Resta con noi Signore!

Caritas italiana, nasce il 2 luglio del 1971 su sollecitazione di papa San Paolo VI, venendo costituita con decreto della Conferenza Episcopale Italiana, inizialmente con fini educativi e pastorali. Nel 1981 la Cei presenta il documento intitolato “Chiesa italiana e prospettive del Paese” in cui la Chiesa sottolinea la necessità per la società di ricominciare partendo dagli “ultimi”. A partire da questa sollecitazione in quell’anno, in ogni diocesi, si costituisce una Caritas: anche nella nostra diocesi nel gennaio 1981 inizia ad operare questo organismo pastorale. Sono quindi trascorsi cinquanta anni dalla nascita di Caritas italiana e quaranta dalla costituzione di quella goriziana: un numero significativo e soprattutto biblico. Tante cose sono successe in questi anni di Caritas: anni passati in fretta ma che hanno visto il succedersi di tanti eventi, a volte anche duri e pesanti, tante persone impegnarsi, uomini, donne, giovani, sacerdoti che si sono offerti per aiutare e sostenere chi si trovava nel bisogno donando del proprio tempo e parte della propria vita per testimoniare l’amore verso i fratelli. Sento di aver ricevuto una grossa eredità da chi mi ha preceduto e la Caritas di Gorizia oggi è sicuramente il frutto di una storia che parla di tutto questo: l’impegno, il lavoro, il coraggio nelle decisioni, la serietà che i miei predecessori hanno avuto nello svolgere il ruolo di direttori.Monsignor Ruggero Dipiazza e don Paolo Zuttion – ai quali verrà chiesto nei prossimi numeri di portare la propria testimonianza su queste pagine – sono stati in questi anni dei testimoni credibili e per me, un esempio: ho sempre ammirato il coraggio e la capacità con cui hanno affrontato situazioni molto spesso difficili, con la fiducia di chi sa affidare la propria vita nelle mani del Signore. Tutto questo sostiene e sospinge noi oggi impegnati in Caritas, per affrontare le sfide di un mondo che cambia in modo così veloce da lasciarci senza fiato, col rischio di risultare inadeguati nel cercare risposte alle continue sollecitazioni che l’evoluzione dei tempi comporta. Sicuramente non possiamo rimanere ancorati sul “si è sempre fatto così”. Cambiano le leggi e i rapporti fra le persone, il volontariato è in buona parte in crisi, per troppo tempo si è pensato di risolvere ogni tipo di problema ricorrendo al denaro, convinti che in esso ogni cosa potesse trovare la sua soluzione. Così facendo con l’andare del tempo ci siamo dimenticati, forse, che la vera forza del nostro stare insieme e di Caritas è quello di camminare l’uno a fianco dell’altro, di sostenerci a vicenda, di non essere invidiosi ma solidali, di non guardare chi ha di più o di meno, di di saper Amare: il prossimo, la vita come dono prezioso che abbiamo ricevuto, la nostra comunità. I due discepoli di Emmaus discutevano animatamente mentre andavano per la via, tanto che non si erano neanche accorti che Gesù camminava al loro fianco: lo hanno riconosciuto quando si sono fermati e su di loro, che avevano discusso forse inutilmente per tutta la strada, stava scendendo la sera. C’è una sera per ognuno di noi, il momento in cui ci troviamo più fragili e abbiamo più paura, può essere l’età, la malattia, il bisogno economico, la solitudine, il senso di abbandono, sentirsi inutili… e si fa sera. Allora trovandoci in una di queste situazioni (e ci possiamo trovare tutti!) anche noi diciamo: “resta con noi Signore perché si è fatta sera; resta con noi Signore e fa che durante il nostro cammino non ci perdiamo in discussioni sterili, ma dacci il coraggio di essere capaci di porci al fianco del nostro fratello per sostenerci a vicenda, per essere attenti ai bisogni, per farci coraggiosi interpreti del tuo amore nel saper spendere un po’ del nostro tempo per gli altri!”. Solo così la “Caritas” continuerà ad andare avanti e avrà il suo senso di essere presente nelle comunità cristiane anche in questi tempi difficili, continuerà ad essere segno dell’Amore che Gesù ci ha insegnato e che abbraccia tutti indistintamente imparando a vedere nel volto del fratello come lo specchio riflesso del mio.