Padre Marciano: per 31 anni tutto per Barbana

Quella di padre Marciano Fontana è stata una morte “placida”: si è spento lentamente sabato 22 aprile nel convento infermeria di Saccolongo (Pd) dei Frati Minori Veneti, dove si trovava da un anno dopo i due e mezzo trascorsi a confessare nel convento di Vittorio Veneto. E serenamente!Non è il solito termine abusato in queste circostanze, specie quando si tratta di anziani: è la realtà della morte del giusto.A noi, specie a chi lo ha frequentato più da vicino, restano grandissime la riconoscenza, la stima, anche la venerata considerazione per un autentico figlio di San Francesco, dalla voce soffice, paterno nella preoccupazione di dare il meglio alle anime che tanto lo hanno apprezzato, specie nel confessionale.Di gran cuore, ma non bonario nel senso “scadente” del termine: era anche concreto padre Marciano, avveduto nel governo delle fraternità, equilibrato e veritiero nel giudizio su persone e accadimenti, ma sempre pieno di una finale carità.Era, in una parola, una bella copia del vangelo sine glossa impersonato dal Poverello.Persino il portamento esterno faceva di padre Marciano un frate, vero.Su queste valutazioni concordano i confratelli suoi che lo hanno portato – come si dice – “in palmo di mano”: perché padre Marciano è stato una persona equanime, perciò un superiore nato, autorevolissimo anche in ambiti più vasti di quelli dei conventi che guidò.Fu apprezzato dai suoi Frati Minori Veneti, allora molto numerosi, che lo elessero definitore provinciale; e si fece stimare particolarmente nell’arcidiocesi di Gorizia dove, a partire dall’arcivescovo padre Bommarco, ricoperse l’ufficio di vicario episcopale per la vita consacrata, ravvivando la vocazione particolare, il senso di comunità e l’appartenenza ecclesiale delle comunità specialmente femminili, allora ancora tante e folte, che hanno reso più bella la Chiesa goriziana. Se i giovani anni di padre Marciano, classe 1932, veronese di nascita, furono di guardiano di più conventi e anche di formatore di giovani vocazioni alla vita francescana (era stato rettore del seminario serafico a Madonna di Rosa di San Vito al Tagliamento per sette anni), la sua vita cambiò a 56 anni quando giunse (1988) sull’isola di Barbana per starvi trentuno anni e viverla “dentro” fino all’ultimo giorno (del legame perenne, non spezzato nell’ottobre 2019 allorché i frati dovettero lasciare il santuario, chi scrive è testimonio auricolare e oculare).Qui espresse in modo esemplare i suoi talenti vocazionali e spirituali: profittò della vita non semplice in mezzo alla laguna, con i lunghi inverni di chiusura nell’isola, per alternare lavoro e silenzio, preghiera e azione, entrambe rivolte alla migliore accoglienza spirituale e materiale dei pellegrini.Alle ore di saggia amministrazione del sacramento della penitenza alternò quelle di preparazione (si preparava padre Marciano!) della predicazione, di corsi di esercizi spirituali che gli furono richiesti anche in tarda età soprattutto da diversi istituti religiosi femminili e di articoli succinti e succosi, tutti di indole evangelica.Il bollettino “La Madonna di Barbana” è stata la sua voce, non solo perché ne fu il direttore responsabile, ma perché si è vista in quelle pagine ripetute per anni e anni la sua mano, il suo cuore, soprattutto la sua fede, arricchita dallo studio teologico biblico e da sicura devozione alla Madonna. Padre Marciano, però, a Barbana, ha soprattutto pregato: e lo si deve dire e sapere in questo momento nel quale crediamo stia pregando ancora soprattutto per coloro che gli furono vicini. Padre Marciano aspirava infatti ardentemente a farsi santo! Senza disdegnare le imprese fraterne anche di indole materiale.Nella gestione del santuario, sempre oculata, ebbe la fortuna di avere un eccezionale braccio destro e fac totum in fra Fulgenzio Morao, che lo ha preceduto in Cielo di soli cinque mesi e che lo superò nell’amore a Barbana, almeno in termini temporali: 35 anni di presenza contro 31.Creò poi armonia fra i dipendenti e i volontari, che si trovavano come in famiglia a Barbana perché c’era la pasta buona di questo tandem di frati a dirigere il lavoro, sempre col sorriso gentile e il “subito” in bocca.Un apprezzamento, questo, condiviso dai sempre tanti pellegrini, richiamati sull’isola anche dallo stile dei frati minori alla Marciano e alla Fulgenzio! C’era poi qui la causa di Egidio Bullesi da portare avanti. Chi scrive può dire in proposito una parola diretta: padre Marciano aveva una convinzione straordinaria della santità “da altare” del giovane Egidio, rammaricandosi molto che si tardasse a riconoscerla ufficialmente.A lui non solo ha riservato un posto proprio nel bollettino del santuario: ha voluto o assecondato ogni iniziativa perché si radichi ed estenda la devozione (da ricordare accanto a padre Marciano il padre Matteo Cuccari e, prima di loro, padre Ubertino Hohl).Per questo ha creato e guidato, e infine incoraggiato fortemente anche dall’”esilio” di Vittorio Veneto, il “Comitato Venerabile Egidio Bullesi”.Noi non pensiamo sia un caso (c’è una regia perfetta in Paradiso) che il commiato terreno da padre Marciano e la sua sepoltura siano avvenute nello stesso giorno dell’anno, il 26 aprile, del funerale celebrato a Pola per Egidio 94 anni prima, e l’indomani della commemorazione del “venerabile giovane” che a Barbana si è ripetuta – iniziata la tradizione da padre Marciano – questo 25 aprile.È lì – sull’isola della laguna, partendo dalla quale tre anni fa lui impersonò visibilmente la sofferenza nel lasciarla dei Frati Minori che l’avevano animata per 118 anni con un lavoro immenso nel e per il santuario – che padre Marciano andrà sempre ricordato: lì è stato un pastore d’anime, lì un padre che perdona, sana e salva le anime, lì un amico che ti ha atteso, ospitato (e quanto ospitale e confidente fu con i preti!) e gioito delle tue cose belle o condiviso il tuo dolore per le vicende non sempre buone della vita.Lì ha soprattutto testimoniato che essere frate vuol dire stare con il popolo, in mezzo al popolo, ed essere a totale servizio di esso per avvincerlo, con lo stile della fraternità, a Gesù: il cui nome fioriva sulle labbra “soffici” di padre Marciano e che è stato l’amore suo, e possiamo solo immaginare quanto, dentro la sua anima assetata di Lui, perciò piena di “cuore” per tutti.