Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?

“Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. È questa la domanda dell’avvento.
La domanda del Battista è la domanda fondamentale e forse
anche la nostra.
Il Battista aveva scommesso tutto su Gesù. Non aveva dubbi che su quell’uomo vi sarebbe stato il giudizio definitivo di Dio sull’uomo.
Lui sarebbe stato colui che “tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile” (Mt 3, 11,12).
Il contesto della domanda del Battista, tuttavia, è diverso dal periodo della predicazione al fiume Giordano. Giovanni è in carcere, sta per morire, e quel Gesù sul quale aveva scommesso tutto,
compie cose incomprensibili, come sedere a mensa con i peccatori.
Non corrisponde a quanto aveva annunciato.
La persona per la quale il Battista aveva dedicato la sua vita, non rispondeva più alle sue attese.
La domanda del Battista in qualche modo risuona ancora oggi qui in Terra Santa, in uno dei suoi periodi più bui.
Nel mezzo di una guerra che sta facendo migliaia di morti, in un mare di odio profondo tra le due popolazioni, israeliani e palestinesi, cariche di risentimento reciproco, senza chiare prospettive di cambiamento, almeno a livello sociale e politico…
Insomma, in questo contesto così profondamente lacerato, con conseguenze enormi sul piano della vita, qui e in tutto il mondo, verrebbe da chiederci, come il Battista: “Il Tuo Regno non doveva essere un Regno di pace? Non sei venuto per questo? Che ne è della tua promessa?”.
Ma Gesù risponde. Rimanda il Battista alle Sue opere, citando il profeta Isaia: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista… ai poveri è annunciato il Vangelo»
(Mt 11,5).
Sono quelle e non altre le opere che annunciano l’arrivo del Regno di Dio.
Gesù ci invita a rileggere le proprie opere e la propria storia alla luce della Parola di Dio e in essa trovare la risposta alle proprie domande, senza avere la pretesa di capire tutto e subito, ma con pazienza e
fedeltà stare nella domanda.

Chiede di imparare a sentire e vedere qualcosa che non vede ognuno, e non senza attenzione e vigilanza.
Si devono aprire gli occhi e gli orecchi per comprendere realmente ciò che accade accanto a sé, liberare il nostro vedere e il nostro udire e il nostro cuore dalle attese sbagliate.
È una indicazione anche per noi oggi qui in Terra Santa.
Gesù ci ha restituito la libertà vera del cuore e la capacità di guardare la vita del mondo in una nuova luce, quella del Risorto, e ci chiede di cambiare il mondo in quella luce.
L’avvento è un invito per la nostra comunità cristiana di Terra Santa a udire e vedere il Regno di Dio che, nonostante tutto, ancora si compie laddove ci sono persone che, in questo mare di dolore e di odio, non hanno paura di donare la loro vita per amore, restituiscono uno sguardo di tenerezza sulla vita, portano speranza e luce a chi è nel dolore, e non
permettono così alle tenebre di avvolgere il mondo.
di † Pierbattista card. Pizzaballa, Patriarca di Gerusalemme per i Latini

(Questo testo è stato scritto dal Patriarca appositamente per i settimanali diocesani del Triveneto  e viene pubblicato contemporaneamente nelle edizioni cartacee o online in questa seconda domenica di Avvento)