Uomo di lettere ma vicino alla gente

Quando mi telefonava don Renzo Boscarol, salutava e dopo il cortese “Come stai?” veniva sempre la sua richiesta: “Fammi un pezzo su…!” Oppure esordiva: “Mi fai una traduzione in sloveno?”. Non chiedevo mai per quando dovevo fargli il “pezzo” o la traduzione, una volta mi ha risposto: “Sarebbe bello se me lo facevi per ieri, ma ti do due giorni, fammelo, dai!”Era così il nostro don Renzo. Sempre sul pezzo, come si usa dire.Lui era giornalista nato, intendo come giornalista della carta stampata. Forse sarebbe bello adesso pubblicare una foto della sua scrivania dove scriveva, piena di giornali, ritagli di giornali, foto dei giornali, cataste di giornali: un archivio vivo e per uno che pensa di capire qualcosa della vita anche disordinato. Ma don Renzo trovava sempre tutto lì, citava a memoria, trovava il ritaglio del giornale, te lo faceva vedere… Giornalista della carta stampata. Ovvio che guardava la TV, ascoltava la radio, ma lui era legato alla carta, alla riflessione.Chiaro che il nostro don Renzo era principalmente un prete, un vivace e fedele seguace del pensiero del Concilio Vaticano II. Uomo di lettere, ma uomo vicino alla gente, don Renzo si considerava un prete goriziano, nel senso nobile del termine Goriziano.Ci siamo conosciuti quando era direttore della Voce Isontina, veniva spesso nella nostra redazione a parlare con il prof. Andrej Bratuž e il dott. Drago Legiša a quel tempo, a chiedere un parere, un consiglio, una traduzione. Non mi ricordo neanche come mi ha “accerchiato” e così sono finito nel suo giro di conoscenze, amicizie, lavoro, tra il Centro Studi “Rizzatti”, l’Istituto per gli Incontri Culturali Mitteleuropei, l’Istituto di Storia Sociale e Religiosa, fino alla collaborazione con la rivista “Iniziativa Isontina”. Era naturale poi che ci siamo trovati insieme anche nella Concordia et Pax. Qui vorrei ricordare anche la breve ma intensa storia della rivista bilingue Terre d’Europa che era veramente una sfida persa in partenza perché in quegli anni non si vedeva di buon occhio quello che oggi viene sbandierato da tutti come pura normalità. Parlo di convivenza sul confine, nel Goriziano e nella vicina Goriška che sempre Goriziano è. Parlare dello spirito della Chiesa madre di Aquileia, parlare sempre del dialogo, sempre del superamento delle divisioni, pregare per tutte le vittime, per i vinti ed i vincitori, guardare sempre all’uomo, essere fedele alla nostra comune storia e terra. Guardare sempre oltre le divisioni, sia storiche che politiche, nazionali e linguistiche, cercare sempre il bene comune, trovare l’ispirazione nel Vangelo, essere socialmente sempre in prima fila, nel mondo pubblico, sia nella cultura che nella politica. Don Renzo conosceva il mondo sloveno, ci conosceva bene perché viveva con noi, rispettava le nostre tradizioni, la nostra lingua e ci conosceva nel bene e nel male perché non aveva paura di chiedere, di consultarsi. La sua gorizianità la viveva pienamente e consapevolmente, non era solo un dato di fatto ma una scelta. Qualche volta mi veniva a trovare in redazione e dovevo spiegargli certe cose, la storia la conosceva bene, quella comune, condivisa e quella che ci divideva. Ma insisteva sempre sul dialogo, insisteva sempre che bisogna parlare, cercare il bene comune. Come prete cercava i più deboli, sempre fedele alla dottrina sociale della Chiesa, era sempre al fianco dei migranti, della gente di periferia, perciò era felice di papa Francesco e del suo dire: “Andate in periferia…”. Parlava con tutti ma aveva le sue idee.Mi ricordo un suo pacato ma deciso intervento l’anno scorso ad un convegno sul caporalato, organizzato dall’ACLI goriziana a Monfalcone. Senza scomporsi ricordò ai politici, presenti e no, il loro ruolo ed i doveri e disse anche che ci sono delle azioni o delle mancanze che non sono degne degli uomini, tanto meno di quelli che frequentano la Chiesa. Ci mancherà, eccome se ci mancherà don Renzo!A Ronchi gli era vicino Salvatore Ferrara che mi presentò dicendo: “E’ un giovane volenteroso, si dà da fare, cercate di farlo scrivere, parla tu con Mauro, va bene?” E dopo un po’ mi dice: “Ma tu e Mauro vi parlate, no? Perché se non parlate, non ha senso il nostro lavoro!”Quando gli ho risposto che con Mauro Ungaro ci sentiamo quasi ogni giorno, sorrise e mi disse: “Bene. Dovete continuare, sempre. Qualche volta è dura, ma bisogna insistere, sempre!”Devo scrivere anche che il nostro don Renzo era stimato dai colleghi sloveni e mi ha fatto piacere leggere in questi giorni una breve nota del Ministero sloveno per gli Sloveni nel mondo che esprimeva sui social le condoglianze a tutti noi che abbiamo perso don Renzo e augurava a lui un sereno riposo. Questi sono i tempi dei social, caro Renzo, gli direi, e so che mi regalerebbe uno dei suoi sorrisi dicendomi: “Lascia perdere, va, e scrivi bene per il giornale!”