Le campane tornano a suonare… ed è festa!

Con l’arrivo della primavera, oltre ai profumi e ai colori, a Duino, grazie all’iniziativa di alcuni paesani, le campane sono ritornate a suonare. L’origine della chiesa del Santo Spirito di Duino è collegata alla storia del castello. Il primo nucleo fortificato del maniero che dà vita e forma al borgo risale al 1139, quando ebbe inizio la dominazione dei Duinati, signori feudatari dei patriarchi di Aquileia. Nel 1543 il conte Raimondo, profondamente religioso, decise di far costruire una nuova chiesa con annesso convento, pertanto fece erigere una chiesa all’esterno della prima cinta muraria del maniero, dedicandola al S. Spirito, il nuovo edificio di culto fu benedetto dal vescovo di Trieste Pietro Bonomo.Durante la Grande Guerra, nell’estate del 1916, i cannoni italiani posti alla foce del fiume Isonzo, nell’intento di colpire gli avamposti austriaci, danneggiarono seriamente la chiesa. Negli Anni Venti la struttura fu restaurata: si cercò di restituirle l’aspetto originario, ma a testimonianza dei tragici eventi la tela posta dietro l’altare maggiore è mancante di una parte dell’affresco.Nei giorni che stiamo vivendo, a prendersi cura della chiesa è un gruppo di volontari duinati e duinesi. Su iniziativa di Vladi Mervic, è partito un tam tam sui social, sono stati così raccolti dei fondi per le spese dei materiali ed è iniziata la sistemazione di alcune parti della chiesa.Tutto è iniziato con la volontà di sistemare il portone della chiesa che è stato levigato e pitturato; poi sono stati ripuliti i marmi e la scalinata ed è stata pitturata la parete esterna. Sempre attraverso i social, il gruppo di volontari ha chiesto consiglio ai paesani sui lavori da fare, è stata così illuminata la croce, aggiustato l’impianto audio e cambiata l’illuminazione interna. Causa un nido di vespe, le campane non suonavano da qualche tempo, allora i volontari hanno riparato il batacchio e sostituito timer e motore, le campane così hanno ripreso a suonare scandendo il tempo e la vita del paese. Un plauso va al gruppo di lavoro composto di Vladi (promotore e coordinatore), Stefano, Stojan, Ferruccio, Massimiliano, Franco, Fabio, Matija, Claudia, Alberto P., Enzo, Bruno, Boris e altri.Da un post di Vladi: “Il mio lavoro nella chiesa di Duino. Un laico, un agnostico che abbellisce nei limiti del possibile un edificio che rappresenta la nostra storia degli ultimi secoli. Un attaccamento alle tradizioni o perlomeno a parte di esse, alla loro difesa, che nel contempo sono la difesa del progresso civile e culturale cui abbiamo la fortuna e il privilegio di appartenere. (…)Oggi abbiamo finito di sostituire le lampade in chiesa. Poiché non c’era il mio “capo” Stefano, in altre faccende affaccendato, ho chiamato Bruno e Boris a tenermi compagnia nelle ultime tre orette di lavoro. I due non sono grossi frequentatori del luogo di culto, in compenso da ragazzini sono stati due chierichetti esemplari e nella mattinata trascorsa assieme, sono affiorati diversi ricordi di allora. La messa servita da don Kreti? con ben quattro assistenti, il baldacchino, che non c’è più, che il Venerdì Santo si usava per la processione notturna, illuminata con le fiamme accese nei barattoli (preparati da noi) colmi di cenere e kerosene, le 50 lire come paghetta ai chierichetti o le mance ricevute ai matrimoni, funerali o altri avvenimenti. Questi e altri ricordi, alcuni divertenti altri struggenti del paese che non c’è più, come quando i feretri erano trasportati sulle spalle sino al cimitero con davanti (se non ricordo male) un uomo con la croce e a seguire il parroco con i chierichetti. Più o meno vi partecipava mestamente tutto il paese. Un altro privilegio era poter assistere al suonare delle campane.  Gli addetti o campanari erano i ragazzi più grandi o gli adulti e per me era sempre uno spettacolo. Succedeva di rado che potessi vederlo, anche quando ero uno dei quattro chierichetti. I momenti di solito non coincidevano e in sagrestia potevamo entrarci solo per la vestizione. Così, ricordi che probabilmente non sarebbero riaffiorati senza il cambio lampade, di cui don Giorgio è soddisfatto, il budget ampiamente rispettato per cui avanti con l’impianto sonoro. (…)Il mio radicato agnosticismo che mi porta comunque a organizzare e ristrutturare volontariamente, assieme ad altri quattro o cinque paesani, la facciata della chiesa del luogo in cui vivo da sempre. Soprattutto per il profondo rispetto che nutro per il parroco don Giorgio, per la sua cultura e intelligenza e per l’amore per le nostre tradizioni e tutto ciò che le rappresenta. Non si tratta certamente di parossistica volontà di apparire. Si tratta solamente di rendere decente l’angolo più antico di Duino e farlo per chi lo merita. Tutto qua e assolutamente nient’altro. (…)(Anche questa è andata)Lieve sollievo al risveglio, nessun “finem mundi”, ma solo un cielo cupo, a ponente nubi cariche di pioggia. Anche questa è andata e riconducendoci alle faccende paesane, in attesa del prossimo menagramo, ci concentriamo sulla ritinteggiatura della facciata della chiesa. La squadra è pronta, la raccolta fondi procede, il tecnico è preparatissimo e noi manovali saremo volenterosi. Forse con quest’azione ci saranno risparmiati i peggiori gironi dell’inferno; saremo in gran parte perdonati, riusciremo ancora a sognare, amare o amoreggiare con le creature di rara bellezza che incrociamo la mattina quando il sole è già alto. Riusciremo ancora ad accarezzare le verdi spighe di grano con frammezzo gli alti papaveri rossi oppure ad ammirare i nostri sanguigni tramonti invernali. Sarà il nostro paradiso. Del resto non ci vuole, poi tanto per essere felici.”