La cultura del rispetto

Cos’è il rispetto? Sembra quasi una domanda retorica, metafisica, a tratti impalpabile eppure le cronache continuano a consegnarci situazioni dove il rispetto è certamente assente e la sua mancanza pare esacerbare i rapporti umani, tanto nelle democrazie occidentali quanto in tutti gli angoli della Terra. Allora forse chiedersene per ricercare traccia non è così anacronistico […]

27 Ottobre 2023

Cos’è il rispetto?
Sembra quasi una domanda retorica, metafisica, a tratti impalpabile eppure le cronache continuano a consegnarci situazioni dove il rispetto è certamente assente e la sua mancanza pare esacerbare i rapporti umani, tanto nelle democrazie occidentali quanto in tutti gli angoli della Terra.
Allora forse chiedersene per ricercare traccia non è così anacronistico come pare e se potesse servire come deterrente all’odio non sarebbe proprio una perdita di tempo.
Di questo tema il Movimento Politico per l’Unità del Friuli Venezia Giulia, presieduto dal Mario e Maria Grazia Ravalico, insieme al Centro Culturale Veritas di Trieste e la preziosa supervisione di Padre Luciano, ne hanno promosso il 16 ottobre scorso un momento di riflessione dal titolo “La cultura del rispetto” con ospite proprio la sottoscritta nella sua veste di Consigliera Regionale di Parità.
Ne è emerso un dibattito partecipato dove è stato chiaro sin da subito che il “rispetto” non è una strada univoca: non è materia scolastica e forse neppure più argomento familiare.
Chi affronta questo tema oggi pare essere un pioniere in una terra di nessuno, rifacendosi per lo più alla propria personale separazione di quel “bene” e “male” che ha appreso da bambino, all’educazione cristiana se ne ha avuta, ai richiami educativi ricevuti dai terzi.
Nemmeno il dizionario ci aiuta ad una definizione chiara ove lo circoscrive come quell’”astensione da fatti o atti lesivi e offensivi”, una definizione al negativo dunque (di “non fare”) ma non attiva (“fai”), propositiva, costruttiva di un vivere inclusivo.
Quel che è certo è che lì dove il rispetto non c’è, è la prevaricazione di uno, il più forte, sull’altro, inferiore, a farne da padrona a danno ovviamente della parte più debole considerata non “di pari interesse”.
Ecco dunque che le mortificazioni, umiliazioni, vessazioni ma anche posticipazione delle altrui ragioni diventano così accettabili, quasi fisiologici con l’umana asimmetria e il conseguente disvalore sociale.
Si è dibattuto sull’assenza di rispetto fra i generi, maschile e femminile, ove i diritti delle donne paiono essere rimasti congelati ai movimenti degli anni ’70, ma anche verso i giovani (i grandi assenti dell’attenzione sociale), verso i disabili (sempre più a carico delle proprie famiglie), verso gli anziani: tutti coloro cioè impossibilitati dalla massima resa produttiva dell’uomo medio, sano e titolato (eleggendo così di fatto come unico obiettivo la redditività e il potere).
Quel che è certo invece è che chi non sa rispettare l’altro, mostrandosi quindi accogliente verso le sue differenze, non può elevarsi a leader, a buon padre, a dirigente: l’atrofia della propria intelligenza emotiva dovrebbe pesare negativamente su quella logico-funzionale come ostacolo al bene comune.
Ma funziona davvero così la società di oggi o hanno tutti anche inconsapevolmente abdicato ad un modello virtuoso ingannati dal Dio-denaro?
Di rispetto bisognerebbe sempre parlarne, in qualunque forma e con qualunque contenuto, pretendendolo ed esercitandolo quotidianamente fin dai tempi in cui si litiga per il campetto di pallone, come scudo da lucidarsi costantemente per proteggere gli individui (e quindi di riflesso tutta la comunità) dalla tentazione di erigersi a prevaricatori.
Maledetta superbia che ci rende ciechi e sordi davanti ai nostri simili.
Di rispetto ne capiamo solo quando è assente e le vittime siamo noi.