Storie di uomini e musica a Gradisca

La musica da sempre è stata una componente fondamentale nella vita di una comunità e ha contribuito a formare un sostrato culturale comune ed un patrimonio da tramandare e vivificare di generazione in generazione; basti pensare alla musica popolare colonna sonora di feste e ritrovi, quella colta da teatro, quella legata alle manifestazioni civili ma anche e soprattutto, come accade in comunità segnate dalla secolare tradizione religiosa, la musica sacra. Se per la musica “civile” colta o popolare che sia, spesso il parametro di giudizio è quello puramente estetico, la  storia della musica sacra, le sue secolari vicende e i dibattiti intorno a questa parte importante della liturgia vanno compresi tenendo ben presenti i due fini principali che essa si prefigge di conseguire: la gloria di Dio e la edificazione dei fedeli, come bene ricorda papa Pio X nel suo celebre motu proprio “Fra le sollecitudini”: “Essa concorre ad accrescere il decoro e lo splendore delle cerimonie ecclesiastiche, e siccome suo officio principale è dì rivestire con acconcia melodia il testo liturgico che viene proposto all’intelligenza dei fedeli, così il suo proprio fine è di aggiungere maggiore efficacia al testo medesimo, affinché i fedeli con tale mezzo siano più facilmente eccitati alla devozione e meglio si dispongano ad accogliere in sé i frutti della grazia, che sono propri della celebrazione dei sacrosanti misteri”. È proprio della musica sacra e della musica religiosa che si è occupato Andrea Nicolausig, ricercatore gradiscano, docente di religione cattolica nella scuola pubblica e appassionato studioso di storia locale nel nuovo libro “Musica sacra a Gradisca” in cui tenta di ricostruire come si sia evoluta nei secoli questa importante parte della vita di una comunità civile e religiosa. Una caratteristica sicuramente importante di questa pubblicazione è l’acribìa dell’autore nel riportare dati e citazioni sapendo leggere e riportare in modo puntuale ma mai noioso le numerose fonti documentarie presenti nell’archivio parrocchiale del duomo di Gradisca, da pochi anni riordinato e reso fruibile ai ricercatori, nei diversi archivi civili e religiosi della diocesi e non solo, come gli archivi di stato di Trieste e Gorizia, l’archivio storico provinciale e quello della biblioteca statale isontina, come pure quelle di numerosi fondi privati, offrendo anche al lettore un ricco apparato iconografico riguardante partiture, strumenti musicali ma anche vedute inedite di edifici e manifestazioni religiose della Gradisca di un tempo. La pubblicazione si apre con le vicende storiche degli organi delle chiese gradiscane dei quali l’autore, senza pretesa di definire in modo definitivo gli eventi, descrive le dinamiche che hanno portato alla costruzione e al mantenimento dei preziosi strumenti iniziando la disamina a partire dalla seconda metà del XVII secolo, periodo di massimo interesse per la musica sacra e di particolare fervore di risorse ed iniziative. Lo testimoniano i notevoli documenti archivistici trascritti risalenti agli anni 1672 e 1674 e quelli del secolo successivo, redatti da organari del tempo come Eugenio Casparini, Pietro Nacchini e Gaetano Callido. La storia degli organi, ricostruita non senza qualche difficoltà, ha fatto emergere piacevoli sorprese e dinamiche tutt’altro che scontate che emergeranno nel corso della presentazione e nelle quali il lettore può piacevolmente immergersi mediante la lettura del testo. Le cronache parrocchiali sono protagoniste anche nella seconda parte della pubblicazione dove l’autore ricostruisce la storia degli organisti che nel tempo si sono susseguiti nelle varie cantorie della fortezza, iniziando da Alessandro Martelli, in servizio dal 1672 al 1674, maestro di scuola designato dalla deputazione gradiscana ed organista. In questi anni infatti viene costruita una cantoria che permette di passare per quanto riguarda la liturgia dal cantus firmus ad un accompagnamento musicale liturgico: Martelli ne fu il primo interprete. E così vengono riportate le informazioni relative alle vicende biografiche e “musicali” anche dei suoi successori come don Giovanni Franelli, padre Filippo Martorini, ed altri: i redattori delle cronache parrocchiali, da buoni, attenti e critici osservatori non risparmiano critiche, attestazioni di stima ma anche narrazioni di “incidenti di percorso” che si verificavano allora come oggi. “Per la Madonna del Carmine in choro poi fu cantata quella stessa, che cantossi nella festa del Corpus Domini, con questa distinzione, che allora non si potè terminar tutta per causa de per l’altezza del organo si rompevano tutti li cantini de viollino ora essendo alquanto abbasato cioè un tono, e ciò per mano del novello nostro organista che ingenosi a ridurlo a tal statto con levarli e mutarli alquante canne del loro ordinario sitto provisionaliter si cantò tutta intiera resistendo tutti gli strumenti, e voci. L’organista, ed il suo compagno per toccar assieme le trombe lo feci venire io a mie spese dal seminario di Gorizia, e mi vene a costare lire 24, vi fu ancora il sig. Francesco Pelos con il suo violino, che graziò di sonare mediante il sig. Francesco Lottieri” Così ad esempio annota il parroco in occasione di un problema…meccanico, nel 1747. In questa parte si può notare come la musica sacra si è evoluta nel tempo, quali fossero stati i “generi prediletti” e le dinamiche sviluppatesi attorno alle formazioni corali che animavano le liturgie delle chiese gradiscane: spesso ricorrono in questa parte i nomi noti e meno noti di compositori locali e non le cui partiture venivano eseguite nel corso del tempo da organista e cantori: nomi che troveranno una buona e sistematica collocazione, assieme ai titoli dei brani musicali, nell’ultima parte del libro. Nella terza parte sono stati infatti  inseriti gli inventari dei fondi musicali del Duomo e della Bruma, che grazie al lavoro dell’autore sono stati sistemati e messi al riparo dai frequenti rischi di deterioramento, dispersione o appropriazione da parte di terzi. Tutto questo materiale che odora di secoli di impegno, fede e devozione ora ha una nuova dignità e potrà essere in futuro valorizzato tenendo in considerazione la preziosità dell’antico ma anche le esigenze della liturgia dell’oggi: il magistero bimillenario della Chiesa, nei suoi più solenni pronunciamenti ad esempio del concilio di Trento e del Vaticano II ci insegna che non sono esistiti un periodo o una forma “aurei” della musica sacra ma anche la liturgia, come la Chiesa tutta ha bisogno di una intelligente riforma che la aiuti a ricrearsi sempre nuovamente fedele a sé stessa: sta alla oculatezza dei pastori e alla saggezza del popolo credente il riuscire a trovare un equilibrio fra il vecchio e il nuovo perché come ci ricorda il compositore Gustav Mahler “tradizione non è culto delle ceneri ma custodia del fuoco”. La presentazioneLa pubblicazione Musica sacra a Gradisca, edita dall’Istituto di Storia Sociale e Religiosa di Gorizia verrà presentata venerdì 12 aprile alle 20.30 presso la sala consiliare del municipio di Gradisca d’Isonzo. Interverranno Vanni Feresin, archivista che si è occupato negli anni scorsi del riordino dei fondi dell’archivio parrocchiale, lo storico Ivan Portelli ed il ricercatore David Di Paoli Paulovich; la serata sarà moderata dal giornalista Ivan Bianchi.