Un referendum sul futuro energetico e ambientale

Il 17 aprile i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimersi sulla durata delle autorizzazioni già rilasciate per l’esplorazione e la trivellazione nelle acque oltre le 12 miglia, cioè a 22,2 chilometri dalla costa. Il 19 gennaio la Corte costituzionale ha infatti ritenuto ammissibile uno dei sei quesiti referendari in materia di estrazione di idrocarburi, il cosiddetto “referendum sulle trivelle”, presentato lo scorso 30 settembre da nove Consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania, Molise, inizialmente 10, compreso l’Abruzzo che poi si è ritirato), e già dichiarato ammissibile dalla Cassazione. Il quesito chiede l’abrogazione della norma che prevede che i titoli abilitativi già accordati oltre le 12 miglia – limite minimo ribadito dalle norme in materia della Legge di stabilità – possano durare fino all’esaurimento del giacimento, prorogando di fatto i termini già previsti dalle concessioni stesse.  Questo il testo che gli italiani troveranno sulla scheda: “Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ’Norme in materia ambientale’, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ’Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)’, limitatamente alle seguenti parole: ’per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale’?”Per Legambiente, che ha elaborato i dati del ministero dello Sviluppo economico, la questione riguarda 127mila chilometri quadrati di fondali marini di Adriatico, Jonio e Canale di Sicilia.

Di cosa parliamo?Oggetto del referendum sono solo le trivellazioni effettuate entro le 12 miglia marine (corrispondenti circa a 20 chilometri): allo stato attuale si tratta di 21 siti di cui 7 in Sicilia, 5 in Calabria, 3 in Puglia, 2 in Basilicata, 2 in Emilia Romagna, 1 nelle Marche e 1 nel Veneto. La maggior parte delle trivellazioni in acque italiane, complessivamente 66, sono collocate oltre le 12 miglia e quindi non ricadono nel referendum. Il quesito non riguarda nemmeno le possibili future trivellazioni entro le 12 miglia per la ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi gassosi o liquidi entro le 12 miglia: esse sono state, infatti, già vietate dal Decreto legislativo 152.Attualmente le trivellazioni vengono realizzate da varie Compagnie estrattive: la concessione dura inizialmente 30 anni e può essere prorogata al massimo per due volte per un periodo di 5 anni ciascuna raggiungendo quindi i 40 anni (più eventualmente cinque ulteriori possibili).Secondo la normativa vigente alla scadenza della concessione – dopo al massimo 40/45 anni – la trivellazione non può essere continuata. La norma che il Governo Renzi ha inserito nella Legge di stabilità – e che viene sottoposta al Referendum – afferma che anche quando la concessione termine, l’attività della Compagnia estrattiva può essere continuata fino all’esaurimento del giacimento.

Se vince il “no” o non si raggiunge il quorumQuello del 17 aprile sarà un referendum abrogativo: se non venisse raggiunto il quorum o in caso di vittoria dei no le estrazioni di idrocarburi non avranno scadenza certa e in molti casi potranno continuare sino all’esaurimento del giacimento.

Se vince il “sì”In caso di vittoria del “sì” le ricerche e le attività petrolifere attualmente in corso potranno essere continuate sino alla loro scadenza. Successivamente le Compagnie interessate potranno presentare una richiesta di prolungamento (non viene infatti eliminata la possibilità di proroga per 5-10 anni a quelle già in atto secondo quanto previsto dall’attuale normativa) che dovrà essere approvata in base a una valutazione di impatto ambientale. Al termine di questo periodo si giungerà alla cessazione dell’attività estrattiva nei siti attualmente interessati.Sarà possibile votare solamente nella giornata di domenica 17 aprile dalle 7 alle 23.