Al mercato? Non si butta via niente!

Gli ultimi anni hanno portato ad una riduzione della spesa e ad una maggiore attenzione da parte del consumatore al prodotto che si sta per acquistare o consumare. Grande attenzione viene anche prestata agli sprechi.All’interno di tutti questi cambiamenti, come si colloca il mercato coperto di Gorizia? Guardando ad una “filosofia” antispreco, cosa accade sui banchi al termine della giornata, cosa viene fatto della frutta e della verdura invendute?Abbiamo fatto un giro all’interno della struttura cittadina, sempre brulicante di persone, anche se forse non più come un tempo. In uno dei primi banchi del settore ortofrutta incontriamo Antonella Giuliano, da più di vent’anni presente con la sua collega all’interno del mercato coperto.

Avete notato un cambiamento nei consumi negli ultimi anni?C’è stata crisi anche nel nostro settore: abbiamo notato un calo delle persone che vengono a fare la spesa qui al mercato e nei consumi di questi utenti, che acquistano meno prodotto. Se prima compravano tre chili di arance o quattro chili di mele, facevano grandi acquisti di verdura, oggi la spesa è ridotta al minimo indispensabile.

Essendoci stato un calo negli acquisti della clientela, avete dovuto adeguare anche la vostra spesa a livello di grossisti?Non tantissimo, perché abbiamo sì avuto un po’ di calo ma il mercato si può definire ancora “un’isoletta felice” all’interno del più grande mondo della distribuzione alimentare, dove la gente continua a venire e a fare acquisti. Più razionalizzati, ma continuano ad esserci.

Quello che avanza a fine giornata – verdura e frutta troppo mature – come viene gestito qui tra i banchi del mercato cittadino?Al nostro banco non si butta via niente. Un po’ lo portiamo a casa noi proprietarie, un po’ si trasforma – dopo essere stato pulito, lavato e tagliato – in preparati per minestroni e risotti, molto richiesti dalla clientela; quello che proprio non è più possibile utilizzare, a fine giornata viene dato ai contadini locali per il consumo degli animali.

Le parole della signora Antonella sono confermate da un’indagine di Confesercenti. È emerso come molte famiglie in Italia si rivolgano ancora ai mercati per i prodotti “deperibili” (ortofrutta, pesce, pane), questo per l’alto rapporto qualità/prezzo, accompagnato da un’elevata professionalità gestita con un rapporto famigliare. L’indagine sottolinea anche come, a causa della minore capacità di spesa, gli utenti stiano più attenti evitando sprechi e ottimizzando gli acquisti; in questo, l’operatore del mercato ha un ruolo decisivo, consigliando e indirizzando l’utenza.Proseguendo il nostro “tour” incontriamo Anselmo Campanella dell’ortofrutta, che coglie l’occasione per sfogare tutto il suo disappunto legato all’attuale situazione che sta investendo il Paese.

Ha notato un cambiamento nei consumi da parte della sua clientela?Tutto viene consumato meno e, secondo me, non si butta via più come una volta; c’è più razionalità negli acquisti perché soldi non c’è ne sono. Chi guida il Paese non ha ancora capito che ha ormai ucciso il ceto medio, che è quello che fa girare tutto il mercato. Ha ucciso l’edilizia – per esempio -, nella quale lavorano muratori, piastrellisti, idraulici, elettricisti, moblieri…togliendo possibilità economica a questa fascia, di conseguenza si impoverisce tutto il mercato, perché i consumi sono fermi.

I suoi acquisti dai grossisti, come si sono modificati?A livello di mercato all’ingrosso, sono aumentati i prezzi, solo che non posso comprare di meno, perché il banco va comunque presentato sempre pieno alla clientela. La domanda c’è e non c’è, ma il banco deve essere allestito – anche nella speranza di vendere!

Quello che rimane invenduto, come viene gestito da lei?Un po’ porto a casa, un po’ lo porto ai parenti, quello che posso lo congelo – sempre per uso personale -; una parte viene lavata, curata e riutilizzata per creare del preparato per minestroni, infine una parte della rimanenza viene data ai contadini per gli animali da cortile, come galline e conigli; c’è sempre un secondo utilizzo. Va però tenuto presente che per noi l’invenduto è un mancato guadagno.Qualche bancarella dopo, incontriamo un’operatrice – che ha espresso il desiderio di rimanere anonima – anche lei presente da tempo nel mercato: ci racconta che, nonostante un calo nella clientela, il mercato dimostra di saper tener testa alla crisi e, cosa da non sottovalutare mai, è capace di evitare gli sprechi.

Signora, ha osservato un calo nei consumi negli ultimi due o tre anni qui al mercato?L’ho notata maggiormente in quest’ultimo anno; l’utenza consuma un po’ meno rispetto agli anni precedenti, anche se la situazione qui al mercato cittadino fortunatamente non è eccessiva. A livello personale ho fatto un parallelo tra i corrispettivi dello scorso anno e anche nell’anno in corso sono più o meno gli stessi, quindi il calo non è stato molto repentino, anche se sicuramente qualcosa c’è stato. Evidenzio periodi alti e periodi bassi, questo sì.

La Quaresima? Non è più il tempo del pesce!

La Quaresima nell’immaginario collettivo rimane il periodo dell’anno in cui la carne dovrebbe essere sostituita il più possibile dal pesce.Pensando anche ad uno stile di vita “sano”, verrebbe da pensare che i consumi di pesce siano aumentati o quantomeno rimasti stabili. La situazione però non è così. Una ricerca effettuata dall’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare ha messo in luce come, nel 2012, il consumo pro capite di pesce in Italia si sia attestato per la prima volta dall’inizio degli anni 2000 sotto i 20 chilogrammi.A causa della minore disponibilità economica, oggi purtroppo il pesce fresco per alcune famiglie è un “bene di lusso” a cui si è costretti a rinunciare, molte volte completamente. All’interno della nostra indagine nel mercato cittadino di Gorizia, ci siamo soffermati anche con Gianfranco Guzzon, responsabile di uno dei banchi pescheria, il quale ha purtroppo confermato anche in città i dati negativi della ricerca Ismea.

Signor Guzzon, in che modo qui al reparto pescheria c’è stato un cambiamento nelle abitudini dei consumatori?La nostra clientela è rimasta sempre la stessa, le abitudini riguardo la tipologia di pesce acquistato anche, ma sono decisamente diminuiti i quantitativi: chi prima prendeva un chilo, ora prende solo qualche pezzo di pesce. La spesa è molto più ponderata, la clientela compra solo quello che sa di consumare quel giorno.

Questo cosa ha comportato per voi a livello di spesa all’ingrosso?Chiaramente abbiamo dovuto iniziare a comprare qualcosa in meno e bisogna anche guardare a diversi grossisti per cercare di pagare meno il pesce, dal momento che poi bisogna cercare di venderlo al consumatore al più buon prezzo possibile, anche se è difficile perché la gente oggi acquista davvero poco.

Cosa accade al pesce che rimane invenduto?Il pesce invenduto, se diventa brutto bisogna buttarlo via, perché non possiamo nemmeno congelarlo. Non abbiamo convenzioni con associazioni: al sabato cerchiamo evitare ogni rimanenza; c’è qualche ristorante che compra maggiori quantitativi oppure ancora lo si porta a casa o si dà a qualche amico o parente.