La violenza non potrà mai dirsi parte del mondo del lavoro

Quando hanno consentito alle donne di accedere ai Corpi dell’Arma, tutti hanno pensato si fosse raggiunto un grande traguardo per la parità di genere: donne nell’Esercito, nella Marina, nei Carabinieri, nella Finanza, nell’Aviazione e nella Polizia che garantissero un maggiore equilibrio non solo di rappresentanza ma anche di contenuti.La cronaca di questi giorni invece restituisce la peggiore delle notizie ovvero un caso di nonnismo nella caserma Piemonte di Trieste dove una militare graduata ha maltrattato una giovane soldatessa ed è stata per questo denunciata (da Il Piccolo del 29 marzo).Senza cadere nei luoghi comuni che vorrebbero una responsabile, solo per il fatto di essere donna, necessariamente più “amorevole”, sorprende che le donne non riescano a proteggersi vicendevolmente in un ambiente ancora tipicamente maschile, organizzato e pensato dai maschi per i maschi compresa la (sempre più desueta) deplorevole prevaricazione fisica fatta dagli anziani sulle reclute. Anzi, sorprende che diventino loro stesse aguzzine di altre donne più giovani.Questo è un tema alla ribalta in quest’occasione ma purtroppo è estremamente comune e trasversale anche a tanti altri ambiti di lavoro dove le discriminazioni sulle donne, ed in particolare sulle giovani donne, provengono proprio dalle loro superiori:donne indurite dalla gavetta e anestetizzate dal lato umano, sorde ai bisogni altrui che si ritrovano a scimmiottare vecchi rituali di potere a ostentare così l’essere all’altezza del proprio alto incarico.Ma chi l’ha detto che gestire potere significa poter prevaricare, offendere e, nella peggiore dei casi, violentare? Chi ha diffuso l’equivoco che saper ascoltare l’altro sia un indizio di debolezza e viceversa la prevaricazione prova di forza?Le donne che esercitano così scomposte la loro responsabilità non sono segno di una raggiunta parità, anzi all’opposto dimostrano la loro paura di non essere abbastanza, di non essere percepite capaci (come lo sarebbero stati gli uomini) e così ricalcano vecchi stereotipi patriarcali tipizzati in assenza di un proprio preciso indirizzo.Invero, l’essere responsabili di un reparto o di un ufficio dovrebbe rivelare la capacità di prendersi cura del proprio staff e non nel senso caritatevole del termine, ma di sicurezza di gestione al fine di mantenere quell’armonia funzionale al perseguimento degli obiettivi, un talento a cui le donne (per tradizionale ruolo di cura familiare) dovrebbero esserne di gran lunga avvantaggiate. Allora perché rinunciarvi barattandolo con atteggiamenti violenti? La violenza, verbale e fisica, non potrà mai dirsi parte del mondo del lavoro e in quanto tale non va mai applaudita, ripetuta e desiderata. Lo sanno bene anche i Giudici chiamati a pronunciarsi sulla denuncia fatta dalla soldatessa di Trieste che non hanno esitato ad infliggere alla sua responsabile ben 10 mesi di reclusione.Una importante lezione di vita e di parità.