Madre nel segno della vita e della libertà

“La Mamma è sempre la Mamma” recita un noto detto, ma chi è la Mamma e perché ha questo ruolo insostituibile che ogni cultura e angolo della Terra le tributa indiscutibilmente? Ho avuto la fortuna di seguire delle lezioni di psicologia del professor Massimo Recalcati, conosciuto psicanalista saggista e divulgatore italiano, attivo sostenitore della tradizione […]

10 Maggio 2024

“La Mamma è sempre la Mamma” recita un noto detto, ma chi è la Mamma e perché ha questo ruolo insostituibile che ogni cultura e angolo della Terra le tributa indiscutibilmente?
Ho avuto la fortuna di seguire delle lezioni di psicologia del professor Massimo Recalcati, conosciuto psicanalista saggista e divulgatore italiano, attivo sostenitore della tradizione degli studi di Lacan (quelli che, per intenderci, hanno susseguito il prezioso lavoro del celeberrimo Freud), che a lungo si sono soffermati sulla figura della Madre.
La Madre è il luogo della cura, il cui significato lo cogliamo meglio se lo contrapponiamo all’opposto, all’incuria. Madre è colei che attraverso la cura trasmette la vita.
In anni di rivendicazioni femministe per l’equiparazione sociale fra uomini e donne, la psicanalisi non teme moralizzazioni e riconosce quello che è: la madre curatrice (accrescitrice, sviluppatrice) del corpo e dell’anima dei propri figli.
Una cura fatta di azioni che circolano non in una sterile ripetizione standardizzata, ma con singolarità differenti: come avere il figlio unico porta ad avere attenzioni irripetibili, così averne più di uno vorrebbe che siano tutti trattati come figli “unici”, ognuno con i propri singoli bisogni.
E come è possibile farlo?
La cura ha bisogno di tempo e di presenza, non di auto-annullamento (come nel mito di Medea), ma di conciliazione fra l’essere madre e donna, due ruoli separati e sovrapposti dove l’uno non può e non deve azzerare l’altro. Far diventare i propri figli l’unico oggetto della propria vita significa imprigionarli ed imprigionarsi.
Si fanno chiamare “mamme chiocce” nel migliore dei casi, o “mamme coccodrillo” nei peggiori, quelle che mangiano la libertà dei propri figli per rivendicarne la proprietà.
Ma allora cosa o chi inquadra il giusto equilibrio tra essere donna e madre?
La società patriarcale risponderebbe che a recidere il cordone ombelicale è il padre. Invece Lacan ritiene che l’equilibrio sia qualcosa che non provenga dall’esterno ma dall’interno, dalla maturità della madre che sa indietreggiare e ritornare a sé stessa di fronte alla crescita del figlio.
Così come quando una donna partorisce che ha la consapevolezza, perché è nella sua natura, che se quel corpicino non esce e si separa da lei, lui ne morirà soffocato o così come, nei primi anni di vita, gli insegna a camminare per allontanarsi da solo, l’abbandono, inteso come distacco fisico e mentale, è l’unico viatico per un giusto equilibrio.
Bellissimo il racconto biblico di Re Salomone che, non sapendo a chi consegnare un bambino rivendicato da due madri, vuole con la spada tagliarlo in due parti per consegnarne ad ognuna un pezzo. Solo una delle due madri, di fronte a questa efferata intenzione, indietreggia e prega che, piuttosto che la morte di quel figlio, lo tenga l’altra donna.
Così Re Salomone scopre chi è la vera madre.
Ma non nel senso di chi l’ha partorito, ma di chi lo ama per davvero nel segno della vita e della libertà.

(foto Siciliani-Gennari/SIR)