“Nessuno deve pensare che non ha niente da dare”

Da qualche tempo è ospite della nostra diocesi, accolto presso la comunità della Marcelliana a Monfalcone, don Desiré Traore, sacerdote originario della diocesi di Nouna in Burkina Faso. Rimarrà con noi per un triennio per completare il suo dottorato a Padova. Lo abbiamo incontrato per parlare un po’ con lui di questo suo primo periodo insieme a noi. L’incontro ha posto anche l’occasione per affrontare tematiche di attualità, a seguito dei recenti fatti politici che hanno nuovamente scosso la stabilità del Paese africano da dove lui proviene.Don Désiré, sei in Italia ormai da qualche mese. Quali sono quindi le tue prime impressioni? Hai trascorso qui da noi anche il periodo del Natale, come ti è sembrato vivere questo momento di “festa” con la nostra comunità?Sono qui in Italia da sei mesi e devo dire che le mie impressioni sono, diciamo, abbastanza buone. La mia prima e più grande preoccupazione era l’integrazione e la conoscenza della lingua, ossia capire la gente, saper parlare l’italiano e farmi capire. Con ottimismo posso dire che ho acquisito molto in questi mesi. In più, con la gente, le mie impressioni sono davvero soddisfacenti: ho fratelli sacerdoti molto disponibili con me, in un clima di fraternità nonostante la differenza d’età.Per la festa del Natale, temevo una festa senza entusiasmo per me, invece ho vissuto nella gioia, con una bella veglia, ben orante, alla Marcelliana, con tanti fedeli alle messe durante tutto il giorno. Un bel momento di festa famigliare, mi sono sentito parte di una famiglia, come fossi a casa mia in Burkina Faso.

Parliamo un po’ di te e della tua vocazione. Quando hai capito che la tua strada sarebbe stata quella del sacerdozio? Chi ti ha aiutato a fare questa scelta? Come hai scelto poi il tuo percorso di studi? Ero ancora piccolo quando ho sentito il desiderio di entrare in seminario. La mia mamma mi ha raccontato che un giorno vidi un seminarista e subito dissi che volevo essere come lui; lui mi diede i consigli necessari, cioè studiare bene, andare al seminario e poi diventare prete.Nella nostra parrocchia c’erano delle suore, che mi hanno aiutato a ricevere la Prima Comunione e quindi ad accedere alla prova di ammissione al seminario.Davanti alla mia determinazione e a molte persone che mi chiamavano già “don Desiré”, anche quando non ero ancora sacerdote, la mia mamma diceva sempre: “che la volontà di Dio sia fatta”. E così, nel 2008 sono stato ordinato prete con il motto sacerdotale: sia fatta la tua volontà (Mt 6,10). Avevo un gusto particolare per la liturgia e tutto ciò che riguarda la celebrazione della Messa – letture, canzoni, gesti… – così, dopo 7 anni come vicario in una parrocchia, la più piccola della diocesi di Nouna, il mio vescovo mi mandò in Costa d’Avorio per la licenza in Teologia spirituale. Sono quindi stato parroco in una grande parrocchia della nostra diocesi per fare una esperienza pastorale della mia licenza.

Ora stai proseguendo i tuoi studi qui in Italia e stai seguendo il percorso per ottenere il dottorato in Sacra Teologia, specializzazione Liturgico – Pastorale. Cosa ti ha portato verso questa scelta? Cosa desideri ricevere in particolare da questo percorso i studi? Dopo quattro anni, ho la gioia, la fortuna, di trovarmi qui per continuare nel famoso Istituto di Liturgia pastorale “Santa Giustina” di Padova – dico famoso perché molte volte avevamo sentito parlare di questo Istituto -.  Cosa desidero ricevere da questo percorso di studi?  In realità, dopo la licenza, lo studente non necessiterebbe di seguire ancora lezioni, ma proseguire la ricerca per produrre la sua tesi di dottorato, con soltanto le sessioni. Ho però ottenuto una licenza in Teologia spirituale e non in questa università, devo quindi validare alcuni corsi prima di presentare il mio tema di dottorato. In più, ho bisogno di conoscere i professori per scegliere un moderatore tra loro. Ecco quindi i motivi per i quali seguo ancora lezioni. Spero inoltre di ottenere materiale liturgico necessario per il mio elaborato; per il momento il tema che presenterò non è ancora delineato, credo lo selezionerò con il mio moderatore. Mi piacerebbe forse trattare del posto dei piccoli nella liturgia, precisamente i cori liturgici dell’infanzia.Il primo semestre comunque è andato bene: ero un po’ in ansia e ammetto che ero molto stressato, ma sono contento perché agli esami tutto è andato per il meglio!

Parliamo un po’ del Burkina Faso, tua terra d’origine. Com’è in questo momento la Chiesa nel Paese? Quali secondo te le difficoltà che sta cercando di superare, ma anche quali gli obiettivi raggiunti e i “pregi”? La Chiesa nel mio Paese sta bene, non è una Chiesa troppo grande. Abbiamo in tutto quindici diocesi con quattro seminari maggiori: un seminario preparatorio, uno per la Filosofia e due per la Teologia. Ora tante diocesi stanno cercando di occuparsi bene dei loro preti, ossia dei loro bisogni per la pastorale e per vivere in condizioni accettabili il loro ruolo (un mezzo di trasporto, una canonica ben attrezzata, i libri liturgici, il materiale per la sonorizzazione delle celebrazioni…). In ogni caso in molte diocesi lo spirito di famiglia fa funzionare le cose verso gli obiettivi di insieme e le comunità, malgrado il loro livello di vita, sono sempre nella gioia, accogliendo i sacerdoti nella parrocchia o nel loro villaggio per le celebrazioni. Ogni anno poi sono veramente numerose le persone – tanto bambini, quanto giovani e adulti – che ricevono i sacramenti; nel mio ultimo anno di permanenza abbiamo impartito ben 395 Cresime, è una Chiesa piccola ma vivace.Nouna conta 10 parrocchie, con 57 preti: 26 si trovano nelle parrocchie, gli altri sono in missione nel mondo. All’interno della diocesi in questo momento due parrocchie sono chiuse a causa del terrorismo e i preti non le possono raggiungere; in ogni caso la fede rimane e le comunità cercano comunque di riunirsi per la preghiera.

Riguardo quest’ultimo punto, guardando alla società all’interno del tuo Paese, qual è in questo momento la situazione, anche dopo i recenti fatti che hanno visto il Burkina Faso sottoposto a un golpe?Oggi “osiamo” dire che è tutto a posto. Alla fine del mese di gennaio c’è stato un golpe per scacciare il presidente Roch Marc Christian Kabore, perché non era più la persona adatta ad aiutare il Paese ad avere pace e sicurezza. I militari hanno quindi preso il potere. La ragione è stata motivata dal fatto che il presidente non si preoccupava far in modo di avere materiale per combattere il nemico, che sono i terroristi. Arrabbiati e sconvolti hanno fatto questo golpe, per tentare di mettere un po’ di ordine e ripristinare la pace, eliminando il terrorismo. Questa è una buona notizia e quasi tutti sono d’accordo con loro. Come si dice in Inglese, “let’s wait and see”, aspettiamo e vediamo; ma io aggiungo, “preghiamo per aiutarli”.

I frequenti atti di terrorismo degli ultimi anni hanno cambiato qualcosa nella società? C’è paura, o magari diffidenza, tra la popolazione?Sette anni fa il nostro Paese ha conosciuto la presenza e l’azione distruttiva del terrorismo, che ha portato una seria insicurezza in parecchie regioni. Le popolazioni hanno lasciato le loro case, i villaggi e le loro città per salvaguardare la propria vita. C’è però una grande solidarietà tra le popolazioni e tanti gruppi si sono organizzati per aiutare coloro che non hanno niente a mangiare, nessun posto dove dormire, quelli le cui scuole sono state chiuse o distrutte.In questi giorni ho sentito appunto che ci sono ancora terroristi nella mia provincia, Nouna. Tutti, sia i presenti che noi assenti, abbiamo paura.

Guardando invece alla comunità che ti sta ospitando per questo tuo periodo di studio, come ti sembra questo “primo impatto”? Cosa ti farebbe piacere farle sapere, raccontarle, per conoscervi meglio? Vorresti chiederle qualcosa? Come dicevo in precedenza, dove celebro la messa dallo scorso novembre sono molto interessati a me. Tuttavia, per una perfetta integrazione a livello della lingua, mi piacerebbe avere ubn maggiore contatto con i fedeli di tutte le comunità parrocchiali, con la gente. Sono, peraltro, già previste alcune lezioni di padronanza della lingua con un’insegnante e non vedo l’ora che arrivi questo momento!Vorrei dare dei suggerimenti per l’accoglienza di chi verrà qui per studi dopo di me: sarebbe bello assicurare la formazione nella conoscenza della lingua, almeno 4 mesi e, inoltre, per la formazione all’università, potrebbe essere d’aiuto un sostegno per i libri e i documenti necessari, o mettere a disposizione una piccola biblioteca dove poter consultare libri utili.Per quanto riguarda l’Italia, devo dire che sono un po’ deluso dal sistema sanitario: certo, sono consapevole che il periodo non è il più semplice ma, per vedere un medico, l’appuntamento viene dato spesso molto tempo dopo, anche se stai già male. Mi dispiace anche per i lunghi tempi necessari all’ottenimento dei documenti italiani quali permesso di soggiorno, carta di credito…

Infine, che apporto e testimonianza possono dare la Chiesa Goriziana ma anche le sorelle Chiese africane nel cammino che ci porterà verso il Sinodo? Uno degli aspetti rilevanti del Sinodo è il camino insieme, ascoltando e condividendo, per portare a tutti la gioia del Vangelo: ciascuno nella sua vita può e deve considerarsi come una pietra utile per la costruzione. Si può far visita agli altri, avere attenzione per chi ci sta accanto, mettersi a disposizione per fare catechesi, aiutare chi ha bisogno… Insomma, nessuno deve pensare che non ha niente da dare.