Solidarietà da comunicare. Sempre!

È stata una serata di approfondimento ma anche di grandi emozioni quella ospitata lo scorso 25 novembre alla Sala Incontro della parrocchia di San Rocco a Gorizia.”Una solidarietà da comunicare”, questo il tema dell’incontro promosso da Arcidiocesi, Caritas diocesana e dal nostro settimanale, ha portato a Gorizia Vittorio Morgante, direttore di Tv2000 con una lunga carriera di giornalismo nelle sedi Rai regionali alle spalle. Accanto a lui a parlare di solidarietà e comunicazione, monsignor Ruggero Dipiazza, direttore di Caritas diocesana negli anni ’990 anni “caldi” dal punto di vista della migrazione dei popoli e dell’accoglienza.Ad aprire la serata, il saluto – per mezzo di un video – dell’arcivescovo Carlo, impossibilitato a prendere parte all’incontro a causa di alcuni impegni istituzionali. Il vescovo ha voluto ricordare come “comunicare” sia sinonimo di raccontare; dobbiamo però ricordare che si tratta di raccontare persone, con le loro storie ma anche con le loro difficoltà e debolezze.Un saluto è stato portato poi da monsignor Armando Zorzin, vicario generale, che ha posto l’attenzione sul senso della parola Solidarietà “che è l’avvicinarsi a chi soffre, chi è solo e in difficoltà, isolato. San Vincenzo de Paoli diceva di curare Dio, presente nel povero che abbiamo accanto a noi. Abbiamo il compito di portare umanità cordiale e feconda al di là delle nostre differenze”.Accanto a loro anche il diacono Renato Nucera, direttore di Caritas diocesana, che ha portato il suo ringraziamento per le “opere fatte, gli sforzi e il coraggio” ai suoi predecessori, tra i quali proprio monsignor Dipiazza, “la cui testimonianza è sprone per il nostro operato futuro”.Ha fatto seguito l’intervento di Vincenzo Morgante, che ha scelto di partire riportando come esempio gli scritti di San Paolo, figura che può essere assunta ad esempio per i giornalisti. “Con i suoi testi – ha commentato – ci sprona a non fermarci all’aspetto esteriore delle parole ma a guardarne l’aspetto “interiore”, alle sfaccettature che possono avere all’interno di un discorso. Ci dà inoltre una forte lezione sul non mettere mai in campo invidie e risentimento; il rischio del giornalismo è infatti quello di cadere nel protagonismo, lo stesso che hanno oggi anche i frequentatori dei social, con una continua ricerca allo scoop e al clamore, a discapito della solidarietà”.Come sfuggire allora a questo pericolo? La risposta Morgante la trova “paradossalmente proprio all’interno dei social, piattaforma potentissima da usare con mezzi edificanti”. Se è vero infatti che, fino a qualche decennio fa, si aveva un’asse verticale nella pervasività mediatica, con la tv e la radio che arrivava direttamente agli spettatori e ascoltatori, oggi l’asse è orizzontale e sono gli stessi utenti a sollecitare i mezzi di comunicazione, fino a diventare essi stessi generatori di informazioni. “In questo contesto raccontare la solidarietà è necessario – ha sottolineato il direttore di Tv2000 – per spiegare la realtà nella sua interezza, dimostrando che si vive anche di qualcosa di diverso da sé stessi, non dimenticando mai che si tratta non di numeri ma di persone”.Dopo Vincenzo Morgante, la parola è passata a monsignor Ruggero, che ha ripercorso gli anni passati a portare aiuto nei Balcani martoriati dalla guerra, sottolineando la necessità – di allora ma sempre attuale – di conoscere l’altro per poterlo aiutare nella giusta maniera, evitando di metterlo a disagio o in situazioni che non vorrebbe si venissero a creare. “Si tratta di avere la delicatezza giusta – ha sottolineato Dipiazza -: al tempo non volevamo passare per chi andava ad intaccare degli equilibri, per qquanto fragili, comunque sedimentati”. Monsignor Ruggero si è poi soffermato sull’esperienza del San Giuseppe che in 12 mesi fu capace di accogliere 8.500 persone in fuga dai Balcani, arrivando a 14.000 nei 5 anni successivi. “Attorno al San Giuseppe si accese una solidarietà spontanea, con almeno 150 volontari che, a rotazione, si spesero notte e giorno per far sentire queste persone accolte. Credo che oggi un po’ tutti noi, nelle nostre parrocchie, dovremmo educare le nostre comunità alla solidarietà, perché poi le risposte si hanno ma va sempre posta una dose di sensibilizzazione”. Al termine della serata l’attuale direttore Caritas ha omaggiato il suo predecessore con una targa recante una citazione di papa Francesco: un modo per ringraziare, ancora una volta, monsignor Ruggero per il prezioso lavoro svolto nel suo mandato.

Il bisogno di raccontare anche ciò che funziona

Com’e possibile sui social, dove fake news e parole d’odio sono all’ordine del giorno, parlare di solidarietà? Come dotarsi delle “armature” necessarie a non farsi travolgere da queste ondate?A questi e molti altri interrogativi si è cercato di dare risposta nel corso dell’incontro “Stranieri come noi. Comunicare la solidarietà?!?”, organizzato da Arcidiocesi, Caritas diocesana, Voce Isontina e Università degli Studi di Udine – Corso di Laurea in Relazioni pubbliche.Ad alternarsi di fronte ad un folto pubblico composto da studenti della Laurea triennale, un ricco panel di relatori: Bernardo Cattarinussi, docente di Sociologia all’Università di Udine, il direttore di Tv2000, Vincenzo Morgante, Valeria Emmi, advocacy coordinator di Cesvi Onlus e il direttore di Voce Isontina, Mauro Ungaro. A moderare la mattinata, la coordinatrice del Corso di Laurea, Renata Kodilja.L’incontro si è aperto con una prima parte istituzionale, con i saluti dell’arcivescovo Redaelli, il quale ha ricordato come “comunicare la solidarietà sia estremamente importante e, per certi aspetti ancora più impegnativo che comunicare un brand, perché significa comunicare qualche valore che riguarda la persona”, i saluti della delegata del rettore per il Centro polifunzionale di Gorizia, Nicoletta Vasta, e del direttore di Caritas diocesana, diacono Renato Nucera, che ha sollecitato i ragazzi ricordando come, per comunicare la solidarietà, ma al contempo l’amore, ci voglia una buona dose di coraggio, perché ci si espone in prima persona: “la vera ricchezza è saper essere attenti uno dell’altro, trovare modi e pratiche per non lasciare indietro nessuno. Difficile, ma sono sicuro ne valga la pena”.La mattinata è così proseguita con gli interventi dei relatori. I primi a prendere la parola, la professoressa Kodilja e il professor Cattarinussi, che hanno posto alcuni elementi necessari agli studenti per avere gli strumenti adatti ad affrontare l’argomento. Kodilja si è soffermata sui concetti di percezione e rappresentazione dello straniero, contenuti che vanno a toccare anche la sfera emozionale di chi riceve determinate informazioni che, se poste con specifiche parole, possono scatenare una sensazione di paura; non da ultimo, nel mondo dell’informazione spesso si assiste a una deumanizzazione dello straniero, facendolo diventare un numero o spersonalizzandolo, legandolo solamente alla sua nazionalità o etnia. Cattarinussi ha fatto seguito parlando di altruismo, parola che caratterizza la Sociologia sin dai suoi albori. “Altro non è – ha illustrato il docente – che l’azione messa in atto da una persona o un gruppo per migliorare la relazione con l’altro o con un gruppo”. Strettamente legato a questo anche il fenomeno dell’empatia, ossia la capacità di “camminare nelle scarpe dell’altro”.Dopo questa “infarinatura” per ottenere il quadro generale di riferimento, la parola è passata al direttore Morgante, che ha portato all’attenzione dei ragazzi presenti la crisi che da qualche anno stanno vivendo i media generalisti: “gli spettatori, ascoltatori o lettori che siano, hanno avvertito una certa stanchezza nella rappresentazione da parte di questi media, che si sono dedicati molto alle ombre e poco alle luci; non c’era, forse, una completezza delle informazioni. Si è sentito il bisogno di raccontare anche ciò che “funziona” e questo, in termini di solidarietà, ha un valore fortemente connotato”. Ha quindi presentato il concetto dell’asse verticale – che ha caratterizzato nei decenni scorsi tv e radio – dando un’informazione “calata” dall’altro verso l’utente, anche con una funzione formativa, la quale ha lasciato spazio oggi ad un’asse orizzontale, dove i fruitori sono al tempo stesso anche generatori dell’informazione. “Ecco quindi che i social possono diventare uno strumento per fare pedagogia… senza fare pedagogia. Parlare di temi legati all’altro, con un semplice cellulare, può essere veramente incisivo perché racconta la realtà e la quotidianità con un linguaggio semplice, ritmato e un’immagine non sofisticata. Ovviamente, ciò che va sempre ricordato è che si racconta qualcosa di una persona”.Valeria Emmi ha presentato ai ragazzi e a tutti i presenti una serie di dati, per mettere tutti di fronte allo stato reale delle cose, in contrapposizione al percepito. Un esempio: in Italia una serie di persone intervistate da Cesvi, alla domanda “quanti stranieri risiedono in Italia?” ha risposto affermando “il 30%”. Recenti dati Istat affermano che gli stranieri residenti toccano soltanto il 9% della popolazione.A chiudere la carrellata dei relatori, il direttore di Voce Isontina, Mauro Ungaro, che ha richiamato le parole di papa Francesco, il quale ci invita a parlare delle periferie: “a livello personale, pensandoci, ognuno è “periferia” dell’altro. Ecco quindi che non posso più parlare di periferia come luogo di degrado ed emarginazione. Come supero tutto ciò? Mettendomi dapprima in ascolto e poi facendo silenzio. La persona va ascoltata da pari; il silenzio è poi condizione necessaria tra l’ascoltare e il comunicare: serve a fare discernimento sulle notizie, a capire cosa va proposto e cosa no. Mettendoci in ascolto e poi in silenzio, per capire, avremo la forza per raccontare le periferie”.