Un inchino o uno sguardo per scambiarsi la pace

Un altro piccolo passo verso un lento e faticoso ritorno alla normalità anche nelle celebrazioni liturgiche. È durante i lavori del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Italiana che i vescovi hanno deciso di reintrodurre, dal 14 febbraio prossimo, un gesto consono con il quale potersi scambiare il dono della pace, dono invocato durante la celebrazione eucaristica. Si propone, al posto della stretta di mano o dell’abbraccio, di augurarsi vicendevolmente la pace guardandosi reciprocamente accennando un piccolo inchino verso chi ci sta vicino. È passato quasi un anno infatti da quando, quasi in punta di piedi, il Coronavirus ha fatto capolino nel nostro paese e fin da subito i vescovi, singolarmente, avevano dato alcune indicazioni pratiche per vivere le celebrazioni comunitarie (ancora permesse) in sicurezza: una di queste era evitare temporaneamente di scambiarsi la pace con la tradizionale stretta di mano al momento previsto. Dopo il dilagare del Coronavirus, la sospensione delle celebrazioni e la graduale ripresa, ci siamo approcciati a delle liturgie profondamente cambiate, non senza qualche disagio, e come era prevedibile si è continuato ad omettere lo scambio della pace nel modo consueto, anche in obbedienza al Protocollo riguardante la graduale ripresa delle celebrazioni liturgiche con il popolo firmato dal Ministero dell’Interno e la Conferenza Episcopale Italiana. In realtà lo scambio della pace non prevedrebbe tout-court un contatto fisico: possiamo infatti leggere nell’Ordinamento Generale del Messale Romano che “tutti però, secondo quanto è stabilito dalla Conferenza Episcopale, si manifestano reciprocamente pace, comunione e carità. Quando si dà la pace, si può dire La pace del Signore sia sempre con te, a cui si risponde: Amen.” (OGMR, cap. IV, n.154). Non si menziona esplicitamente nessun contatto fisico, lasciando che l’indole culturale di ciascun popolo veicoli questo gesto rituale.Anche la terza edizione del Messale Romano ha provveduto a modificare l’invito del diacono o del sacerdote “offerte vobis pacem” traducendolo con un più consono “scambiatevi il dono della pace” rispetto alla precedente monizione “scambiatevi un segno di pace”.Ne va da sé che culturalmente lo scambio di pace è sempre stato veicolato, almeno in occidente, dal contatto fisico, tramite la stretta di mano o in alcuni casi l’abbraccio o il bacio, quest’ultimo largamente citato nella letteratura paolina (“salutatevi a vicenda con il bacio santo” come si può leggere in Rm 16:16, 1 Cor 16:20, II Cor 13;12). Se la pandemia ha causato una sostanziale modifica dei nostri comportamenti nelle relazioni interpersonali, obbligandoci a mantenere una certa distanza e a non avere contatti fisici, l’umana creatività e lo spirito di adattamento ha inventato nuove soluzioni per sopperire al necessario contatto interpersonale, come ad esempio il saluto “di gomito”, tuttavia nella liturgia questo vuoto non era stato ancora colmato ufficialmente, sopprimendo (anche se temporaneamente) un gesto rituale che può e deve mantenere una sua propria autonomia rispetto al contatto fisico. Seppure in un periodo di precarietà generale e provvisorietà dei provvedimenti anche in materia liturgica, legati all’evolversi della situazione pandemica, la celebrazione risultava colpita da un vulnus non da poco; come ha avuto modo di ricordare nel tempo la Congregazione per il Culto infatti “Se i fedeli non comprendono e non dimostrano di vivere, con i loro gesti rituali, il significato corretto del rito della pace, si indebolisce il concetto cristiano della pace e si pregiudica la loro fruttuosa partecipazione all’Eucaristia. (…) Uno scambio della pace correttamente compiuto tra i partecipanti alla Messa arricchisce di significato e conferisce espressività al rito stesso.” (Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, lettera circolare circa l’espressione rituale del dono della pace nella Messa, 7 giugno 2014). La sfida quindi è quella di rispondere alla domanda: è possibile non rinunciare ad un gesto rituale che solitamente prevede un contatto fisico, omettendo quest’ultimo senza svilire il senso del gesto rituale stesso? Ora il Consiglio Permanente della CEI prende atto della necessità di ovviare alla temporanea soppressione dello scambio di pace dando facoltà di reintrodurre il gesto rituale senza che ovviamente intervenga alcun contatto fisico fra i fedeli. “In questo tempo può essere sufficiente e più significativo guardarsi negli occhi e augurarsi il dono della pace, accompagnandolo con un semplice inchino del capo. All’invito “Scambiatevi il dono della pace”, volgere gli occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, secondo i Vescovi, può esprimere in modo eloquente, sicuro e sensibile, la ricerca del volto dell’altro, per accogliere e scambiare il dono della pace, fondamento di ogni fraternità”.(Conferenza Episcopale Italiana, Consiglio Permanente, Comunicato, 27 gennaio 2021).La responsabilità ed il buon senso di ciascuno saranno fondamentali per potere riprendere confidenza con questo fondamentale gesto rituale: impareremo ad apprezzare la benevola dolcezza di un volto parzialmente celato dalla mascherina anche all’interno della liturgia.