La celebrazione delle esequie

La celebrazione delle esequie non è solo un fatto tradizionale, una consuetudine dovuta perché lo fanno tutti. Non è neanche come una sorta di lasciapassare per il paradiso o un ritrovarsi insieme per celebrare i ricordi e le nostalgie per il proprio caro. Il funeralePer noi cristiani il funerale è una liturgia. Un momento solenne in cui incontriamo il Dio che ci ha dato la vita. La vita cristiana è nata in chiesa nel giorno del battesimo, solitamente ricevuto da piccoli, e in chiesa si celebra anche il passaggio della morte. Come segno di questi due momenti fondamentali della nostra vita cristiana, la nascita e la morte, il rito prevede venga esposto il cero pasquale che si nota accanto alla bara. Quel grande cero che si accende la notte di Pasqua, simbolo di Cristo Risorto dalla morte. Simbolo quindi di vita oltre la morte. All’inizio della celebrazione, come in ogni liturgia siamo chiamati ad un atto di umiltà. Davanti al Dio della vita e dell’amore infatti, ci sentiamo tutti poveri. Poveri di vita, perché la vita passa in questo mondo. Poveri anche di amore, perché di fronte a Lui nessuno può rivendicare il diritto di aver amato sempre in modo perfetto. No, se non siamo dei superbi, riconosciamo tutte le nostre mancanze di amore, magari anche nei confronti del nostro defunto. Questi vuoti di amore e di bene, si chiamano peccati. Chi di noi non riconosce di averne avuto? Per questo all’inizio di ogni S. Messa diciamo sempre tutti insieme: “Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro”.

Dio ci parlaDurante la celebrazione ascoltiamo delle letture dalla Bibbia. Ogni volta diciamo alla fine “Parola di Dio”. Si, Dio ci parla. Egli ha una parola per noi, ogni giorno. Con gli avvenimenti, gli incontri, le parole della Chiesa, gli uomini di Dio, la nostra coscienza. Egli ci parla soprattutto con le parole della Bibbia che ascoltiamo nelle liturgie o anche a casa da soli.  E della sua parola ne abbiamo davvero bisogno. Per essere guidati nelle scelte buone, quelle secondo il bene di Dio, per trovare luce sulla nostra vita. Per comprendere il senso di questi momenti, in cui viviamo la perdita di una persona a noi cara: un genitore, un coniuge un parente, un amico, la persona con cui abbiamo vissuto e camminato insieme.

Perché morire? E perché vivere per poi morire?In questi momenti veniamo tutti interrogati sul senso della morte. Ed anche sul senso della vita, perché sono due realtà che stanno insieme. Dal senso che diamo alla morte trova senso anche la vita e viceversa. Se per esempio pensiamo che la morte sia un nulla, un finire in un mucchietto di cenere e basta, allora che cos’è la vita se non un inesorabile conto alla rovescia verso il nulla? Certamente uno potrebbe dire: “Ma in questa vita ho lavorato, ho fatto del bene, ho lasciato qualcosa”. Oppure può considerare le molte cose di cui ha goduto e gioito nella sua esistenza. Certo, ma adesso tutto è finito nel nulla, com’è di fatto il destino di tutte le realtà di questa terra. Dunque, tutto quello che ho fatto, lavorato, investito, generato se alla fine va nel nulla in fondo vale nulla! È come un bambino che lavora tutto il giorno per costruire un bellissimo castello di sabbia sulla riva del mare: progetta, pensa, costruisce, ci mette il cuore… poi appena finito, arriva l’alta marea e tutto sparisce, di tutto non rimane traccia. Razionalmente dovremmo concludere allora, che la vita non ha un senso.Se invece la morte non fosse la fine di tutto ma un nuovo inizio? Non una porta che si chiude, ma una porta che si apre, per entrare in una nuova dimensione oltre lo spazio tempo di questa terra? Allora questa vita terrena non è un nulla, ma può diventare un tempo di preparazione, un “primo tempo” ha detto qualcuno, un tempo di semina per un qualcosa che domani fiorirà. I giorni brevi che ci sono dati su questa terra trovano quindi un senso profondo e così anche la morte. Non è la stessa cosa viaggiare su in treno sapendo che alla fine della corsa c’è un abisso dove precipiterà e tutto verrà distrutto, o invece alla fine della corsa sapere che arriverò a casa, al mio paese dove la mia famiglia mi attende con gioia per abbracciarmi e far festa.  Ma cosa dunque ci dice Dio di tutto questo? Egli ha una parola di speranza oppure con la nostra morte ci ha ingannati? 2. continua