Più cultura, più Pil

La gestione del patrimonio artistico e culturale italiano di creatività e di qualità è spesso criticata: si parla di scarsa valorizzazione e di abbandono, ci si pente delle risorse sprecate. Meno di moda è tenere in considerazione quanto di quel patrimonio porta frutto. Scopriremmo che investire in cultura porta maggiore produzione alle imprese italiane, offre un forte apporto all’occupazione, attrae investimenti e stimola altre aree economiche, a iniziare dal turismo ovviamente. Una ricerca di Union Camere evidenzia il contributo economico che cultura e creatività offrono. Il Rapporto 2015 si intitola in modo significativo: “Io sono cultura – L’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”. Si tratta di un osservatorio che analizza le aziende di architettura, design e artigianato come quelle che producono libri e videogiochi, e poi musei e convegnistica, siti archeologici e parchi divertimento. I dati sono eloquenti: in Italia le imprese del sistema produttivo culturale sono oltre 400mila (il 7,3%) delle imprese nazionali, insieme alle istituzioni pubbliche e del no profit del settore rappresentano il 5,8% dell’economia nazionale. E soprattutto hanno un effetto di moltiplicatore economico: perché per ogni euro prodotto se ne ricava 1,7 sul resto dell’economia per un totale di 227miliardi di euro. La filiera della cultura è preziosa anche per il contributo alle forze lavoro: impiega oltre il 6% degli occupati (1,5 milioni di persone). Inoltre la cultura e la creatività sono portatrici di maggiori profitti: il fatturato delle imprese che hanno investito in creatività negli ultimi due anni è cresciuto del 3,2% e ha portato anche a un aumento delle loro esportazioni del 4,3%. Poi c’è il turismo: l’Italia è il paese dell’Unione europea più attraente per i turisti dei nuovi paesi emergenti. Dalla lettura di questi dati emerge un pensiero sulla scarsa predisposizione degli italiani a godere delle ricchezze prodotte, perché trascuriamo il nostro patrimonio. Servirebbe una sensibilizzazione maggiore perché dalla capacità di apprezzare la bellezza nelle sue diverse forme potrebbe nascere anche un nuovo rispetto per i valori collettivi del Paese, a volte messi in disparte per favorire gli interessi privati.