Un pane spezzato da vivere nel quotidiano

Don Ruggero Di Piazza, per la parrocchia di San Rocco, ha trovato i piccoli comunicandi certo emozionati, ma a tratti anche spauriti davanti alla situazione che stiamo vivendo.

Don Ruggero, nella vostra parrocchia recentemente si sono svolte le Prime Comunioni. Com’è stato quest’anno vivere questo momento e da che emozioni è stato caratterizzato?Indubbiamente l’aver voluto concludere il ciclo di preparazione dopo la lunghissima interruzione non ha dato modo di approfondire, di esplorare meglio le situazioni, gli ambienti familiari… c’è un essere un po’ “sospesi” in questo momento, pertanto la prima osservazione che mi sento di fare è che non ho mai visto i piccoli della Prima Comunione per certi versi così preoccupati, spauriti di fronte ad una situazione che non colgono appieno se non nelle espressioni, nelle parole e negli atteggiamenti dei propri cari o delle persone vicine.C’è quasi da contenere quella che vorrebbe essere l’istintività immediata, l’esplosività gioiosa, viene vissuto tutto come sotto ad una “bolla di contenimento” che, se da un lato dà l’idea che nemmeno loro possono prescindere dal momento, dall’altro lato in qualche modo li deforma nella loro identità fanciullesca. Rischiano di essere veramente spaesati.Chiaro quindi che l’arrivare in tempi complessivamente rapidi dall’inizio delle attività – che coincide con l’inizio della scuola – alla celebrazione dell’Eucarestia, è stato indubbiamente un modo per far sentire che c’è una regolarità da riprendere, una normalità ordinata che non può che concludersi con la celebrazione dei sacramenti. C’è di fatto una scansione annuale che rispetta un po’ il nostro lavoro, un po’ l’attesa delle famiglie, ma anche la consapevolezza dei ragazzi per concretizzare quella visione dell’essere parte di un tutto, pronti a condividere con questo tutto.

Da parte delle famiglie invece, ci sono state forse delle preoccupazioni?Le famiglie hanno accompagnato il momento, appoggiando la tesi della celebrazione, pur con qualche normale perplessità. Hanno messo in moto tutte le loro possibilità per renderla realizzabile, con attenzione e partecipazione agli incontri. Direi che nell’insieme c’è stata la consapevolezza di un’eccezionalità, vissuta anche con un bisogno di normalità.Il prosieguo credo invece sarà più complicato, nel senso che questa “scadenza” ha visto tutti notevolmente mobilitati e attenti, pur non precludendosi il momento che avevano programmato per ricreare un po’ l’ambito familiare, che ha bisogno di sentirsi accanto. Per il futuro la preoccupazione è notevole perché capitava già in tempi normali che dalla tensione emotiva e reale, vera del periodo della Comunione, si arrivasse in tempi brevi a un normalità “povera”, immiserita; lo misuriamo dalla frequentazione della Messa.Questo momento dovrebbe tradursi in una prassi cristiana che non prescinde dai sacramenti ma in qualche modo sta dentro un tutto che comprende i sacramenti, che non si esaurisce nella sacramentalità.La Chiesa fa l’eucarestia ma è anche fatta dall’eucarestia: il pane spezzato non può essere chiuso solo all’interno della celebrazione rituale ma lo si vive nella realtà di ogni giorno, un pane spezzato per il mondo. Come afferma il vescovo nella sua Lettera, l’essenzialità passa anche attraverso la ritualità liturgica, ma qualora ci siano delle difficoltà può essere “tralasciata” per affermare quell’essenzialità che è l’impegno di vivere la propria fede nei rapporti quotidiani, nella vicinanza alle persone, nella condivisione del proprio tempo, nell’aiutare chi ha bisogno e nel cercare di accompagnare la sofferenza, in un’apertura alla fraternità.

Alla luce proprio di questi ultimi aspetti, come vede la comunità dopo il lockdown? Partecipa o si è un po’ “raffreddata”?Diciamo che sul piano della “quantità” indubbiamente una rarefazione delle presenze c’è, non posso dire ci sia stata un’accentuazione della vita comunitaria, anche se la ripresa delle attività di incontro in qualche modo garantisce una risposta che dà una certa continuità.Certamente questa rarefazione è causata in parte dalla paura, ma credo anche dal fatto che abbiamo in fondo dimostrato – si fa per dire – alla gente che si può vivere anche senza il “fatto” religioso. Il poter stare a casa, seguire le funzioni alla televisione con una partecipazione intenzionale davanti al video, ha in qualche modo impoverito la partecipazione. Ma l’aspetto religioso praticato, come riconoscimento della presenza di Dio in ogni uomo, continua ad essere possibile e fondante ed è su questo che noi dobbiamo insistere.

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Intensi momenti hanno segnato nelle scorse settimane anche la vita della comunità dell’Unità pastorale di Madonnina – Lucinico – Mossa -, che ha potuto far riprendere ai suoi ragazzi il cammino di fede interrotto con il lockdown e successivamente celebrare le tanto attese Prime Comunioni.In attesa di svolgere le Confermazioni, nel mese di novembre, abbiamo parlato con don Moris Tonso di come sia stato possibile stare accanto ai ragazzi durante questo periodo di “chiusura” e del successivo riavvio delle attività che li ha visti sereni e partecipi.

Don Moris, da poco avete iniziato anche nella vostra Unità Pastorale la celebrazione delle Prime Comunioni. Com’è andata la ripresa e com’è stato possibile preparare i ragazzi?Nelle nostre parrocchie, come in altre della Diocesi, durante il lockdown siamo riusciti a continuare con i corsi di catechismo con una modalità “a distanza”: i catechisti inviavano nelle case del materiale su cui i ragazzi erano chiamati a lavorare, oppure si inoltravano dei video. Si è anche cercato di mantenere con loro i rapporti sia attraverso i Social, che per mezzo di telefonate, proprio per far sentire la propria voce, mantenere quanto più possibile un legame di relazione e far sentire che i ragazzi erano sempre pensati, nel cuore.Abbiamo poi ripreso, quando è stato reso possibile, la catechesi in presenza, attenendoci ovviamente a tutte le regole e indicazioni che ci sono state date, arrivando a celebrare le Prime Comunioni il 20 settembre a Lucinico, il 17 e 18 ottobre a Mossa e il 25 alla Madonnina. In novembre ci saranno le Cresime.

Come ti sono sembrati i ragazzi? Li hai trovati forse cambiati?La percezione che ho è che siano, nonostante tutto, sereni, non li vedo timorosi.Credo che probabilmente loro si portino un po’ dietro l’esperienza della scuola e hanno quindi imparato – e stanno continuando ad imparare – come comportarsi di fronte a questo virus, a come comportarsi in gruppo e con gli altri.Questo a mio avviso si riflette quindi un po’ anche nei percorsi della catechesiTutti hanno ripreso il percorso; c’è stata qualche defezione ma non a motivo del virus, dovuta ad altre cause come ad esempio trasferimenti.

E per quanto riguarda invece gli adulti, i loro genitori?Anche da parte loro devo dire non ho trovato particolari espressioni di timore, anzi, il desiderio delle famiglie era proprio quello di poter far riprendere ai propri ragazzi la preparazione e, per coloro che dovevano ricevere la Prima Comunione, di giungere alla celebrazione del sacramento. Si sono dimostrati molto entusiasti e collaborativi.

Riferendoci alla comunità dei fedeli, norme anti Covid a parte, com’è la partecipazione alle liturgie?Indubbiamente ho notato una certa flessione nelle presenze, c’è una partecipazione inferiore rispetto a prima del lockdown.Come colpo d’occhio potrebbero sembrare di più, perché i posti disponibili sono praticamente dimezzati e vengono occupati nel corso delle celebrazioni, ma di fatto una flessione c’è.A mio avviso la motivazione non si trova nel fatto di avere oggi più possibilità – con le messe in streaming o in diretta TV – di poter coltivare maggiormente la propria fede a casa, credo stia più nella paura di poter contrarre il virus, anche perché molte delle persone che generalmente frequentano la chiesa sono anziane e quindi più vulnerabili.Ad ogni modo la comunità ritorna in chiesa e, per permettere a tutti di prendere parte alle funzioni in piena sicurezza, per esempio a Mossa verrà aggiunta una Messa domenicale.

Ad oggi vedi la tua comunità cresciuta (si diceva “ne usciremo migliori), o c’è un’introversione?Sicuramente non c’è stata un’introversione: durante il lockdown diverse persone si sono mosse e hanno chiesto come poter essere utili, come poter essere accanto a chi aveva bisogno di una mano, di un aiuto. Non posso però dire nemmeno che ci sia stato un cambiamento evidente, radicale.Ci sono, diciamo, dei modi di porsi, degli atteggiamenti, che fanno comunque capire che questa cosa ha segnato e sta segnando le persone.

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In attesa di celebrare le Cresime, il prossimo 24 ottobre, la comunità dell’Unità Pastorale cormonese ha celebrato le Prime Comunioni, vissute in modalità “rinnovata”.Don Paolo Nutarelli ha riportato per noi quest’esperienza vissuta da tutti con il cuore colmo di emozione.

Don Paolo, a Cormòns sono state recentemente celebrate le Prime Comunioni e il 24 ottobre saranno celebrate le Cresime. Com’è stato possibile arrivare fino a qui, ossia com’è stato sviluppato il percorso catechistico quest’anno?Di base la nostra proposta catechistica si pone di dare una continuità tra la classe III della scuola primaria e la III della secondaria di secondo grado, andando a coprire il “vuoto” formativo che a volte si crea. Questo avviene grazie alla disponibilità delle associazioni – Scout, Azione Cattolica e Ricreatorio – che permettono di portare avanti un discorso catechistico comunitario. Con l’inizio del lockdown ovviamente abbiamo dovuto interrompere tutte le attività ma è stato possibile mantenere una continuità attraverso uno sviluppo di tutti i mezzi comunicativi a nostra disposizione. Per esempio: per i bambini della catechesi della Comunione veniva inoltrato settimanalmente un video nel quale si illustrava il percorso che si sarebbe dovuto realizzare in presenza e si davano anche alcuni “compiti” da svolgere. Con la fine di agosto si poi è ripreso il percorso in presenza. Dapprima è stato svolto un incontro con la partecipazione dei genitori, per illustrare loro e comprendere insieme i passi da compiere seguendo tutte le normative di sicurezza. Siamo riusciti così a svolgere le attività bene, con mascherine, il distanziamento… e ce l’abbiamo fatta in ogni caso a coinvolgerli esattamente come desideravamo. Certo è stato diverso, ma abbiamo fatto tutto.

Quale significato è stato dato al poter svolgere la catechesi in presenza? Quali quindi le emozioni sia tra i bambini e che tra le loro famiglie?Il primo incontro in presenza, come accennavo svolto sia con i bambini che con i loro genitori al Duomo, devo dire che è stato veramente bello, toccante. Era di fatto il primo incontro che facevano con tutti i loro amici dalla fine del lockdown; i bambini hanno partecipato entusiasti, è stato sinceramente bello ed emozionante, tanto per loro quanto per noi. Le famiglie hanno collaborato moltissimo, e questa è una cosa altrettanto bella. Su tutta la proposta che abbiamo avanzato, da fine agosto a metà ottobre, le famiglie sono state assolutamente collaborative, impegnate. La paura c’è ma è nostro compito andare avanti e cercare di leggere l’esperienza alla luce della Fede. In questo ci aiuta molto il vescovo Carlo con la sua Lettera Pastorale.Si innesta qui anche il tema della “festa”, intesa non come “baldoria” ma come fare memoria, ritrovarsi, condividere insieme.La festa di Prima Comunione è stata un’occasione per le famiglie, seppur con tutte le dovute cautele, per vivere un’esperienza gioiosa, significativa e importante per la vita dei loro figli e della comunità. Abbiamo desiderato con tutte le forze portare a compimento questo percorso, che diventa poi il punto di partenza per il cammino del “dopo Comunione” e fulcro delle associazioni.

Tra pochi giorni quindi toccherà ai “grandi” delle Confermazioni…Esattamente. Con i giovani delle Cresime abbiamo ripreso gli incontri in presenza e, se tutto va bene, le celebreremo la prossima settimana.Qui l’esperienza è stata ancora diversa, perché in questo caso ci interfacciamo con ragazzi che hanno 17 anni, con un’altra consapevolezza.Con loro abbiamo impostato, durante la chiusura, un percorso settimanale attraverso i Social, dove loro potevano interagire, e ora sono contenti di poter portare a compimento questo percorso.Rileggere poi insieme a loro l’esperienza del lockdown è stata un’occasione significativa di confronto, di analisi. Le “parole chiave” emerse dal confronto con loro sono state “isolamento”, “paura delle relazioni” ma hanno anche espresso la bellezza dell’avere più tempo da poter trascorrere in famiglia, che hanno in qualche modo “riscoperto”. Ci sono stati quindi elementi interessanti, non tutto è stato vissuto in maniera negativa.Riprendere poi è stato per loro importante, soprattutto per il mantenimento delle relazioni sociali e delle attività che li impegnano, sempre a livello sociale – molti di loro infatti si sono offerti durante l’estate come animatori e questa loro risposta è stata per noi molto bella -.