La vocazione: esperienza di Dio fra stupore e meraviglia

Domenica 8 maggio, IV di Pasqua, chiamata anche “del Buon Pastore” si è celebrata anche in diocesi la 59a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. La Chiesa ci chiamava in modo particolare a contemplare la vita come una chiamata di Dio, una risposta grata al suo amore che sempre ci precede.Due gli appuntamenti che hanno caratterizzato la giornata. Alle ore 17.30 in Cattedrale il tradizionale incontro di fine anno delle Zelatrici, con la preghiera del Santo Rosario per le vocazioni, la testimonianza del seminarista Manuel Millo e poi la consegna delle offerte per il Seminario Interdiocesano nelle mani dell’Arcivescovo.Successivamente, sempre in Cattedrale la Santa Messa presieduta dall’Arcivescovo con il conferimento del Ministero dell’Accolitato al seminarista Matteo Marega, in servizio pastorale nella Parrocchia di Grado.Di seguito la sintesi della testimonianza che ci ha offerto Manuel:Ancora oggi quando penso alla mia vocazione non posso fare a meno di stupirmi del senso profondo di questa chiamata. Proprio così: Una chiamata. Ma in che termini e misura? È davvero esclusiva e riservata? Ho compreso in tutti questi anni trascorsi prima a lavoro e poi in seminario ma ,aggiungerei,prima ancora in parrocchia da ragazzo, che la semplicità della chiamata riguarda il cuore di ogni uomo. A fare che cosa? Semplicemente a custodire con gioia anche nei momenti più complessi, il dono che Dio ha fatto a noi attraverso la Vita di cui noi siamo custodi e non titolari. Forse per un attimo abbiamo interpretato questo carattere di gratuità come la possibilità esclusiva di dominare le cose e le relazioni. Basta semplicemente che una preoccupazione del quotidiano ci passi accanto e questa sensazione di controllo – perché di questo si tratta – svanisce velocemente all’orizzonte. Ecco allora che nell’incontro di uno sguardo alla realtà dell’infanzia innocente possiamo fare memoria di quegli occhi con cui il Figlio di Dio guarda il mondo: sono gli occhi dello stupore e della meraviglia. Vocazione al sacerdozio significa comprendere con consapevolezza che quello stupore è ancora vivo in noi, che l’esperienza della Fede è dei sacramenti cristiani rinnovano e promuovono una dimensione in cui possiamo essere uomini e donne testimoni di speranza,di amore, di contemplazione e azione. Ma se pensassimo a un fine meramente strumentale rischieranno di cadere nell’errore. Il cristiano non è un supereroe da fumetti che indossa il mantello della Fede per farsi bello, ma indossa un abito che parla di valorosa e umile dignità nei confronti del prossimo e la vocazione, come natura di chiamata alla vita piena nella gioia profonda anche davanti alla “tempesta”, è aperta, nella libera adesione, a tutti coloro che lo desiderano con Verità. Forse le mie sono brevi parole che richiamano un pensiero del cuore, ma chi saprà leggere oltre le righe un giorno comprenderà che parlano semplicemente di un incontro vivo e presente per tutti noi: quello del Signore Gesù.