ’epoca. Ancora più autentico e vero, perché di solito la prospettiva tende a chiudersi per chi lo vive e chi lo racconta in un monumentale racconto (otre cinquecento pagine e una bibliografia eloquente): è il caso della biografia di un amico grande nell’amicizia e nella testimonianza: Franco Peradotto, sacerdote e giornalista (1928-2010) e del suo autore il giornalista e sacerdote Pier Giuseppe Accornero.L’autore si qualifica -come ha scritto nelle recensioni Civiltà cattolica (marzo 2018) – con queste parole:”È merito di Accornero l’aver squadernato con ricchezza di particolari il testo e il contesto in cui la figura di don Peradotto ha lasciato tracce profonde, che il lettore saprà ricostruire con un’esplorazione giudiziosa. Così si troverà di fronte al nostro Paese e alla nostra Chiesa nel travaglio di tutta un’epoca.” E conclude: “È merito di Accornero l’aver squadernato con ricchezza di particolari il testo e il contesto in cui la figura di don Peradotto ha lasciato tracce profonde, che il lettore saprà ricostruire con un’esplorazione giudiziosa. Così si troverà di fronte al nostro Paese e alla nostra Chiesa nel travaglio di tutta un’epoca.” Un giudizio condivisibile, che anzi si conferma alla letture del voluminoso testo, che resta un racconto di un amico e di un fratello, di un collega e di un figlio che riconosce una paternità così singolare.Don Franco Peradotto è un prete, canavesano come amava definirsi, classe 1928, studi in seminario a Torino e ordinazione presbiterale nel 1951. Cappellano nella periferia della città della Fiat negli anni delle migrazioni, ma legato anche agli ambienti dove si elabora la pastorale, si agita un mondo in trasformazione (cultura e sindacato, partiti) e vive l’associazionismo cattolico intensamente impegnato. La sua vita si lega a quella di cinque arcivescovi e cardinali-  Maurilio Fossati, Michele Pellegrino, Anastasio Ballestrero, Giovanni Saldarini e Severino Poletto -, che dimostrano fiducia nelle sue qualità affidandogli rilevanti incarichi pastorali (assistente dei laici e di Aci, vicario generale e direttore della curia), insieme con la direzione del settimanale diocesano La Voce del Popolo ed in collaborazione con una corona di altre iniziative diocesane. La personalità e l’opera di don Franco Peradotto -oltre a scoprire persone e ambito di impegno nel nuovo contesto e alla luce del Concilio che egli vive profondamente nella chiesa torinese- si allarga presto ad un contesto più ampio e singolare: la società e, anche in parte rilevante, la chiesa in Italia. Il suo nome comincia ad apparire come relatore ed esperto in convegni ed appuntamenti; egli si spende per farsi portatore del messaggio conciliare e il suo ruolo in diocesi assume rilievo e consenso fino a meritargli responsabilità e compiti. Parla alle associazioni ed alle diocesi, diventa interlocutore apprezzato di pastorale e di cultura, di impegno politico e civile. Il libro raccoglie i particolari di questo allargamento di orizzonti e di magistero; soprattutto ne documenta l’entità e la profondità; non mancano certo le occasioni per trovarsi nei momenti topici della vita della chiesa del dopo concilio che egli percorre in modo continuativo e lasciando il segno. Così come la direzione del settimanale diocesano: di più diventa il primo presidente nazionale della federazione dei settimanali e ne traccia il percorso; diventa interlocutore dei direttori diocesani e li aiuta a superare le difficoltà organizzative e soprattutto a ritrovare i contorni dei contenuti e del linguaggio della comunicazione. Un ruolo che è diventato decisivo per la sopravvivenza dei giornali locali e diocesani.Una posizione impegnativa sul fronte interno ed esterno della chiesa torinese e subalpina e di quella nazionale; non mancano certo gli ostacoli e le opposizioni, soprattutto le resistenze. La sua presenza accanto al cardinale Pellegrino gli valse la certezza di non diventare vescovo; la sensibilità verso la città e la diocesi di Torino gli garantì di avere aperti confini e soprattutto animi; l’incontro con lui era certo quello di un maestro di vita oltre che di un esperto appassionato e convinto. Chiarezza di idee e franchezza non gli sono mancate. Anzi, senza guardare in faccia a tornaconti personali e tantomeno di carriera. Dal libro si acquisiscono l’ampiezza di questa testimonianza anche la fragranza tutta ecclesiale -cioè comunitaria- di un vero e proprio magistero di teologia pastorale, di cultura e di vita.Dietro alla vita di un prete semplice e buono non è difficile leggere insieme le trasformazioni del tempo, le linee di una spiritualità diocesana del clero, le relazioni ecclesiali malate di clericalismo, le crisi dentro alla vita della chiesa e della società, la missione dei laici cristiani, molti momenti di crisi e le linee delle trasformazioni in atto: Franco Peradotto oltre a sperimentarle su di sé, ne ha dato testimonianza scrivendo per tutta la vita, cioè impegnandosi di mettere in comunicazione idee e propositi, critiche e proposte.  Un modo per restare vivo come la sua memoria.Pier Giuseppe Accornero, Franco Peradotto, prete giornalista e il suo tempo. “Un cuore grande così”,  Cantalupa (To), Effatà, 2018, 544, € 28,00.