La tradizione del Sepolcro Pasquale a Chiopris

La memoria si abbandona nel tempo alla metà dell’Ottocento, probabilmente negli anni sessanta e settanta dello stesso secolo, quando si è percepita la necessità di dotarsi di un allestimento molto ricercato che è propedeutico alla sacralità del triduo pasquale ed insito nella relativa liturgia che richiede che a partire dalla sera del giovedì santo non si suonino le campane e si deponga il corpo di Gesù nel sepolcro; sepolcro molto ben inserito e che bene si introduce nel contorno dell’altare laterale sinistro riservato al Sacro cuore di Gesù.
Per quest’anno si è proceduto in ben undici persone a montarlo pezzo dopo pezzo, con la pazienza che ci ha portato a costruirlo con la solita passione e che componendo i tre archi uno dopo l’altro, ti coinvolge quasi in una voglia innata di vederlo subito definito sin nei minimi particolari, perché è stupendo solo alla visione dei singoli elementi che lo costituiscono; in questa occasione il lavoro è stato più sentito perché percepivamo anche l’emozione della partecipazione seppur solo morale di Gianni che poteva seguirci solamente dalla sua abitazione.
Abbiamo ripetuto i gesti e le procedure che chissà per quanti anni i nostri avi avevano già fatto; due anni fa Giovanni Gratton a tre quarti dell’opera ha esclamato: e pensà che une volte e stavin une setemane (noi siamo stati quasi una mattinata).
Bisogna pensare infatti che esiste tutta una ferramenta di pezzi in ferro di varie lunghezze e di gattelli e cunei in legno che solamente le mani di falegnami e fabbri esperti potevano realizzare e che chissà quante volte è stato oggetto di piccole riparazioni; quando è stato oggetto di sistemazione una ventina di anni fa sono stati quasi del tutto rifatti restituendoci un piccolo tesoro che era stato da tantissime chiese dismesso dovendo rispettare le norme del Concilio Vaticano secondo.
Si deve fare attenzione agli incastri ed alle prospettive per poter arrivare al risultato finale che è stupendo e che riempie la chiesa con un esempio del lavoro artigiano da segnalare per la bontà dell’opera e per l’operosità e la ricercatezza nei minimi particolari. I quattro soldati ognuno dei quali con una particolare espressione, i due angioletti sulle colonne dell’arco di mezzo, il libro chiuso con sopra l’agnello posti al di sopra del sepolcro, i due grandi angeli inchinati ed a mani giunte messi alla destra ed alla sinistra, la raffigurazione di Gesù deposto, assieme ai tre archi in legno totalmente dipinti che fanno un gioco unico di prospettiva, concorrono a dare il lavoro del tutto intonato all’altezza della nicchia dell’altare laterale sinistro. I sei angeli, due per arco, in un gioco di prospettiva ben ragionato fanno ancora di più immergere il fedele tendendo al paradiso, con i due angeli del primo arco che sostengono il drappo della sindone con la parte raffigurante il volto di Gesù sofferente e con la corona di spine.
La storia ci dice che dopo la riapertura della chiesa a seguito del suo completo restauro nel 2003, si sentì la necessità di riesporre il sepolcro, anche se dalla liturgia è stato tolto ed ormai da pochissime parti lo si propone.
Venire in chiesa per pregare e per le occasioni date dalle celebrazioni liturgiche, in questo periodo dà anche la possibilità di poter approfittare per ammirare il magnifico sepolcro della Chiesa Parrocchiale di Chiopris che è presumibilmente opera del pittore di arte sacra udinese di nascita Lorenzo Bianchini che operò in tante chiese della nostra Diocesi a partire da Villesse nel 1863 e che quasi sicuramente è uno dei pochissimi esempi ancora rimasti.

Carlo Schiff