Un grande locale parte della storia di un piccolo paese

Parole di incoraggiamento, di ammirazione da parte del consigliere regionale Diego Moretti; ha messo in evidenza lo spirito creativo e l’unione di famiglie, così ha consegnato “Alla Città di Trieste” una riproduzione in ceramica del sigillo regionale e una medaglia commemorativa del Consiglio regionale Friuli Venezia Giulia.Un paese piccolo piccolo, carico di storia, Nogaredo; è stato di qua e di là del grande fiume; ha visto un Papa, quando i papi non si muovevano facilmente (14/3/1782).Aveva dogana all’ Epoca di Maria Teresa ; l’edificio resiste ancora; aveva due chiese: di San Daniele, viva fino in Epoca napoleonica, e di Sant’Andrea, che parla di acque (il santo era un pescatore); ha nascosto fino a qualche anno fa, immagini affrescate del Medioevo ora rimesse in luce.Qui era il confine tra Venezia e l’Austria, già dagli inizi del ’500, e dal 1866 fra l’Impero d’Austria e ItaliaEra un paese ricco d’architettura spontanea di pregio, e dalla viva socialità, che si sta riscoprendo (si pensi al Presepio del Borgo). Le acque temute, per l’errare non arginato dei fiumi, ma amate, tanto da abitarvi accanto, le avevano fatto dono d’ una terra leggera, sabbiosa, adatta a coltivare il prezioso turione chiamato asparago. C’era la sua brava leggenda d’origine, per l’asparago nogaredese; ora si è reinabbissata nel tempo. Numerosi produttori c’erano (pionieri anche per un celebre frutto, la pesca a Nogaredo, venduta, di paese in paese, da Toni Percos), ed una festa era nata per l’asparago.Ora la tradizione è tenuta in vita da un produttore e da questo locale, che, per l’anno, delizia i clienti, anche con cibi sapidi e rustici, apparentati al nuovo in un caleidoscopico subbisso di sapori: dalla aringa, regina dei mari del N, ad asparagi, funghi, in stagionalità prolungata e riempita da tanto altro nel corso dell’anno.L’aringa, un tempo guardata in tralice, per monotoni accompagnamenti a montagne di saziante polenta, è ora  è regina di frittate dorate; con aglio e prezzemolo, prataioli; mansueta da porro cotto; da peperoni; illuminata da radicchio rosso; ancora con rossi fagioli e menta, e con rossa mela, apparentata a pennette, e via oltre…Nonostante ricerche pazienti, si va indietro di poco più di settant’anni per questo locale, cui era associato un piccolo negozio di alimentari, un servizio sociale del tempo, se si pensa agli odierni supermercati, unici dispensatori di cibo.Con il marito Enzo, ha preso in mano l’osteria e l’ha rilanciata Anastasia Petris, da più di quarant’anni ai fornelli. L’ha trasmessa, in quest’ideale staffetta culinaria, alla figlia Isabella e al genero Alessandro Bruno.Dal Mercoledì delle ceneri, sulla lavagna accanto all’ingresso, si succedono semplici scritte a gesso: “Aringa. Asparagi. Funghi”, parole che mantengono molto, molto di più dell’annuncino, contornate da professionalità capace e viva cordialità.”Alla Città di Trieste”; il nome, dal mondo di qui che guardava alla Trieste emporiale, cosmopolita, Eldorado per i lavoratori friulani della Contea di Gorizia. I Triestini ricambiavano il territorio con desiderate, apprezzate e festose visite alle nostre osterie. E così continua una storia di impegno, inventiva e accoglienza…