“Andate. Io sono con voi”

Dopo le parole “discernimento” e “resilienza”, adesso pare sia arrivato anche il momento della “sinodalità”.  Un po’ in tutti gli ambienti ecclesiastici infatti, sembra non si parli d’altro che di adottare uno stile sinodale, collegiale o conviviale. Ma cosa s’intende quando si parla di “sinodo” o “stile sinodale”? Ebbene, porsi questa domanda dovrebbe già essere problematico: in un sinodo c’è poco da intendere e poco da scrivere (sic!), ma molto da camminare.Il termine “sinodo” infatti deriva dal greco ed è composto dalla preposizione “syn”, con, e dalla parola “hodòs”, via, strada. Già nel greco classico con “sýnodos” si indicavano l’assemblea, il raduno e perfino le cospirazioni o le congiunzioni astrali; il suo significato letterale perciò, potrebbe essere qualcosa di simile a “la via percorsa insieme”. È curioso notare però che “hodòs”, via, è un termine molto concreto che sostituisce la forma astratta mancante del verbo “andare”. Nel concetto stesso di “via”, dunque, predomina l’aspetto pratico, l’azione dell’andare piuttosto che le direzioni ideali che compongono un itinerario, tanto che sia in greco che in ebraico, fin dall’antichità la parola “via” è stata utilizzata in senso metaforico per descrivere il modo di vivere di una persona. In altre parole se si parla di hodòs, più che della meta da raggiungere, sarebbe meglio parlare del viaggio fisico per arrivarci.Il sinodo quindi, per citare papa Francesco, non può essere “un parlamento o un’indagine su opinioni”, esso dovrebbe essere piuttosto lo stile adottato dalla Chiesa, che è per sua natura sinodale. A fondamento di questo stile non ci sono fantomatiche idee populiste che nulla hanno avrebbero in comune con il cristianesimo o la Bibbia, e che più volte il papa è stato accusato di avere. Se è vero infatti che la parola “sinodo” non viene mai utilizzata nella Bibbia, è anche vero che la parola “hodos”, via, che ne sta alla base, ricorre centinaia di volte ed ha un valore enorme. Essa ha come punto di riferimento assoluto Cristo che dice di se stesso: “Io sono la via” (Gv 14,6) e finisce, di riflesso, per designare anche i primi cristiani chiamati, appunto, “quelli della Via”, quelli che vivono alla maniera di Gesù. (At 9,2)E proprio i primi membri della comunità fondata da Gesù sembrano darci una forma paradigmatica di come la Chiesa debba costituirsi e vivere sinodalmente. In quello che potremmo definire il primo “sinodo” della Chiesa, si vede che ad un primo momento (At 15,6), in cui partecipano gli apostoli e i presbiteri – ai quali si riconosce quindi una responsabilità specifica di produrre un documento iniziale-, segue un secondo momento (At 15,22), nel quale la sinodalità si allarga a tutta quanta l’assemblea, alla Chiesa intera che, insieme, prende una decisione definitiva. In qualche modo c’era, già allora, la consapevolezza di trovarsi in un “cambiamento d’epoca” (come ha detto più volte papa Francesco) che presentava molteplicità culturali, geografiche, teologiche… delle quali Paolo di Tarso divenne l’alfiere. Quando non erano ancora dominanti il trionfalismo e l’adulazione delle autorità, gli evangelisti non si fecero alcuno scrupolo nel far vedere tutta la difficoltà che ebbero gli Apostoli nel seguire la via segnata da Gesù: una via che conduceva fuori dall’immobilismo tradizionale e che veniva proposta e capitanata non da un presbitero o un discepolo di Cristo, ma da un ex persecutore della Chiesa, a cui il Signore apparì proprio mentre andava per via (guarda caso!) verso Damasco. Il cammino sinodale che il papa ci sta invitando a riscoprire può diventare proficuo non inventando e moltiplicando attività “di facciata”, ma solo se esso diventa il metodo (metà+hodòs, appunto) per coinvolgere in una reale partecipazione tutte quelle persone che, più vicine o più lontane, compongono il corpo della Chiesa. Se davvero la Chiesa vuole essere il segno efficacie della presenza di Cristo nel mondo, i suoi membri non possono fare a meno di incamminarsi sulle stesse vie che il Signore ha scelto di percorrere. Non tanto i vuoti corridoi di marmo di indisturbati palazzi del potere, quanto piuttosto le vie dove abita e lavora la gente, vie ricolme di angeli e indemoniati, sapienti e prostitute, peccatori e santi. D’altra parte dalla liberazione del popolo d’Israele dalla terra d’Egitto in poi, la via di Dio – che è la via di Gesù – non è sempre stata un esodo (ex+hodòs) nel deserto? Un esodo verso la croce? Non è sempre un passaggio (pésach), sempre una Pasqua? La Chiesa del sinodo è nelle parole finali di Gesù: “Andate, io sono con voi.” (Mt 28,19-20).